Italia: una borghesia cinica e vendicativa, assetata di profitti e di controllo sociale, colpisce i lavoratori salariati perché anche il resto della popolazione si pieghi alle sue esigenze di sopravvivenza come classe dominante

(«il comunista»; N° 171 ; Dicembre 2021 - Gennaio 2022)

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Nel corso di questi due anni di pandemia di Sars-CoV2, la borghesia ha mostrato come, in situazioni di crisi della sua economia e della sua gestione sociale, non si faccia alcuno scrupolo nel calpestare le sue stesse leggi, la sua stessa Costituzione.

Le misure che di volta in volta ha adottato per contenere la diffusione del contagio e per soccorrere i malati e i moribondi colpiti dal nuovo coronavirus sono state in realtà dei palliativi che non hanno sortito alcun effetto dal punto di vista sanitario. E’ noto a tutti che per decenni il potere borghese ha salassato la sanità pubblica in tutti i modi, devolvendo miliardi su miliardi alla sanità privata dove i profitti sono garantiti. Chiusura di centinaia di ospedali, diminuzione di migliaia di medici e personale sanitario spinti alla medicina e all’assistenza privata, riduzione della medicina territoriale alla funzione burocratica di somministrazione di farmaci a seconda delle varie pressioni della case farmaceutiche; la sanità pubblica è stata trasformata in un deposito di denaro da cui ogni clan politico che si è trovato ai posti di potere poteva pescare a man salva.

Ovvio che, di fronte all’emergenza di un’epidemia così violenta quella di Covid-19, tutta la struttura sanitaria nazionale si è dimostrata inefficiente e inefficace. E, ovviamente, non è bastata la dedizione sovrumana di medici, infermieri e di tutto il personale sanitario che ha tentato di affrontare, praticamente “disarmato”, la massa sempre più numerosa e caotica di malati di Covid-19 che si andavano ad aggiungere a quelli di tutte le diverse patologie che già mettevano in grande difficoltà gli ospedali.

Il potere borghese ha comunque voluto mostrare di essere efficiente e capace di affrontare l’emergenza sanitaria; lo ha fatto, da un lato, diffondendo giornalmente un “bollettino di guerra” con tanto di numeri dei contagiati, dei ricoverati in terapia intensiva e dei morti, mentre dall’altro portava medici e infermieri in palmo di mano per la loro dedizione e il loro sprezzo del pericolo. Ma, come sempre capita, i numeri subivano la solita manipolazione da parte di tutta la catena degli addetti, a partire dalle regioni che dovevano segnalare quotidianamente la situazione sanitaria legata al Covid-19, su su fino al ministero della Salute, passando attraverso diversi metodi di conteggio, contrastanti tra di loro, e anche ritardi appositamente voluti per drammatizzare o sdrammatizzare, a seconda delle convenienze politiche del momento, le situazioni locali.

Il ritornello che si è imposto rapidamente è stato: “Andrà tutto bene”, naturalmente all’interno di una situazione generale in cui niente andava bene: per lungo tempo sono mancati i dispositivi di protezione individuale per lo stesso personale ospedaliero e sono mancati i ventilatori polmonari, l’ossigeno, i posti letto ecc., tanto che in molti ospedali i medici sono stati costretti a scegliere chi doveva essere assistito e chi doveva essere lasciato al suo destino. In alcune regioni, come la Lombardia, di fronte all’inevitabile mancanza di posti letto, i poteri pubblici non trovarono di meglio che trasferire molti malati di Covid-19 nelle Residenze per gli anziani: è noto il caso del Pio Albergo Trivulzio dove è stata consumata una vera e propria strage di anziani, per la quale, tra l’altro, nessun caporione regionale è stato mai condannato...

Si sono rincorse, in questi due anni, serie interminabili di misure amministrative, dai confinamenti al lockdown, passando per indicazioni come l’obbligo del distanziamento, della mascherina, dell’igienizzazione delle mani come se fossero una grande scoperta grazie alla quale ci si sarebbe difesi dal contagio. Ma le misure amministrative che i governi stavano adottando, in verità, avevano lo scopo, da un lato, di coprire la mancanza di un reale intervento sanitario adeguato alla pandemia e, dall’altro, di abituare la popolazione, e in particolare il proletariato, a sottostare a tutta una serie di comandamenti emanati dallo Stato centrale. Ciò che stava veramente a cuore al potere borghese non era tanto la salute pubblica – in realtà non aveva fatto altro che lasciar diffondere l’epidemia perché non aveva alcuna intenzione di bloccare l’attività economica nazionale che già era in crisi – quanto il controllo sociale, ossia impedire che di fronte all’inefficienza del governo e alle condizioni di esistenza e di lavoro già peggiorate prima dello scoppio della pandemia, i proletari si ribellassero.

Gli scioperi di marzo e aprile del 2020, contro la mancata sanificazione degli ambienti di lavoro e la mancanza generale di dispositivi di protezione individuale che andava ad aggiungersi all’abituale mancanza di misure di sicurezza sui posti di lavoro, sono stati un campanello d’allarme di cui il potere borghese ha tenuto conto in tutto il corso dell’emergenza sanitaria, tanto da giungere – a campagna vaccinale avviata – a imporre ai lavoratori il lasciapassare verde per andare al lavoro: senza green pass i lavoratori vengono sospesi dal lavoro e dal salario! Se questa non è una vendetta preventiva contro i lavoratori, che cos’è?

Ai borghesi interessa che l’economia delle loro aziende, e quindi l’economia nazionale, produca profitti. Il governo borghese ha il compito di salvaguardare prima di tutto l’attività economica e commerciale delle aziende, aldilà dei posti di lavoro che, in realtà, sono sempre più in bilico se non per tutti i dipendenti di un’azienda, certamente per una loro parte. Infatti, la chiusura delle attività dovuta ai lockdown e alle varie misure di “contenimento dei contagi” ha solo aumentato una disoccupazione che già tendeva al 10% della popolazione attiva e, per i giovani, al di sopra del 30%. Indubbiamente l’epidemia di Covid-19 ha dato un colpo all’economia generale di ogni paese, aggravando una crisi economica strisciante già presente prima del Covid-19. Ma è stata anche – come in ogni crisi economica capitalistica – l’occasione per molte aziende per ristrutturare la propria attività adeguandola alle necessità dei mercati di riferimento.

Le delocalizzazioni non si sono fermate, anzi; e sono continuate le dismissioni di determinati reparti ormai non più redditizi, la riduzione di personale dipendente soprattutto femminile, il ricorso esagerato alla cassa integrazione in tutte le aziende in cui era possibile; come sono continuate la precarizzazione del lavoro e la somministrazione di lavoretti non coperti da alcuna assicurazione e contribuzione, ed è aumentato a dismisura il lavoro nero.

Come abbiamo detto tante volte, le crisi dell’economia capitalistica spinge i capitalisti a far piazza pulita di tutta una serie di “obblighi” di legge che si presentano come veri e propri intralci alla loro ricerca spasmodica di profitto. Certo, e non è una novità, nella crisi ogni borghese cerca di salvare i propri interessi a spese del borghese concorrente e a spese dei lavoratori salariati che impiega nella sua attività. Il governo ha il compito di mediare i diversi interessi borghesi, ma è inevitabile che difenda soprattutto gli interessi dei grandi gruppi economici e finanziari. E, nel caso della crisi pandemica come nel caso di qualsiai altra crisi importante, gli interessi dei grandi gruppi capitalisti si impongono oggettivamente su tutti gli altri e sullo stesso Stato.

E’ così che non solo i politici del governo e del parlamento, ma anche gli intellettuali, i giornalisti, i virologi, gli “opinionisti”, i sindacalisti, intonano la stessa canzone: l’economia deve ricominciare a correre, la ripresa economica innanzitutto, e non importa se per la ripresa economica una parte non marginale delle attività economiche se ne fotte delle misure di sicurezza, della legalità, degli abusi, delle transazioni sotto banco. L’importante è che i profitti ricomincino a salire. Ma tutto questo avviene soltanto se i lavoratori salariati si piegano alle esigenze del capitale, si piegano ai ritmi forsennati di lavoro, ad un salario misero purché ci sia, alla sempre più forte flessibilità del lavoro che corrisponde, in pratica, alle oscillazioni costanti dei mercati.

Ecco allora il valore del controllo sociale da parte della classe dominante borghese. Finché questo controllo era assicurato in gran parte dalle organizzazioni sindacali e politiche collaborazioniste che avevano una significativa influenza sulle masse proletarie, erano loro a “gestirlo” per conto del potere borghese. Ma il logorio costante di una collaborazione interclassista che se la deve vedere continuamente con i contrasti materiali reali generati dallo stesso modo di produzione capitalistico, e con una riserva di ammortizzatori sociali che si assottiglia sempre più e che quindi non può più rispondere automaticamente ai bisogni essenziali di una buona parte del proletariato, spinge la borghesia ad aumentare il suo innato autoritarismo e a prendere nelle proprie mani direttamente le leve del controllo sociale.

Ciò non significa che le organizzazioni sindacali e politiche collaborazioniste non abbiano più una funzione di conservazione sociale, ma significa che la loro funzione può non essere centrale come lo è stata nei cinquant’anni seguiti alla fine del secondo macello imperialista mondiale, e magari in attesa dell’apparizione di nuove forze opportuniste e collaborazioniste che sostituiscano quelle ormai superlogorate.

Ma sui proletari è calata un’ulteriore mazzata. Con l’ultimo decreto del 7 gennaio 2022, il governo aggiunge l’obbligo vaccinale a tutta la popolazione dai 50 anni in su. E’ evidente che questa misura è stata introdotta per colpire più a fondo il proletariato, perché impone ai lavoratori che non si sono finora vaccinati, ma che si sono serviti soltanto del tampone antigenico o molecolare per poter accedere con il certificato verde al posto di lavoro, di vaccinarsi contro la loro volontà, costringendoli a una cura sanitaria la cui imposizione è negata dalla stessa Costituzione. Tra l’altro, non ha alcun senso logico affrontare un virus che colpisce qualsiasi persona di qualsiasi età, con la vaccinazione obbligatoria soltanto dai cinquant’anni in su; peraltro con vaccini che non impediscono ai vaccinati di infettarsi nuovamente...

E’ evidente l’attacco soprattutto ai lavoratori, tramite il quale li si vuol piegare ad una misura che dal punto di vista sanitario non ha una ragione valida, tanto più considerando che i vaccini in circolazione non immunizzano. E’ altrettanto evidente che l’obiettivo non è quindi salvaguardare la salute della popolazione e dei lavoratori, ma piegarli a disposizioni – non importa quali – che vengono emanate dallo Stato con la giustificazione falsa, oggi, di proteggere la popolazione da un’infezione virale particolarmente grave, e con la giustificazione reale di piegare il proletariato alle esigenze dell’economia capitalistica e della sua gestione politica che di volta in volta si presentano.

La borghesia, normalmente, guarda all’immediato e perciò viene sorpresa da situazioni critiche che si presentano “all’improvviso”. La sua attitudine a guardare all’interesse privato e a battere ogni giorno la concorrenza la rende spesso cieca rispetto alle conseguenze di lungo periodo. Ma la storia delle crisi economiche e sociali e la storia della lotta fra le classi hanno insegnato anche alla borghesia, almeno a quella parte di borghesi che guardano lontano, che le conseguenze negative dello sviluppo del capitalismo sono insite nel capitalismo stesso, dal quale d’altra parte la borghesia non può separarsi visto che il suo potere e i suoi privilegi sono determinati proprio dal capitalismo stesso.

Sa però che, a lungo andare, le contraddizioni della sua società portano il conflitto sociale a livelli potenzialmente incontenibili; perciò cerca di prepararsi a quelle situazioni – come d’altra parte si prepara costantemente alla guerra di concorrenza e alla guerra guerreggiata – con i metodi e i mezzi che conosce e che nella storia della lotta fra le classi sono stati più volte usati con successo. Mezzi politici e mezzi sociali, mezzi economici e mezzi militari: la borghesia non adotta mai un unico mezzo per controllare e piegare il proletariato, li utilizza tutti, ma in dosi diverse a seconda delle lezioni che ha tratto dalla sua stessa storia e dalla storia della lotta fra le classi. Ed ha imparato che, in generale, il metodo democratico e i mezzi ad esso corrispondenti danno risultati di più lunga durata che non il metodo apertamente dittatoriale e repressivo. Ciò non toglie che la reale dittatura economica, e quindi di classe, delle borghesia sia la base reale della sua società e del suo potere; ma è rivestita da una sempre più complessa impalcatura democratica grazie alla quale il rincoglionimento del proletariato e la deviazione della sua lotta dal terreno dello scontro di classe al terreno impotente delle riforme la mettono al riparo, almeno per un certo tempo, da tensioni sociali che sfuggono al suo controllo.

L’atteggiamento del governo Draghi da quando è salito al potere mostra in realtà come il pugno di ferro usato con il pretesto della pandemia sia rivestito da un guanto di velluto. E non si può dire che i risultati non gli diano ragione. I proletari si sono piegati, di volta in volta, a tutte le misure prese dal governo, hanno subito i ricatti sulla loro vita quotidiana e sul salario senza reagire con forza. E continuano a subire, pur mugugnando, piegando la testa ai diktat che gli piombano addosso.

Da dove proviene questa straordinaria impotenza dei proletari in una situazione che appare come un evidente attacco diretto alle loro stesse condizioni di esistenza?

Decenni di collaborazionismo interclassista, e di somministrazione di ammortizzatori sociali che andavano a tacitare i bisogni più impellenti della loro vita quotidiana, hanno debilitato l’intero corpo proletario della società. Se da una parte gli risolvevano all’immediato una serie di difficoltà, dall’altra lo debilitavano dal punto di vista dei suoi interessi di classe, ossia degli interessi che nelle situazioni di forte crisi economica e sociale troverebbero una risposta soltanto dal punto di vista dell’antagonismo di classe. I proletari nascono storicamente come classe per il capitale; ed è lo sviluppo delle contraddizioni dei contrasti sociali che li portano a riconoscersi come classe per sé, cioè come classe che ha interessi e obiettivi storici completamente contrapposti agli interessi e agli obiettivi storici della borghesia. Ma la borghesia ha trovato finora metodi e mezzi che le hanno consentito di imbrigliare la forza sociale del proletariato non solo sul piano economico, ma anche sul piano politico. E’ nella rottura di queste catene che sta la possibilità del proletariato di riconoscersi come forza sociale autonoma, con propri interessi e con propri obiettivi di classe.

Fin quando questa rottura sociale non avverrà i proletari continueranno ad essere forza lavoro sfruttata bestialmente per sopravvivere e carne da macello nelle guerre che la borghesia continuerà a fare contro le borghesie concorrenti.

I comunisti rivoluzionari sanno che il capitalismo non deperirà gradualmente fino a scomparire dalla faccia della terra; come sanno che la borghesia non è una classe che lascerà il potere perché non riesce a portare il benessere a tutta l’umanità e a non cadere più in catastrofiche crisi economiche e sociali. Sarà soltanto la lotta di classe del proletariato, sviluppata in lotta rivoluzionaria, che potrà avere ragione sia del potere borghese che del capitalismo. Non per investitura soprannaturale, ma in forza di determinazioni materiali legate allo stesso modo di produzione capitalistico che, ad un certo punto del suo sviluppo storico, non è più in grado di dare alla borghesia i mezzi per allontanare da sé, ingabbiandola, la lotta di classe proletaria. Nella storia è già successo, e gli anni Venti del secolo scorso, sull’onda della rivoluzione bolscevica del 1917, hanno dato un saggio della potenza internazionale del movimento rivoluzionario.

La storia della società non è condizionata all’età di una o più generazioni, come non lo è la storia della natura. Il capitalismo andrà incontro inesorabilmente alla sua crisi definitiva, e il proletariato dovrà essere pronto, preparato, organizzato e diretto secondo le sue finalità storiche.

E’ in questa direzione che devono andare i proletari più coscienti, più sensibili alla causa storica della propria classe, stimolando la riorganizzazione di classe della lotta immediata nella visione politica più ampia che solo i comunisti rivoluzionari mantengono viva e che devono mettere a disposizione della ripresa della lotta di classe.

Oggi il proletariato, e non solo in Italia, è frustrato, piegato su se stesso, manovrato come una marionetta dai collaborazionisti e dai borghesi. Saranno lo sviluppo delle contraddizioni sociali e la crisi più profonda della società capitalistica, che tende ad una terza guerra mondiale, a dare una scudisciata che non potrà rimanere senza conseguenze anche sul terreno della lotta classista.

Noi comunisti rivoluzionari lavoriamo oggi per quel futuro, perché quella scudisciata risvegli nel proletariato la sua tradizione storica, la sua forza dirompente e perché, rialzata la testa, il movimento proletariato torni ad essere il vero protagonista della storia dell’uomo.

 

10 gennaio 2022

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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