maggio 2021: quale lotta per il proletariato?

(«il comunista»; N° 168 ; Aprile / Maggio 2021)

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Ai decenni di illusioni riformiste e democratiche, di politiche collaborazioniste da parte dei sindacati tricolore e dei partiti falsamente operai, si è aggiunta una crisi sanitaria da coronavirus che ha rafforzato il sentimento di rassegnazione che ha già lavorato da tanto tempo a indebolire le energie proletarie di lotta.

La crisi sanitaria, ancora in pieno svolgimento, si è aggiunta ad una crisi economica già evidente, e come tutte le crisi della società capitalistica, è andata a colpire soprattutto le masse proletarie.

Donne, giovani, operai cinquantenni, sono le categorie proletarie più colpite e che vanno ad aumentare quell’esercito di disoccupati che già era particolarmente consistente prima del Covid-19.

Di fronte al disastro economico che si quantifica in centinaia di milioni di lavoratori cacciati dai posti di lavoro, in centinaia di milioni di giovani che non trovano lavoro e, quando lo trovano, è altamente precario, e in centinaia di milioni di lavoratori e di pensionati gettati nella fossa di una povertà di cui non si vede la fine; di fronte a questo disastro si è aggiunto il disastro della sanità pubblica: assoluta mancanza di prevenzione, ospedali inefficienti, personale ospedaliero sotto-organico, terapie intensive e subintensiva del tutto insufficienti, malati abbandonati in casa propria, anziani lasciati morire nelle rsa, medicina territoriale non supportata. Per più di un anno i governi si sono preoccupati soprattutto di limitare i danni che questa crisi poteva provocare all’economia capitalistica. E così i lavoratori sono stati mandati a lavorare in ambienti non sanificati, senza protezioni individuali e sotto il ricatto di perdere il lavoro e di avere comunque un abbattimento di salario. Sebbene spaventati da una pandemia che faceva morti come mosche, molti proletari si sono ribellati, hanno lottato per avere almeno quel minimo di protezioni individuali che le aziende e i governi promettevano. Ma la sfiducia nelle proprie forze e nelle organizzazioni sindacali era ed è ancora troppo grande per ridare ai proletari la forza di affrontare un nemico ancora così potente come è la classe borghese dominante.

La collaborazione di classe, perseguita con tenacia dalle forze opportuniste che si presentano come “difensori” degli interessi operai ma che in realtà sono dei sabotatori degli interessi operai, è una politica che si basa proprio sulla debolezza della classe operaia; una volta piegata alle esigenze del capitale, la classe operaia viene avvolta nella rete degli interessi “in comune” con i borghesi, viene convinta che può ottenere qualche briciola in più solo se sacrifica molte più energie di quelle che già ha dato e dà ai capitalisti. I collaborazionisti, veri e propri luogotenenti borghesi nelle file proletarie, hanno infatti il compito di far lavorare i proletari secondo le esigenze che le aziende hanno rispetto ai loro mercarti di riferimento e, nella misura in cui essi fanno questo sporco lavoro con continuità e con successo, hanno in cambio dei privilegi, delle rassicurazioni, dei posti di lavoro meno pesanti e meno stressanti. I vertici delle aziende un tempo dovevano vedersela direttamente con gli operai e con le loro commissioni interne; non fu difficile per loro trasformare quelle commissioni interne in organismi al servizio dell’azienda e non degli interessi operai. Con la lotta diretta gli operai si sbarazzarono delle commissioni interne ed organizzarono i comitati di base eleggendo delegati più fidati. Ma il clima sociale generale di una democrazia che veniva recepita come il terreno in cui i contrasti di classe possono trovare una soluzione vantaggiosa per gli operai rafforza in realtà la collaborazione di classe non solo a livello politico generale, ma a tutti i livelli, fino al più basico, consegnando gli interessi proletari anche minimi ed elementari a coloro che si fanno passare da sempre come i campioni delle trattive con i padroni e con lo Stato, ma che, in realtà, sono al servizio dei padroni e dello Stato borghese. La collaborazione di classe non attenua, tantomeno elimina, la concorrenza tra proletari, ma la aumenta, la organizza, la istituzionalizza!

Sulle spalle di ogni proletario pesa non solo l’azione quotidiana dei capitalisti, del loro Stato e di tutte le sue istituzioni politiche, amministrative, sociali, culturali e militari, ma anche l’azione quotidiana dei professionisti della collaborazione di classe. E questo è davvero un peso enorme che, per toglierselo dalle spalle, ci vuole una forza sociale che oggi ancora manca: una forza sociale data dall’unità di classe, dalla solidarietà di classe, dalla lotta condotta sul terreno della difesa esclusiva degli interessi immediati di classe.

I proletari, con le sconfitte degli anni Venti del secolo scorso e, soprattutto, con la vittoria della democrazia imperialista dalla seconda guerra mondiale in poi, sono stati rigettati nelle condizioni di dover ricominciare ad organizzarsi in sindacati classisti come tra l’Ottocento e il Novecento. Questa situazione può apparire impossibile da superare; dopo cent’anni come è possibile vincere la borghesia che nel frattempo è diventata molto più forte di allora? Oggi la borghesia imperialista appare invincibile e questo è l’argomento principale proprio dei collaborazionisti.

Indiscutibilmente il capitalismo si è sviluppato nel mondo, indiscutibilmente le borghesie sono diventate molto più forti e dominanti di quanto non fossero cent’anni fa. Ma questa forza la devono allo sfruttamento della forza lavoro salariata, senza il quale il capitale non si valorizzerebbe, senza il quale i capitalisti non potrebbero estorcere il plusvalore dal lavoro operaio. Gli operai sono indispensabili ai capitalisti, e sono talmente indispensabili che tutto lo sviluppo capitalistico che ha interessato finora il mondo intero non ha potuto svolgersi se non costituendo eserciti sempre più numerosi di proletari, di lavoratori salariati in tutti gli angoli del mondo dove un tempo c’erano soltanto contadini e popolazioni primitive.

Ebbene, oggi più di ieri il motto comunista: Proletari di tutti i paesi unitevi! spaventa le cancellerie di tutto il mondo, perché questo enorme esercito di schiavi salariati, prendendo coscienza della propria forza e facendosi guidare dal suo partito di classe, rappresenta l’incubo per ogni borghesia.

Le crisi economiche, le crisi di guerra che punteggiano tutti i continenti sono destinate a sollevare continuamente la rabbia e la lotta dei proletari e delle popolazioni oppresse. Milioni di migranti, cercando di sfuggire alle conseguenze di queste crisi, vengono a premere ai confini dei paesi capitalisti avanzati, e cercano di sopravvivere nelle pieghe di una società opulenta che in parte li respinge e li emargina e in parte li assorbe perché costituiscono una forza lavoro più a buon mercato e utile ad aumentare la concorrenza coi proletari autoctoni. Ma sono proletari che si portano appresso i segni fisici e psichici delle violenze più spaventose che lo stesso imperialismo bianco ha generato e contro le quali hanno reagito fuggendo, attraversando ogni pericolo pur di arrivare in un paese in cui almeno non c’è la continuità di quelle violenze. I confini degli Stati Uniti e dell’Europa non hanno finito di essere attraversati, nonostante le barriere e le guardie armate a loro difesa. Come i mezzi di produzione capitalistici non sono stati fermati e non si fanno fermare da nessun confine, così  nessun confine può fermare la forza di produzione umana che il capitalismo crea in tutto il mondo.

L’unità proletaria, quindi, non è obbligata a costituirsi attraverso i collegamenti  tra un continente e l’altro, tra un paese e l’altro, ma può essere creata all’interno dello stesso paese tra proletari di diversa nazionalità e di diversa razza. La base di questa unità però non cambia: è data dall’interesse comune di tutti i proletari a difendere la loro condizioni di salariati dallo sfruttamento borghese, non importa se di questa o quell’azienda, di questo o quel settore, di questa o quella categoria, di questo e quel paese. Ma questo interesse comune non può costituire una forza se non si combatte la concorrenza tra proletari; solo superando questa concorrenza è possibile unificare le forze, e solo lottando per gli stessi obiettivi, per gli stessi interessi, si crea quella solidarietà di classe che è la vera forza del proletariato.

In un certo senso è lo stesso capitalismo, nel suo sviluppo, e nella lotta fra le classi che sgorga oggettivamente nella sua società, che si pongono le basi per la rinascita del movimento proletario di classe. Se i proletari non vogliono rimanere soffocati dallo sfruttamento borghese, hanno una sola via da imboccare: la lotta di classe contro il nemico principale, la borgehsia capitalista, senza dimenticare i nemici più insidiosi, i professionisti della collaborazione di classe.

Rompere, quindi, il patto di collaborazione con i capitalisti e i loro governanti è il primo grande obiettivo della lotta proletaria di classe. E tale rottura si concretizza con la riorganizzazione di organismi di classe per la lotta di difesa esclusiva degli interessi immediati di classe. Da qui, e dallo sviluppo di questa lotta, il proletariato prenderà coscienza che i suoi obiettivi non potranno fermarsi agli interessi immediati, ma dovrà superarli ponendosi a livello politico generale, dunque rivoluzionario, anche perché la borghesia dominante, per rigettare il proletariato nelle condizioni di schiavo salariato sottomesso, usa e userà il suo potere politico e il suo Stato.

In questo lungo a tormentato percorso di emancipazione il proletariato non dovrà contare soltanto sulla sua forza sociale, ma anche sul suo partito di classe perché esso costituisce e rappresenta la coscienza di classe, la coscienza degli obiettivi massimi della lotta rivoluzionaria.

 

Per la riorganizzazione classista della lotta proletaria!

Per le rivendicazioni unificanti dei proletari al di sopra di categorie, settori, nazionalità, genere o età!

Per la ripresa della lotta di classe!

Per la ricostituzione a livello internazionale del partito di classe!

 

30 aprile 2021

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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