Napoli

Da Scampia si alzi una chiamata alla lotta classista contro un sistema economico e sociale che porta solo distruzione e morte!

(«il comunista»; N° 183 ; Agosto-Settembre 2024)

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Nella notte tra 22 il ed il 23  luglio a Scampia, nel quartiere nord di Napoli, crolla un ballatoio al terzo piano della cosiddetta  Vela celeste, coinvolgendo altri due ballatoi sottostanti del secondo e primo piano rovinando su alcune persone che rientravano a casa.  Il boato scuote il vicinato che accorre sul posto. Essi scavano nelle macerie raccogliendo quanti più feriti è possibile, per la maggior parte bambini, e trasportandoli al pronto soccorso più vicino “sgravando”  di  lavoro le autoambulanze che arrivano solo  dopo una ventina di minuti.  I pompieri invece arrivano dopo una mezz’ora dal crollo. Il bilancio al momento  è di tre morti e 12 feriti.

La  situazione fatiscente degli edifici, soprattutto le Vele, invase da spazzatura e topi, è stata più volte denunciata, secondo la stampa già dal 2016, ma le infiltrazioni di acqua, sia delle montanti dell’acquedotto che quella piovana, hanno iniziato a corrodere il ferro ed il cemento dei ballatoi e delle scale già anni fa in modo irreversibile. Quindi, perché questo disastro si verificasse era soltanto questione di tempo.

Solidarietà e cordoglio di facciata sono partiti dal governo e dalle istituzioni locali. Bandiere a mezz’asta al comune di Napoli che decreterà lutto cittadino al momento dei funerali delle vittime. Cinicamente certa stampa allude ad un presunto aumento di peso concentratosi sul ballatoio mentre era in corso un litigio tra due opposte famiglie contribuendo al cedimento del ballatoio già fatiscente. 

Non ci sarebbe invece alcun collegamento tra i lavori già avviati alla Vela e il crollo. Lo ha precisato il sindaco Gaetano Manfredi, nel corso di una conferenza stampa a palazzo San Giacomo per fare il punto della situazione. “I lavori erano cominciati all’inizio di questo anno al piano terra con l’eliminazione dei rifiuti e delle parti fatiscenti - ha spiegato - quindi non c’è alcuna relazione con i lavori che si stanno facendo ma ovviamente c’è un’indagine in corso e la procura nominerà dei periti per stabilire l’esatta dinamica del crollo.

Diverso il parere di alcuni abitanti del posto che reputano le vibrazioni procurate dai lavori in corso come un’ ulteriore sollecitazione della struttura.

La rabbia degli abitanti delle Vele non si è fatta attendere. Questi denunciano da anni lo stato di abbandono in cui versano e sanno benissimo che i responsabili sono le istituzioni che riescono sempre meno ad abbindolarli. La mattina successiva gli stessi abitanti hanno occupato l’università degli studi Federico II- Complesso Scampia. Essi chiedono la messa in sicurezza dell’edificio e la sua immediata ristrutturazione attesa da anni.

Scampia è un quartiere ghetto abitato prettamente da proletari e sottoproletari. Abbandonati, come i palazzi, per vivere si arrangiano in tutti i modi. L’arte dell’arrangiarsi è storica a Napoli. Uno strato minoritario è  costretto ad attività illegali per poter sopravvivere, come d’altronde  in tutte le metropoli capitalistiche. Se da un lato questo quartiere viene criminalizzato dalla stampa di regime anche attraverso una certa filmografia, dall’altro è oggetto di una certa politica cosmetica che ammanta di speranze ed illusioni i proletari coprendo e mistificando le responsabilità delle istituzioni locali e nazionali.

Solidarietà da parte di molti cittadini, ma soprattutto da parte dei  “disoccupati  7 novembre” che insieme ai “disoccupati cantieri scampia” si sono recati sul posto distribuendo beni di prima necessità dopo averli raccolti tra gli stessi senza lavoro.

Non ci saranno, come sempre, responsabili da condannare. Si tirerà alle lunghe tra magistratura e mass-media che cercheranno di confondere i proletari con montagne di chiacchiere. I proletari, purtroppo, resteranno nelle condizioni di vittime predestinate e carne da macello come i tanti fratelli di classe morti sul lavoro.

Il responsabile principale è il capitalismo e il suo sistema di profitto che non tiene mai conto delle esigenze reali degli esseri umani, tanto meno dei proletari, sfruttati, immiseriti e destinati alla strage dalla loro nascita. Ma i proletari possiedono una forza che non conoscono e che tutte le forze della conservazione sociale  e dell’opportunismo mistificano deviandola sul terreno della democrazia e della ricerca dei punti in comune con la classe degli sfruttatori: è la forza del numero, ma solo se organizzata sull’unico terreno in cui questa forza si può esprimere in tutta la sua ampiezza e la sua potenza: il terreno della lotta di classe sul quale non sono ammessi inciuci, “comunanza di interessi”, punti di vista da condividere. Il terreno della lotta di classe vede il proletariato organizzato al di sopra della divisione tra occupati e disoccupati, tra categorie e settori, tra autoctoni e immigrati, tra maschi e femmine, tra giovani e vecchi; organizzato con l’obiettivo di difendere esclusivamente i propri interessi lottando contro lo sfruttamento quotidiano sotto qualsiasi forma, legale o illegale, privato o pubblico, nazionale o internazionale.

Ma non si può lottare su questo terreno se non ci si organizza completamente separati dalle istituzioni, dai partiti e dalle forze politiche e sociali coinvolti nella difesa dell’attuale sistema economico e sociale; se non ci si organizza intorno a rivendicazioni che accomunano i proletari qualsiasi sia la loro condizione sociale e usando mezzi e metodi della lotta classista che hanno l’obiettivo di rompere una falsa pace sociale – falsa perché per i proletari e la loro vita non c’è mai pace – e di unire tutti i proletari in una lotta che, per la sua stessa natura di contrapporsi antagonisticamente agli interessi immediati e futuri della classe borghese dominante, non potrà fermarsi ad obiettivi immediati, pur iniziando a svilupparsi proprio da questi ultimi, ma si porrà nella prospettiva di farla finita con il capitalismo, con la sua società di sfruttamento e di morte difesa, per puri interessi di casta e di privilegio, da tutti coloro che formano le istituzioni e che parlano di verità e di giustizia che sono i primi a falsificare, a disattendere e a stravolgere.

La vera solidarietà con i proletari di Scampia e con i proletari di ogni situazione in cui la disoccupazione, il degrado, la miseria, l’emarginazione costituiscono l’ambiente sociale in cui sono stati gettatti dal sistema capitalistico e dalla politica antiproletaria, si esprime nella lotta classista, nel tendere a questa lotta sia sul piano immediato che su quello più ampio e politico.

 

- Contro l’emarginazione, il degrado e la strage continua di proletari nelle loro abitazioni fatiscenti come sui posti di lavoro

- Contro le false promesse di “giustizia sociale” e la colpevolizzazione del degrado e della miseria sulle spalle dei proletari costretti a vivere nel degrado e nella miseria 

- Contro le illusioni di poter migliorare la propria vita di proletari chiedendo alle stesse istituzioni, che sono corresponsabili del degrado, della miseria e dello sfrutamento bestiale delle masse proletarie, di intervenire a favore della vita quotidiana dei proletari

 

La via da imboccare è quella dell’organizzazione della lotta classista, di una lotta che non crede più alle promesse delle istituzioni, che non crede che le cose per i proletari miglioreranno grazie alla “crescita economica” (che vuol dire solo supersfruttamento per i proletari occupati o “occupabili”) e all’attenzione che i governi locali e centrali porranno sui milioni di problemi e di disgrazie che riempiono la vita quotidiana di milioni di proletari. La via da imboccare è esattamente contraria a quella indicata dai governi borghesi, dai partiti falsamente operai e “di sinistra” e dai sindacati collaborazionisti che altra mira non hanno se non quella di difendere e rafforzare i loro privilegi, le loro posizioni sociali a scapito della vita delle masse proletarie.

I morti di Scampia di oggi e la miseria che caratterizza la vita dei proletari di Scampia passeranno dalle prime pagine di cronaca alle ultime e poi nel dimenticatoio, facendo la fine delle migliaia di morti sul lavoro, dei morti per il crollo di palazzi, di ponti e di case mal costruite rispetto ai terremoti, e di cui i borghesi si interessano solo quando non ne possono fare a meno e comunque con lo scopo di “passare oltre”, di dimenticare quelle “disgrazie” che disgrazie non sono mai perché sono provocate proprio dalla gestione economica e sociale dei profitti capitalistici.

 

- Solidarietà con i proletari di Scampia!

- La loro lotta è la nostra lotta!

- Per la ripresa della lotta classista dei proletari al di sopra delle divisioni tra occupati e disoccupati, autoctoni e immigrati, lavoratori contrattualizzati e lavoratori in nero!

- Per l’organizzazione classista e a difesa esclusiva degli interessi di classe dei proletari, fuori e contro ogni collaborazione interclassista!

- No alla pace sociale, sì alla lotta di classe!

- Per la ricostituzione a livello nazionale e internazionale del partito comunista rivoluzionario, sola vera guida della lotta di classe proletaria anticapitalistica e antiborghese!

 

 25 luglio 2024

 

 

Partito Comunista Internazionale

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www.pcint.org

 

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