Messico: scioperi selvaggi nelle fabbriche della miseria

(«il comunista»; N° 159; Maggio 2019)

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La zona di confine del Messico con gli Stati Uniti è un paradiso per gli sfruttatori. Negli ultimi decenni, in quest’area sono sorte le “maquiladoras”, cioè aziende di assemblaggio esenti da dazi doganali e poco tassate che fabbricano, per diverse multinazionali dei paesi imperialisti, prodotti che saranno poi inviati verso questi ultimi.

Nelle maquiladoras lo sfruttamento è feroce. Gli operai lavorano fino a dodici ore al giorno, sei giorni alla settimana, per salari da miseria. Sono strettamente sorvegliati e difficilmente possono allontanarsi dalle catene di montaggio per andare in bagno e ciò li costringere a bere poco nonostante il gran caldo. Queste fabbriche sono anche luoghi in cui le violenze contro le donne (che spesso costituiscono la maggior parte della manodopera) sono frequentissime e numerosi sono i casi di molestie sessuali da parte dei capetti.

In totale, si stima che un milione di lavoratori siano sfruttati in tremila di queste galere capitaliste e che producano due terzi delle esportazioni messicane.

Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, le maquiladoras sono state teatro di una battaglia di classe contro i salari da miseria.

Nel quadro dell’annullamento dell’ALENA (Accordo di libero scambio nordamericano) e della sua sostituzione con un nuovo trattato tra Messico, Stati Uniti e Canada (T-MEC), le potenze imperialiste hanno imposto al Messico un aumento dei salari per limitare la deindustrializzazione causata dalle delocalizzazioni. Come conseguenza di questo accordo, il nuovo presidente messicano Lopez Obrador, di centro sinistra, ha preso la decisione di raddoppiare il salario minimo nella “zona della frontiera Nord”, al confine con gli Stati Uniti, per una profondità di venticinque chilometri: da 88 pesos a 176 pesos al giorno (cioè da 4 euro a 8 euro).

Ma in realtà, questo raddoppio si è tradotto in un congelamento o solo un leggero aumento dei salari!

Ciò si spiega col fatto che, da un lato, in molte maquiladoras il salario era già tra i 155 e i 176 pesos, e, dall’altro, i padroni – che in cambio di questa misura avevano ottenuto esenzioni fiscali – hanno soppresso molti benefici esistenti sotto forma di premi.

Questo ha dato fuoco alle polveri nella città di Matamoros. Sono scoppiati degli scioperi selvaggi – contro i padroni ma anche contro i sindacati gialli – nelle fabbriche dell’elettronica e automobilistiche (compresi dei subappaltatori di Ford, Fiat e General Motors).

Lo sciopero si è allargato molto rapidamente perché gli operai si sono organizzati con assemblee e picchetti di sciopero, e hanno fatto il giro delle altre fabbriche per estendere lo sciopero. Nel giro di pochi giorni, settantamila operai erano in sciopero in quarantacinque maquiladoras.

Di fronte allo sciopero, i padroni hanno, come al solito, usato la repressione e il ricatto della chiusura delle fabbriche. Ma questo metodo non ha funzionato e i padroni si sono fatti rapidamente i loro conti: ogni giorno di sciopero faceva loro perdere quasi cinquanta milioni di dollari. La lotta costava quindi molto ai capitalisti americani, tanto importanti e vitali sono i legami che uniscono il Messico con gli Stati Uniti.

Il padronato è stato dunque costretto a ingoiare la sua tracotanza e a cedere alle rivendicazioni dei proletari: 20% di aumento immediato e un premio di quasi 1500 euro.

Questo cedimento dei padroni ha avuto un effetto a catena su altri proletari che in massa si sono messi in sciopero nei supermercati, nella fabbrica della Coca-Cola, nei servizi di raccolta dei rifiuti, tra gli insegnanti. All’inizio di marzo decine di fabbriche erano ancora in sciopero (i 700 operai della Coca Cola avevano superato i 30 giorni di sciopero)…

I proletari hanno dimostrato che la lotta aperta su un terreno di classe può essere vittoriosa. Hanno respinto le manovre dei sindacati gialli, l’obbedienza alle regole borghesi (che stabiliscono se uno sciopero è legale o meno) e il ricatto padronale. Hanno contato sulla loro mobilitazione e sull’estensione dello sciopero per unire i proletari oltre le mura della “loro” fabbrica.

Unione dei proletari per l’estensione dello sciopero e la difesa delle loro condizioni di vita contro gli interessi dell’impresa e dell’economia nazionale, queste sono basi essenziali e indispensabili per condurre la lotta e per vincerla.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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