Nella continuità del lavoro collettivo di partito guidato dalla bussola marxista nella preparazione del partito comunista rivoluzionario di domani

(Rapporti alla riunione generale di Milano del 18-19 maggio 2024)

(«il comunista»; N° 183 ; Agosto-Settembre 2024)

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La Pubblicazione dei rapporti tenuti nella  riunione generale di maggio è iniziata nel numero scorso e ha riguardato: 1) Corso dell'imperialismo mondiale, e 2) Sulla guerra civile di Spagna 1936-39: le origini del POUM (prima parte). In questo numero terminiamo il rapporto sul tema "Le origini del POUM" .

 

 

Sulla guerra civile in Spagna 1936-39

Le origini del POUM

 

 

3. LA FEDERAZIONE COMUNISTA CATALANO-BALEARESE E IL BLOCCO OPERAIO E CONTADINO

 

La seconda corrente che confluì, dopo l’insurrezione asturiana del 1934, nel POUM fu il BLOCCO OPERAIO E CONTADINO, la cui origine è la Federazione comunista catalano-balearese (poi detta iberica). Poiché a questo punto è necessario toccare più in dettaglio il problema della atomizzazione del PCE dopo il 1925, può essere utile ricostruire cronologicamente le origini di questi gruppi per poter comprendere la deriva che portò la federazione locale del PCE a separarsi dallo stesso PCE e finire per fondersi con una corrente di origine trotskista.

L’inizio politico del gruppo di militanti che diede origine alla FEDERAZIONE COMUNISTA CATALANO-BALEARESE non è nel socialismo spagnolo, cioè i dirigenti di quella che poi divenne la Federazione e poi il BLOCCO OPERAIO E CONTADINO non provenivano né dal PSOE né parteciparono alla scissione del 1920 o a quella del 1921. La sua origine si trova nei nuclei sindacalisti rivoluzionari che orbitavano intorno alla CNT dal 1920. Dal 1919 esisteva, all’interno della CNT, una forte corrente favorevole a che questa organizzazione si unisse in qualche modo all’Internazionale comunista o, più tardi, all’Internazionale Sindacale Rossa. Significativamente, questa corrente non era composta da militanti comunisti della CNT, ma piuttosto da elementi affiliati al settore puramente sindacalista (in contrapposizione al settore anarchico) del sindacato. Queste posizioni si forgiarono a livello organizzativo attorno al giornale Lucha Social, edito dalla Federazione locale CNT di Lleida e diretto da Joaquín Maurín, futuro leader del POUM, i cui articoli sul sindacalismo rivoluzionario (secondo lui la corretta interpretazione della Rivoluzione russa) erano una specie di corpus teorico del movimento. L’influenza di questa pubblicazione si fa sentire anche nelle federazioni delle Asturie e di Valencia, dove l’influenza nel sindacato del giovane PCE è maggiore.

Nel 1921, la repressione poliziesca che si abbatté sui quadri storici della CNT riuscì a imprigionare i suoi principali dirigenti e i giovani dirigenti come Maurín o Andrés Nin assunsero incarichi di grande rilevanza (il primo fu membro del comitato regionale e il secondo fu segretario generale dell’intero sindacato). È sotto l’influenza decisiva di questi elementi che la CNT decide di aderire all’Internazionale Sindacale Rossa inviando una serie di delegati (Maurín, Nin che rimarranno in URSS...) al congresso dell’Internazionale Sindacale Rossa del 1921. La situazione era eccezionale: la CNT era un sindacato tradizionalmente dominato dagli anarchici e la sua adesione ad un organismo emerso dalla rivoluzione bolscevica rifletteva la delicata situazione dell’organizzazione.

Nel 1922 gli anarchici ripresero il controllo della CNT e contestarono le decisioni dei precedenti Comitati, soprattutto per quanto riguarda l’adesione ad organizzazioni di ispirazione marxista. I centri federali di Lleida, Valencia e Asturie protestarono contro questa decisione. Questo fatto è importante perché dallo stesso 1922 questi nuclei costituiscono la base organizzativa del cosiddetto “sindacalismo rivoluzionario” che, con Joaquín Maurín a capo, è all’origine della FEDERAZIONE COMUNISTA CATALANO-BALEARESE. Non invano il nucleo valenciano pubblica il giornale Acción Sindicalista, finanziato dall’Internazionale Sindacale Rossa e controllato da membri del PCE. Da questo momento in poi, i contatti tra i cosiddetti comitati sindacalisti rivoluzionari, che inaugurarono un giornale nazionale (La Batalla, divenuto organo del POUM negli anni ’30) e il PCE furono continui fino ad arrivare all’adesione dei principali militanti sindacalisti al Partito, che portò, nel 1924, alla formazione della Federazione Comunista Catalano-Balearese.

Successivamente, la storia del PCE a cui abbiamo accennato sopra, con la distruzione pratica del Partito a partire dal 1925, ha impedito che la FEDERAZIONE COMUNISTA CATALANO-BALEARESE si integrasse pienamente nell’organizzazione: rimase come un’altra corrente al suo interno, partecipando alle sue lotte interne e apparendo come una consorteria tra le tante che esistevano. La Federazione, infatti, venne formalmente espulsa dal PCE nel 1930. A quel tempo il PCE non esisteva in Catalogna e infatti si era formato un Partit Comunista Catalá, con un evidente carattere nazionalista. Con questa organizzazione venne fondata, nello stesso anno 1930, la FEDERAZIONE COMUNISTA CATALANO-BALEARESE, dando origine al BLOCCO OPERAIO E CONTADINO.

 

Cos’è dunque il Blocco Operaio e Contadino?

Come concetto, il blocco tra operai e contadini è un’evidente allusione allo slogan del “governo operaio e contadino” promosso nel 1923 dal Comintern e, più vicino alla Spagna, al fronte elettorale creato dal Partito comunista francese nel 1923. Si allude quindi alla rivoluzione democratica che per la Federazione Comunista Catalano-Balearese è sempre stata la parola d’ordine da seguire in Spagna. Così si legge nelle loro Tesi del 1929:

Poiché in Spagna non ha avuto luogo la rivoluzione borghese, qualsiasi movimento sarà inevitabilmente di natura democratica”.

(citato in Le origini del BOC, di Anthony Durgan)

 

Dal punto di vista organizzativo, il BOC era una “ampia organizzazione”, secondo i loro stessi termini, che doveva riunire elementi simpatizzanti della Federazione Comunista Catalano-Balearese per rompere con la parola d’ordine della “bolscevizzazione” che secondo la Federazione era stata causa della disintegrazione del PCE. In realtà, si trattava di una sorta di fronte unico che permetteva di raggruppare sia ex membri del PCE o del Partit Comunista Catalá, sia organizzazioni contadine (di origine sociale piccolo-borghese) e altre correnti provenienti dalle classi medie.

Politicamente, il BOC era un’organizzazione puramente piccolo-borghese che rifletteva in gran parte la mobilitazione delle classi piccoloborghesi alla caduta della dittatura di Primo de Rivera. È nazionalista dal punto di vista programmatico, difendendo non solo l’indipendenza della Catalogna ma quella di tutte le regioni spagnole, proponendo un incontro federale di queste dopo la scomparsa della Spagna come paese. Dal punto di vista pratico, il BOC è un partito repubblicano federale, erede di questa tradizione politica in Catalogna e la sua intera prospettiva era quella di accelerare quella rivoluzione democratica che, per loro, era in attesa in Spagna.

 

Nel suo articolo del 1931 La Rivoluzione spagnola, pubblicato sulla rivista teorica del gruppo La Nueva Era, il Blocco afferma che:

La Spagna arriva in ritardo alla Rivoluzione democratica. Quando quasi tutto il mondo era riuscito, nel corso del XIX secolo, a liberarsi delle sopravvivenze feudali, la Spagna inaugurò questo processo di trasformazione sociale con evidente ritardo. Ecco perché qui la Rivoluzione deve essere più profonda, più intensa. (…)

Le forze motrici della Rivoluzione sono il proletariato, i contadini poveri, il movimento nazionalista e una parte importante della gioventù che, sebbene di origine piccolo-borghese, vuole che la Rivoluzione faccia fare alla Spagna un salto sulla via della sua trasformazione sociale”.

 

Da qui la necessità già esistente per il Blocco non solo di realizzare una rivoluzione puramente borghese, ma di un blocco interclassista che doveva marciare unito. A questo punto va sottolineata una somiglianza molto profonda con l’Opposizione di sinistra in Spagna: per entrambe non si tratta solo dei compiti democratici pendenti nella rivoluzione spagnola, ma l’aspetto della leadership politica è subordinato a un problema essenzialmente democratico, essendo, per il Blocco, le classi medie a dover realizzare la rivoluzione e, per l’OCE, preparare il terreno per l’emergere del partito di classe.

Le implicazioni di questa concezione della rivoluzione e del suo sviluppo si vedono nell’articolo, sempre del 1931 e pubblicato sulla stessa rivista del precedente, intitolato La Marcia della nostra rivoluzione:

 

Finora, lo straripamento della reazione è stato impedito soprattutto dall’evento rivoluzionario che ha creato la dualità dei poteri: Governo Provvisorio, a Madrid, e Governo della Generalitat, in Catalogna. La Generalitat, pur essendo un governo piccolo-borghese, è stata costretta, in certi momenti, sotto la pressione degli operai, a fungere da canale contro l’ondata reazionaria del Governo provvisorio”.

 

La Generalitat era il governo regionale della Catalogna, creato nel 1931 dopo la proclamazione della Repubblica in risposta ad una richiesta storica della borghesia e della piccola borghesia catalane. Resta inteso che considerare un governo chiaramente borghese come un organo dal doppio potere, pensare che questo organismo che alla fine effettuò la più spietata repressione contro gli operai e che ebbe sempre nel mirino i proletari rivoluzionari, formando le prime squadre fasciste in Spagna, è tutt’altro che marxista. In modo più schematico ma non meno esplicito, in un altro articolo del 1931, il Blocco afferma che:

 

 “La rivoluzione democratica ha quattro aspetti fondamentali come obiettivi da raggiungere: 1) la distruzione totale della Monarchia, 2) la distribuzione generale delle terre, 3) La separazione tra Chiesa e Stato e 4) il diritto delle nazionalità all’autodeterminazione”.

 

Quali implicazioni ha realmente avuto questo programma?

Per quanto riguarda l’abolizione definitiva della monarchia, che di fatto era già stata attuata nella Costituzione del 1931 dopo la partenza del re Alfonso, l’unica garanzia che la reazione borghese non succedesse alla monarchia  era che il proletariato non lo permettesse, annientandola con la sua stessa rivoluzione. La monarchia, in Spagna, rappresenta (lo è stato ieri e lo è oggi) il punto d’incontro tra diverse fazioni della classe borghese ed è da queste difesa proprio perché costituisce una piattaforma comune che consente l’intesa. Lo slogan antimonarchico del 1931 aveva senso solo in termini antiborghesi, quindi rivoluzionari. Non poteva esserci una repubblica antimonarchica per la stessa ragione per cui non poteva esserci una repubblica antiborghese e per la stessa ragione per cui il regime franchista dal 1947 consolidò la monarchia come forma di Stato.

Per quanto riguarda la distribuzione delle terre, il Blocco commette un errore identico a quello dell’Opposizione di sinistra non considerando l’esistenza di un proletariato agricolo numeroso e degli altri strati sociali che lo circondano, che presentavano un potenziale rivoluzionario che andava oltre il semplice slogan democratico della distribuzione delle terre o che, almeno, potessero farlo sotto forme politiche che li legassero direttamente al proletariato urbano e non alla piccola borghesia agraria. Poco dopo, in questo stesso articolo si dice:

 

La Spagna ha bisogno di una rivoluzione agraria, come quella francese della fine del XVIII secolo, come quella russa, all’inizio del secolo attuale, che la scuota da tutte le parti, rimuovendo tutto e senza lasciare pietra su pietra (…)”.

 

Infine, riguardo ai punti che si riferiscono alla separazione tra Chiesa e Stato e al diritto delle nazionalità all’autodeterminazione, poco altro occorre aggiungere: i termini non più democratico-rivoluzionari ma dichiaratamente borghesi con cui viene proposta ridondano semplicemente quella concezione apertamente antiproletaria, che di fatto esclude l’azione indipendente della classe e del suo partito.

 

Il Blocco Operaio e Contadino confluì con l’Opposizione di Sinistra-Sinistra Comunista per formare il BOC dopo la sconfitta dell’insurrezione del 1934. Lo fecero perché il programma democratico di entrambe le organizzazioni, una volta che la Sinistra Comunista si liberò del pesante fardello che univa le ultime tracce del marxismo, era essenzialmente lo stesso.

Ma la cosa più importante è che lo ha fatto quando la classe proletaria era arrivata al punto di massimo conflitto, quando il suo scontro con la borghesia e il suo Stato repubblicano si era fatto più intenso... e quando era stata sconfitta. Da questa sconfitta è nato il programma apertamente democratico del POUM, ma anche l’imposizione del Fronte Popolare grazie alla crescente influenza del PCE e ad una rinnovata forza del PSOE.

 

In questo lungo lavoro abbiamo cercato di mostrare le linee che, a partire dal 1930, conducevano a quel punto nodale e che rappresentano non più la semplice degenerazione del movimento comunista internazionale ad opera dello stalinismo, ma della stessa reazione antistalinista, che soffriva di un’assoluta mancanza di punti di riferimento su cui svolgere il lavoro di bilancio teorico e politico del percorso della rivoluzione e della sua sconfitta. Così, il percorso dell’Opposizione di Sinistra in Spagna o del Blocco Operaio e Contadino non risponde alla scarsa capacità dei suoi dirigenti, a errori di comprensione individuali o a qualsiasi tipo di argomento simile, ma piuttosto alla crisi teorica, politica e organizzativa della classe del proletariato che era (e continua ad essere) un fatto oggettivo da cui non si può risalire se non lottando per la restaurazione su tutti i piani della dottrina marxista, forza vitale del partito di classe.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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