Sommari e articoli

Supplemento a «Il comunista»

Seconda serie dal 2008

 


 Il proletario - Seconda serie dal 2008

 Il proletario - Prima serie 1983-1984

 

 


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Presentazione della seconda serie 2008 e dopo

 

 

La testata “il proletario” è il nostro “foglio di intervento sul terreno immediato del Partito Comunista Internazionale per la riorganizzazione operaia indipendente e per la ripresa della lotta di classe”. E’ espressione diretta del partito e non di un’organizzazione di tipo sindacale, perciò non pretende di essere la voce di gruppi operai, per quanto combattivi, ma di dare a quegli operai delle indicazioni e degli elementi di critica e di polemica utili a far proprie, nel corso delle loro lotte, le lezioni che il partito di classe tira dalle sempre più acute contraddizioni della società borghese e del modo di produzione capitalistico. Lezioni che sono e saranno decisive per la ripresa della lotta di classe, perché poggiano sull’unico metodo di interpretazione e di valutazione delle contraddizioni sociali, il marxismo.

Esiste una prima serie, pubblicata nel 1983, subito dopo la scissione del partito dovuta alla crisi dell’ottobre 1982, che pubblicò 9 numeri, dal maggio 1983 fino al giugno-luglio 1984, e di cui si può leggere una Introduzione nella sezione ad essa dedicata.

Successivamente, come detto in quella Introduzione, con la pubblicazione del giornale ufficiale del partito ricostituito, “il comunista”, e a causa delle pochissime forze che rimasero sul terreno delle posizioni storiche del partito, “il proletario” fu sospeso. Riprendemmo le pubblicazioni, come “supplemento a il comunista”, in forma saltuaria, nell’aprile 2008 in occasione del Primo maggio e grazie agli interventi diretti di nostri militanti in campo sindacale.

D’altronde, come abbiamo sempre sostenuto anche nel partito di ieri, una pubblicazione dedicata specificamente alla lotta operaia sul terreno immediato e sindacale ha senso se in questo campo esiste la possibilità di un intervento regolare dei militanti del partito; e la sua periodicità dipende, per l’appunto, dalle possibilità reali di intervenire sia all’interno dei sindacati tradizionalmente collaborazionisti, sia negli organismi proletari che si costituiscono al di fuori dei sindacati tricolore nel tentativo di dare delle risposte organizzate alla necessità di lotta dei proletari, occupati, precari o disoccupati che siano. Noi ci siamo riorganizzati come partito politico, sulla linea storica della Sinistra comunista d’Italia, dalla quale discendono le linee guida sulle molteplici attività di partito, compresa quella nel campo immediato e sindacale; in quanto partito politico della classe proletaria combattiamo su tutti i terreni, politico, sindacale, teorico, programmatico, tattico, organizzativo ogni forma di opportunismo, ma non siamo “costruttori di sindacati” – non lo eravamo nel 1921 quando la vecchia CGL era realmente un sindacato rosso (ossia formata esclusivamente da proletari, con obiettivi dichiaratamente anticapitalistici e antiborghesi e organizzata in piena indipendenza dagli apparati padronali e statali), non lo siamo stati nemmeno dopo la ricostituzione del partito nel secondo dopoguerra, e tanto meno lo siamo oggi e lo saremo domani – poiché i compiti del partito politico del proletariato e del sindacato operaio sono del tutto diversi. Il sindacato operaio, il sindacato “di classe”, rosso come si diceva un tempo, ha il compito di organizzare gli operai in quanto tali, senza badare alle loro tendenze o opinioni politiche o religiose, nella lotta in difesa delle loro condizioni di lavoro e di esistenza, ispirata ad interessi, pur immediati, che riguardano esclusivamente la classe proletaria e che, inevitabilmente, entrano in contrasto netto con gli interessi della borghesia e del suo Stato. Questo tipo di sindacato è stato indebolito e reso impotente dal riformismo socialista e socialdemocratico negli anni Venti del secolo scorso, e ha ricevuto il colpo di grazia dal fascismo che lo ha sepolto sotto l’aperto totalitarismo borghese, sostituendolo con organismi di tipo sindacale ma trasformati in organi ufficiali della collaborazione tra le classi. L’avvento della democrazia, dopo la caduta militare e politica del fascismo, ha cancellato il sindacato unico obbligatorio eretto dal fascismo, ma, forte della collaborazione del proletariato nella vita sociale e in guerra grazie all’influenza determinante dell’antifascismo democratico – figlio dell’opportunismo socialdemocratico e dello stalinismo – è stato il terreno politico su cui è nata la nuova forma sindacale tipica della fase imperialista del capitalismo: il sindacato operaio dichiaratamente collaborazionista con il padronato e i poteri dello Stato borghese, e integrato nello Stato.

Nei confronti di un sindacato di questo tipo, l’interesse per i comunisti rivoluzionari è dato solo dal fatto che in esso è organizzata la gran massa di proletari e finché, per legge e per statuto, è data loro la possibilità pratica di intervenire e fare propaganda comunista e rivoluzionaria, essi hanno il dovere di iscriversi e intervenire dal suo interno, nelle assemblee e nei consigli di fabbrica. Il loro obiettivo, infatti, è quello di raggiungere e influenzare il più elevato numero di operai organizzati. Questo tipo di attività e di intervento, con gli anni Ottanta, è stato reso sempre più difficile dalle varie direzioni sindacali, che sono arrivate ad espellere dai sindacati gli iscritti nostri militanti; obbligandoci, perciò, ad interventi e ad una proprganda solo dall’esterno. La formazione, al di fuori dei sindacati ufficiali, di comitati di sciopero, di collettivi sociali, di forme sindacali alternative sono state, e lo sono ancora, forme di contestazione operaia nei confronti della politica e delle pratiche opportuniste e sabotatrici delle varie bonzerie sindacali, ma fino a quando non si produrrà una reale rottura sociale verticale tra interessi operai e interessi borghesi e di conservazione sociale, questi organismi saranno inevitabilmente preda dell’opportunismo anche se vestiti da forme estremiste nelle loro proclamazioni, nei loro obiettivi e nelle loro azioni.

Ciò non toglie che, sebbene le sue forze siano ancora modestissime, il partito tenti di far arrivare la sua voce, le sue indicazioni, le sue lezioni dalle stesse lotte operaie di ieri e di oggi ad un numero il più ampio possibile di proletari, utilizzando i propri militanti nei posti di lavoro, la propaganda orale e cartacea e, oggi, anche via internet. E’ a questo scopo che, anche se saltuariamente, risponde una pubblicazione come “il proletario”.

La situazione di estremo ripiegamento del movimento operaio perfino sul terreno dell’elementare difesa economica e della lotta sindacale – imprigionato com’è, dalla fine della seconda guerra mondiale, nelle spire del collaborazionismo politico e sindacale – non ha permesso ancora agli operai più combattivi e più sensibili ai problemi della lotta di difesa sul terreno immediato di riconquistare durevolmente il terreno della lotta classista e di riorganizzare le proprie forze in organizzazioni classiste indipendenti dagli apparati ufficiali e dall’influenza delle pratiche attendiste e rispettose delle esigenze dell’economia aziendale e dell’economia nazionale. Il dominio della classe borghese sull’intera società, dal punto divista economico, politico, sociale, culturale e militare, è indiscutibile. Come è indiscutibile il fatto che le forze dell’opportunismo politico e sindacale, che sono passate dalla fase del riformismo legalitario all’integrazione delle organizzazioni operaie nello Stato borghese, poggiando sulla più aperta e democratica collaborazione fra le classi ereditata dal fascismo, siano tanto più foraggiate e sostenute dallo Stato borghese quanto più svolgono il compito di controllo sociale sull’intera massa proletaria attraverso le specifiche organizzazioni sindacali diventate ormai degli uffici burocratici al servizio dei capitalisti. I privilegi sociali di cui godono i burocrati dei sindacati collaborazionisti derivano dal fatto di far parte dell’apparato di controllo sociale del potere borghese con, in più, il compito di educare i proletari a rispettare le leggi e gli interessi della classe borghese dominante alla quale richiedere ogni tanto qualche briciola in più per gli operai che sprofondano sempre più nella miseria e nella fame.

Non nascondiamo certo il fatto di essere, a tutt’oggi, una forza politica che non ha alcuna influenza sugli operai, su quel proletariato che, da marxisti, indichiamo da sempre come la classe storicamente rivoluzionaria per eccellenza di questa società. Ma, in assenza di una ripresa importante e durevole della lotta operaia sul terreno classista dello scontro con gli interessi borghesi, non sarà mai possibile né che il partito rivoluzionario si sviluppi attirando nelle proprie fila gli operai più combattivi, né che riesca ad ottenere un’influenza determinante almeno sugli strati più avanzati, dal punto di vista di classe, del proletariato; sugli strati proletari che, nello scontro con le forze borghesi, abbiano utilizzato i mezzi e i metodi della lotta classista ed abbiano avuto la possibilità di fare una reale esperienza su questo terreno di lotta.

L’impotenza evidente del proletariato rispetto alle continue misure antioperaie dei governi borghesi che succedono uno all’altro – non importa con quali colori vestano i propri membri – deriva soprattutto dall’opera sistematica di asservimento degli operai alla borghesia capitalistica, attuata dalle organizzazioni collaborazioniste in campo sindacale e politico. Perciò la nostra battaglia, in tutti questi anni, non poteva e non può che essere essenzialmente politica puntando innanzitutto alla denuncia di tutte le forme opportuniste nelle quali il collaborazionismo sindacale avvolge le masse operaie che organizza, paralizzandone le spinte di lotta e deviandole nell’alveo della collaborazione interclassista.

La battaglia politica del partito è condotta principalmente dal suo organo di stampa, il suo giornale che, ricorda Lenin, è l’organizzatore collettivo dei militanti del partito. Ma un’altra battaglia, non meno importante, è necessaria, ed è quella portata nelle file proletarie, nelle sue organizzazioni, non importa quanto opportuniste siano, perché la linea di classe, fin dal terreno della lotta immediata in difesa esclusiva degli interessi proletari, sia riconosciuta dai più ampi strati proletari, e non solo di un paese, ma di tutti i paesi. “Il proletario” è, come detto, un foglio di intervento del partito che, oggi, ha una diffusione assai limitata. Ma è una traccia che rimane nel tempo e che un domani – quando le lotte operaie assumeranno la caratteristica di classe che devono avere se vogliono ottenere dei risultati concreti nell’immediato, il più importante dei quali è l’unificazione e la solidarietà tra tutti i proletari – potrà essere riconosciuta come una peculiarità del partito di classe rivoluzionario che vive e agisce anche nei lunghi periodi di controrivoluzione. Questa solidarietà di classe non è un fatto automatico portato dalla lotta operaia, è un risultato politico che gli operai raggiungono nella lotta di classe superando la concorrenza fra di loro che la borghesia usa sistematicamente come mezzo per mantenere i proletari divisi, frammentati, sospettosi gli uni degli altri, e per instillare nelle loro file l’odio che la borghesia, e la piccola borghesia, sentono contro tutti coloro che disturbano o mandano all’aria i loro affari.

Una traccia, dicevamo, utile a dimostrare che la lotta della classe operaia si basa non sull’idea che, un giorno, un Marx o un Lenin si sono fatti della società borghese e delle sue contraddizioni, ma sull’antagonismo di classe generato dallo stesso modo di produzione capitalistico e che, nel capitalismo sviluppato, la borghesia ha semplicemente ereditato e semplificato rispetto alle precedenti società divise in classi. I proletari non hanno alcun interesse in comune con i borghesi, ed è la stessa borghesia, sono gli stessi capitalisti che lo dimostrano ogni giorno, sfruttandoli come bestie per un tozzo di pane, gettandoli nella miseria e nella fame se i loro profitti diminuiscono oltre un certo livello, facendoli vivere in tuguri e abbandonandoli ad un destino di sciagure in occasione di terremoti, inondazioni, frane, quando non li irreggimenta per mandarli alla guerra come carne da cannone. La guerra di classe che i proletari saranno chiamati un domani a condurre contro la borghesia la stanno facendo i borghesi contro i proletari da più di centocinquant’anni; e finora, nonostante  i molteplici tentativi rivoluzionari e le rivoluzioni del proletariato in Francia, in Germania, in Russia, in Ungheria, in Italia, in Cina, per citare i paesi in cui il movimento proletario e comunista avrebbe potuto cambiare il corso della storia, il capitalismo e la borghesia dominante sono riusciti a uscirne vincitori.

Ma l’antagonismo di classe congenito con la società borghese, sotto sotto, continua a lavorare fino a quando lo sviluppo del capitalismo e delle sue crisi economiche e sociali non giungerà all’appuntamento con la storia: allora il proletariato, come improvvisamente fece nel maggio 1871 con la Comune di Parigi, e come inaspettatamente fece nell’Ottobre 1917 in Russia, in piena guerra imperialista mondiale, si rialzerà e la sua gigantesca forza sarà invincibile come un’onda rivoluzionaria eversiva che travolgerà tutto quel che la borghesia avrà  eretto a difesa dei suoi privilegi, e la borghesia stessa. Allora, gli interessi comuni saranno soltanto gli interessi di una sola classe, della classe del proletariato internazionale, antagonisti, per la vita o per la morte, agli interessi della borghesia e di tutti gli strati sociali che vivono sullo sfruttamento del proletariato.                                 

Il foglio “il proletario” non pretende di essere, oggi, la voce dei proletari che saranno protagonisti della ripresa della lotta di classe di domani, perché, quando questa ripresa avverrà, le testate del partito di classe rivoluzionario (come il giornale “il comunista” e gli altri giornali di partito, le prolétaire, el proletario, programme communiste, el programa comunista, proletarian), in seguito alle vicende della lotta rivoluzionaria, potranno anche cambiare nome: quello che non cambierà sarà la direzione in cui sono inserite fin dalla loro nascita, sarà la linea di classe perseguita con tenacia e intransigenza, al di là del numero dei militanti del partito di ieri, di oggi o di domani.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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