Nelle carceri americane è morto Tom Manning, infaticabile combattente antimperialista

(«il comunista»; N° 162 ; Dicembre 2019)

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Abbiamo ricevuto da un simpatizzante, e pubblichiamo, questo testo in merito al decesso in prigione, dopo aver subito ogni tipo di tortura, di Tom Manning, anarchico americano che ha lottato senza mai arrendersi contro l’imperialismo e l’oppressione razzista caratteristica di una vendicativa borghesia dominante. Da comunisti rivoluzionari, pur in netto contrasto con le illusioni tipiche dell’anarchismo e della “propaganda dei fatti”, non possiamo che rispettare il suo coraggio e onorare la sua memoria.

 

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Il 31 luglio, un prigioniero politico è morto negli Stati Uniti nell’indifferenza quasi generale. La stampa borghese, ma anche gran parte di quella di “estrema sinistra”, ha mantenuto il silenzio.

Questo prigioniero politico, Tom Manning (1948-2019), era un ex militante dell’Unità Sam Melville/Jonathan Jackson (dal nome di due attivisti antirazzisti) negli anni 70 del secolo scorso e poi dell’United Freedom Front (UFF) negli anni 80. Questo gruppo, nato da quella che fu chiamata la “Nuova Sinistra” – un insieme di piccoli gruppi anarchicheggianti piccoloborghesi – ha rivendicato numerose azioni armate contro i simboli dell’imperialismo USA e del razzismo istituzionale negli Stati Uniti o nel Sudafrica dell’apartheid. L’UFF ha inoltre attaccato installazioni militari in solidarietà con i nazionalisti portoricani, ma ha anche compiuto azioni contro centri di reclutamento dell’esercito e strutture commerciali. Dopo il loro arresto, gli attivisti dell’UFF sono diventati noti come “Ohio Seven”.

È per questo che Tom Manning, da trentaquattro anni, era in galera, nell’inferno del sistema carcerario del “paese di libertà”: ha osato affrontare la borghesia e il suo Stato.

Manning e i suoi compagni hanno subito una vera e propria vendetta da parte della “giustizia” borghese. Venne catturato dalla polizia nel 1985 dopo dieci anni di c       landestinità; era stato inserito nella lista dell’FBI fra le dieci persone più ricercate. Fu condannato a 58 anni di prigione per attacchi con l’uso di bombe e, in seguito, ad altri 80 anni per la morte, anche se per legittima difesa, di un soldato nel 1981.

Nel 1989, gli “Ohio Seven” furono perseguiti per “cospirazione sediziosa” nell’intento di rovesciare il governo degli Stati Uniti. Nonostante il governo federale abbia speso dieci milioni di dollari per ottenere una nuova condanna esemplare, la giuria si rifiutò di condannarli in una processo farsa.

In prigione, Manning ha subito numerose violenze. È stato bastonato, asfissiato, incatenato, messo in isolamento per lunghissimi periodi. La sua anca è stata fratturata quando è stato sbattuto a terra sul pavimento di cemento, ammanettato e con i ferri ai piedi. È stato preso a calci da cinque guardie carcerarie. Un suo ginocchio, le sue spalle sono stati fratturati ... e non ha ricevuto cure mediche.

Nel 2017 è stato colpito da un violento malessere, attribuito dal personale “medico” della prigione a un’overdose. Dopo aver lottato per essere sottoposto a una risonanza magnetica, ha scoperto di avere un secondo tumore al cervello, ma, nello stesso tempo, ha scoperto anche che gli era stata nascosta la prima diagnosi del 2012, cioè cinque anni prima. La mancanza di cura aveva portato alla morte il suo compagno Richard Williams nel 2005.

L’UFF è stato un esempio tipico dell’illusione anarchica di incitare le masse a scendere in lotta mediante la “propaganda del fatto”. Questo “terrorismo eccitatorio”, come sosteneva Lenin, pensa di mettere in movimento i proletari attraverso colpi inflitti alla borghesia da piccoli gruppi determinati, colpi che, in realtà, non sono altro che graffi.

La concezione dei comunisti è totalmente diversa. La classe operaia deve inevitabilmente ricorrere alla violenza di classe, alla lotta armata e al terrorismo rivoluzionario nella sua lotta per l’emancipazione. Ma la rivoluzione non potrà mai attuarsi con “l’assassinio di borghesi o la distruzione” di aziende e di basi militari una dopo l’altra. Il capitalismo non può essere soppresso liquidando o espropriando singoli capitalisti. Per questo, occorre rompere i rapporti sociali e, prima di tutto, rompere la macchina statale e instaurare la dittatura di classe proletaria. È solo in questo contesto che il ricorso alla violenza, nel momento dell’insurrezione e della guerra civile, ma anche nelle schermaglie isolate che le precedono, è inevitabile. Nessuna classe è arrivata al potere senza violenza e vi è rimasta senza il terrore. L’uso della violenza rivoluzionaria, per trionfare, ha bisogno della direzione di un partito costituito sulla base del programma comunista per dirigere l’insurrezione armata e instaurare la dittatura del proletariato.

Questa concezione si contrappone alla violenza anarchica o anarchicheggiante dell’UFF, di Action Directe o dei Black Block. La “propaganda del fatto” non può che portare a uno spreco di energie e di vite, alla disorganizzazione delle masse, e alla rassegnazione, cioè alla collaborazione con l’ordine costituito, perché non si colloca sul terreno della lotta indipendente di classe.

Tom Manning non è mai stato un comunista ma, ciò nonostante, è stato un coraggioso combattente contro l’oppressione razzista e contro l’imperialismo. Non fu, come molti che si autoproclamano rivoluzionari, spaventato dalla violenza, dalla lotta armata e dal terrorismo.

Per più di trent’anni, ha resistito ai peggiori trattamenti che i tribunali e il sistema carcerario della borghesia sono capaci di infliggere a un imputato e a un detenuto.

Noi non possiamo che rispettare il suo coraggio e la sua rettitudine di fronte al nemico di classe.

Non possiamo che rendergli omaggio e salutare la sua memoria.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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