Italia, lockdown e crisi economica

(Supplemento a «il comunista»; N° 163; April 2020)

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Secondo la Confcommercio i consumi nel mese di marzo sono crollati del 31,7%, cosa che inciderà negativamente sul Pil che tendenzialmente potrebbe chiudere l’anno a -3,5%. Ma sappiamo che altre ipotesi parlano addirittura di un Pil annuo a -9% (previsioni FMI). Insomma una catastrofe per l’economia mondiale e quindi anche per l’economia italiana. Il calo dei consumi, in ordine di introiti, vede in vetta il turismo (-95% di presenze straniere), poi le auto (-82% di immatricolazioni), abbigliamento e calzature (-100% per la gran parte di aziende che non sono attive on line), bar e ristoranti (-68%, compreso il delivery a casa).

Il lockdown, insomma, all’economia italiana costerebbe circa 47 mld di euro al mese, di cui solo 10 riguardano il Mezzogiorno. Come sempre, il Mezzogiorno, se ha sempre goduto di bel tempo e meno smog della Val Padana, non ha mai goduto di salute economica per quanto il capitalismo abbia sempre cantato il ritornello “nessuno deve restare indietro”... Il fatto che le regioni del Sud abbiano avuto finora molti meno contagi e decessi a causa dell’epidemia del coronavirus, non significa che economicamente possa ripartire prima e possa andare a coprire il vuoto produttivo creatosi al Nord. Al Sud, secondo la Svimez, ci sono 800 mila lavoratori in nero (ma sono in realtà molti di più) e 800 mila disoccupati che, per effetto della crisi non potranno accedere al mercato del lavoro.

L’Italia si dimostra, come sempre, divisa in compartimenti economici separati per cui il Nord, anche se in presenza di crisi economica, ha risorse e una struttura industriale che resiste meglio del Sud.

Nel Mezzogiorno, l’atavica mancanza di lavoro non si è mai colmata e la forbice che c’era cent’anni fa tra Nord e Sud non si è mai chiusa, si è invece allargata.

E questo è uno dei motivi per cui tendenzialmente al Sud è più diffuso il lavoro nero e  lo sfruttamento degli immigrati clandestini: costano meno e sono più ricattabili e vengono trasformati in armi della concorrenza tra proletari.

Ma i proletari hanno una via d’uscita, che oggi non vedono perché isolati e schiacciati dal bisogno economico quotidiano; è la via della solidarietà di classe che i proletari del nord dovranno finalmente dare ai proletari del sud, tornando ad organizzarsi in modo indipendente da borghesi e opportunisti e mettendo al centro della lotta gli interessi esclusivi di classe, e l’uso di mezzi e metodi di classe.

 

(aggiornamento del 20 maggio 2020)

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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