Arzano, città metropolitana di Napoli: la  protesta dei commercianti

(«il comunista»; N° 166 ; Dicembre 2020)

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L’impennata autunnale di contagi da Covid-19  registrata su tutto il territorio nazionale ha spinto il governo ad un ulteriore inasprimento delle misure restrittive nella speranza di contenere i contatti e gli assembramenti  e impedire una più larga diffusione del virus.

A differenza dell’impennata della scorsa primavera che portò ad un lockdown totale per tutto il territorio  nazionale, questa volta il governo ha adottato misure di contenimento di carattere generale ma più limitate,  delegando alle amministrazioni locali ulteriori restrizioni nel caso lo ritenessero necessario, come ad esempio l’istituzione di “zone rosse”.

Ed è cosi che la commissione straordinaria che amministra il comune di Arzano, città metropolitana di Napoli, ha imposto a partire dal 15 al 23 ottobre di quest’anno un mini-lockdown con chiusura di scuole, cimitero, mercato settimanale, eventi pubblici, attività sportive e commerciali, ad eccezione dei negozi di  beni di prima necessità.

Ma la calma apparente di questo periodo è stata rotta dalla reazione dei commercianti, stanchi dei danni economici subiti e parzialmente limitati da una timida ripresa di quest’estate: essi hanno protestato in modo organizzato con blocchi stradali spontanei contro le misure coercitive della commissione di Arzano,  favorite dalle ordinanze della Regione Campania e dall’esecutivo governativo.

I commercianti chiedono il ritiro del provvedimento perché in contraddizione con gli obiettivi preposti. Infatti, essi lamentano la parzialità del provvedimento in quanto ci si può spostare comunque nei comuni limitrofi per fare acquisti vanificando di fatto l’isolamento da Covid a cui si viene sottoposti. Inutile dire che i danni che stanno subendo mettono in serio rischio il prosieguo delle loro attività. Inoltre, essi precisano che i grossi centri e depositi commerciali, tra cui Amazon, presenti sullo stesso territorio, non vengono compresi nel provvedimento.  Si tratterebbe quindi di una misura di restrizione politico-economica mirata che, col pretesto del Covid, colpisce i piccoli commercianti favorendo le grosse holding.

I manifestanti hanno dato luogo, il 16 ottobre, ad un corteo spontaneo con uno striscione ironico intitolato: “IL COVID VI HA DATO ALLA TESTA”, spostandosi poi al centro di Napoli. Chiedono la solidarietà dei commercianti del capoluogo parimenti danneggiati dai provvedimenti restrittivi. Dopo tre giorni di blocchi e manifestazioni lunedì 19 ottobre sono stati ricevuti dal prefetto di Napoli in piazza del Plebiscito. Le proteste hanno avuto eco sui media ed i social attirando alcune centinaia di persone.

Non è stato, però, difficile per la prefettura sbarazzarsi presto di manifestanti inesperti e rispedirli al punto di partenza, cioè ad Arzano. E’ chiaro che l’obiettivo del prefetto non era solo di neutralizzarli, ma anche di dividerli da quelli di Napoli e di non stuzzicare strati di proletariato che, sull’onda di queste manifestazioni, prendessero l’iniziativa di scendere in piazza pure loro.

La protesta sembra non fermarsi; pare si stia estendendo ad altri comuni limitrofi. Giunti ad Arzano i manifestanti hanno lanciato un segnale occupando l’ingresso di Amazon. Un loro  portavoce ha fatto una precisa denuncia alle istituzioni  ribadendo la pretestuosità dell’emergenza Covid-19 in quanto, se effettivamente la preoccupazione era di tipo sanitaria, bisognava adottare ben altri provvedimenti concreti come il potenziamento degli ospedali che in questi anni sono stati portati al collasso per la chiusura di interi reparti, il mancato sblocco del tourn-over per medici e infermieri, per non parlare della completa chiusura di comprensori storici. Che possono fare le mascherine se gli ospedali sono prossimi al collasso?

Che prospettiva può avere l’agitazione dei commercianti di Arzano, e di qualsiasi altra città in cui i commercianti volessero seguire l’esempio? L’unica cosa che possono ottenere è, forse, qualche briciola di sussidio in più, per tacitare i bisogni più immediati, e in parte questi sussidi sono previsti dai vari Dpcm sfornati negli ultimi mesi. Cos’altro? Pagare meno tasse, non pagarle proprio, pagarle l’anno prossimo, avere qualche slittamento nelle rate dei mutui, dei capitali a tasso zero per rimettere in piedi l’attività, che altro? Ci saranno quelli che potranno cavarsela, e resistere contando su risorse e patrimoni accumulati in precedenza, e ci saranno quelli che sono destinati a cadere in miseria. Il sistema capitalistico è cinico, non guarda in faccia nessuno: è scritto nella storia del capitalismo che, ad ogni crisi, una parte non indifferente delle attività economiche vada in rovina e la piccola e media industria come il piccolo e medio commercio non sfuggono a questa legge, anzi, cadono molto più facilmente e numerosi rispetto alle grandi aziende. D’altra parte, le aziende che chiudono, licenziano, e i proletari – che sono di per sé dei senza riserve – una volta licenziati, che alternativa hanno se non la miseria e la fame?

Dopo il terrorismo diffuso all’inizio di quest’anno, la gente ha sempre meno paura del coronavirus e sempre più paura della miseria nera in cui rischia di precipitare. La reazione dei commercianti di Arzano, se ce ne fosse stato bisogno, dimostra una volta di più che le mistificazioni borghesi trovano il loro culmine nelle contraddizioni che inevitabilmente si manifestano nella vita quotidiana. D’altra parte, commercianti sono e commercianti restano e non possono ragionare, ed agire, se non nell’interesse di ricostituire ciascuno il proprio privato benessere difendendosi dalla rovina in cui la crisi sanitaria, aggiuntasi alla crisi economica che già iniziava a colpire lo scorso anno, li farebbe precipitare. Tutto vogliono, meno che precipitare nella proletarizzazione.  

Le contraddizioni della società capitalistica, in un periodo di crisi come l’attuale, aggravate dalle disastrose condizioni in cui è finita la sanità pubblica, non tarderanno a smascherare le mistificazioni borghesi, nonostante vengano velate sistematicamente dai politici di turno che si rimpallano le responsabilità degli effetti disastrosi delle misure non prese ieri e di quelle prese oggi o da prendere domani, e dai virologi prezzolati che continuano ad agitare lo specchietto del vaccino come fosse il risolutore di ogni guaio.

Il proletariato, dopo le agitazioni della scorsa primavera al grido di “NON SIAMO CARNE DA MACELLO”, è, purtroppo, ancora parzialmente assente, ma non lo sarà per sempre. Sebbene con fatica, i proletari dovranno tornare ad avere fiducia nelle proprie forze, dovranno innanzitutto tornare a lottare contro la concorrenza fra di loro, unica via per dare al proprio movimento di lotta quell’unità e quella compattezza che li spinge ad affrontare i capitalisti e i poteri borghesi nonostante l’esibita ma apparente invincibilità. La chiamata alla “lotta comune contro il virus”, da parte del governo e di tutte le istituzioni politiche, economiche, sociali, culturali, religiose, sotto il motto “ognuno deve fare la sua parte”, deve essere drasticamente rifiutata. Lo stesso ritornello l’hanno cantato di fronte ad ogni crisi, non importa se sanitaria o economico-sociale, ma il risultato non è mai cambiato: il potere borghese ha continuato a difendere il capitalismo, i capitalisti hanno continuato a sfruttare sempre più intensamente la forza lavoro salariata, i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i proletari sempre più poveri, le stragi sul lavoro non si sono fermate, il dissesto idrogeologico del territorio ha continuato ad aggravarsi e, a fronte di ponti e viadotti che crollano, vengono eretti modernisimi grattacieli tutto vetro esibiti come enormi altari al dio Denaro.

Solo con la ripresa della loro lotta classista i proletari non avranno più alcun timore di sentirsi isolati, soli contro il mondo: allora non ci sarà lockdown che tenga, perché la falsa unità al di sopra delle differenze di classe propagandata dall’interclassismo e dall’opportunismo sarà spazzata via per far posto all’autentica, indipendente, organizzata lotta di classe. Allora anche gli strati più deboli della piccola borghesia, rovinati dallo stesso sviluppo capitalistico su cui contavano per aumentare il proprio benessere e i propri privilegi sociali, troveranno nel movimento operaio una guida in una lotta che dia un senso anche alla loro vita.

 

Napoli 20 ottobre 2020

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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