La guerra del gas

(«il comunista»; N° 174 ; Luglio-Settembre 2022)

Ritorne indice

 

 

La produzione di gas naturale (per il 90% è metano), dunque di un combustibile fossile, vede alcuni paesi primeggiare su tutti gli altri. Si tratta soprattutto di Russia, Qatar, Algeria, Iran, USA e alcune zone dell'Asia centrale, come Azerbaigian e Kazakistan.

Dato l'uso sempre più ampio del gas naturale per la produzione di energia elettrica (sia per usi domestici che per usi industriali), i gasdotti si sono aggiunti agli oleodotti, e le navi gasiere si sono aggiunte alle petroliere. A differenze del petrolio, il gas naturale sembra meno inquinante, ma rilasciando anidride carbonica nell'aria, produce una quantità sempre maggiore di gas serra. Secondo i grandi convegni eco-ambientalisti sulla necessaria riduzione dei gas serra, i paesi del mondo dovrebbero ridurre drasticamente l'uso di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale ecc.) entro il 2050 in modo da non superare l'aumento della temperatura media della terra di 1,5 gradi, ritenuti la soglia oltre la quale non sarà più possibile tornare indietro. Ma le esigenze dell'industria capitalistica sono tali soprattutto in tempo di crisi come l'attuale, che le belle parole sulla "sostenibilità" vengono messe da parte in un secondo.

La guerra russo-ucraina ha dato un notevole scossone al mercato sia del gas che del petrolio, visto che la Russia è una grande esportatrice sia di gas che di petrolio. Le sanzioni euroamericane con cui Bruxelles e Washington tentano di piegare la Russia economicamente per farla desistere dalla volontà di prendersi anche il Donbass, oltre alla Crimea, hanno in realtà messo in serie difficoltà, non solo la Russia, ma anche le economie dei paesi europei, soprattutto di Germania e Italia che finora dipendevano dal gas russo in grandi percentuali (secondo alcune statistiche, Berlino per il 48%, Roma tra il 40 e il 42%).

In effetti le esportazione di gas naturale dalla Russia (210 mld di metri cubi l'anno), per il 74% erano indirizzate verso l'Europa attraverso una  fitta rete di gasdotti: il North Stream 1 e il North Stream 2 verso la Germania, lo Yamal, verso Polonia e Germania; il Brotherhood, verso l'Ucraina; il Tag verso l'Austria. In Italia arriva dall'Azerbaigian il Tanap, conosciuto qui come Tap che giunge in Puglia. Fino all'anno scorso la Russia ha esportato in Europa 155,4 mld di metri cubi, ma la capacità reale dei gasdotti elencati prima è di 238 mld di metri cubi. Si capisce perché i paesi europei abbiano approfittato da più di vent'anni della facilità di trasporto del gas attraverso i gasdotti e del fatto che il gas russo era a buon mercato. Fino al 2020 al mercato di riferimento in Olanda il gas era di 15 euro al mwh; nel corso del 2021 è salito a 129 euro al mwh. Oggi oscilla intorno ai 300 euro al mwh.

 Anche la Norvegia produce ed esporta gas naturale, soprattutto verso Germania, Regno Unito, Francia e Belgio. La guerra russo-ucraina ha sconvolto, come era logico,  anche le forniture, per effetto domino, di tutte le materie prime. D'altra parte, alle sanzioni euroamericane la Russia ha risposto con le "controsanzioni" cominciando a chiudere i ribinetti del gas in direzione dell'Europa. Per il gas naturale, infatti, rispetto al petrolio, il problema è molto più complicato per i paesi europei che non hanno la possibilità di sostituire le ingenti forniture russe nel giro di poco tempo; rifornirsi stabilmente del gas naturale liquefatto (trasportato via mare, ad es. dagli USA) è molto più costoso perché oltretutto deve essere riportato allo stato gassoso. Inoltre, come è normale nel capitalismo, un prodotto così importante per la produzione di energia se scarseggia sul mercato, è inevitabile che  scateni la speculazione. Ormai tutti gli istituti finanziari del mondo parlano di una probabile recessione che colpirebbe in particolare i paesi d'Europa; e siccome l'Europa è un mercato troppo importante per i paesi imperialisti più forti del mondo, la crisi europea si diffonderà rapidamente in tutto il mondo. Alla guerra militare succede la guerra di concorrenza, che porterà nuovamente alla guerra militare. 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

Top

Ritorne indice