L’Italia borghese, da una strage all’altra

(«il proletario»; N° 13; Supplemento a «il comunista» N. 163 - Maggio 2020)

Ritorno indice

 

 

Un po’ di storia.

 

Milano, maggio 1898. L’aumento del costo del grano (da 35 a 60 centesimi di lire al chilo), e quindi del pane, si aggiunge alla forte disoccupazione e ai bassi salari che già colpivano la classe proletaria. A Milano, all’epoca, un operaio prendeva 18 centesimi per ogni ora di lavoro, un chilo di pane ne costava 40. Il 6 maggio la rivolta del pane parte dagli operai della Pirelli che trascinano i lavoratori di tutte le fabbriche milanesi a scendere in strada; affrontano la polizia ed iniziano subito i primi arresti. Il 7 maggio sciopero generale, tutta la popolazione milanese scende in strada; lo sciopero si allarga a Monza, Como, Lecco, Varese, Bergamo, Brescia, le città delle fabbriche. Il governo decreta lo stato d’assedio a Milano, e invia il generale Bava Beccaris a reprimere la sommossa. Dal suo quartier generale in piazza del Duomo il generale ordina di sparare sulla folla. Si alzano barricate in tutte le strade principali che intersecano la prima circonvallazione delle mura spagnole, da Porta Venezia a Porta Garibaldi, da Porta Romana a Porta Vittoria a Porta Ticinese. L’8 maggio, 40 mila civili armati di sassi e qualche revolver affrontano un esercito di 20 mila soldati in assetto di guerra e dotati di cannoni che vengono usati contro le barricate. Il 9 maggio cade l’ultima barricata. Secondo la prefettura i morti tra i civili sono 88 e 400 i feriti, per altre fonti i morti non sono menodi 300, se non addirittura 800. Uomini, donne, vecchi, bambini, tutti carne da macello! Ci furono migliaia di arresti e molti giornali, perfino cattolici, vennero chiusi.

Avete fame? Riempitevi lo stomaco di piombo! Questa la risposta del generale Bava Beccaris che, sedati i moti del pane, verrà decorato un mese dopo con la croce di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia e poi nominato Senatore.

Ma le proteste non si limitarono alla sola Lombardia; da subito si allargarono a Napoli, in Romagna e Puglia, a Firenze.

Portella della ginestra, 1° maggio 1947. Di primo mattino giungono a Portella della Ginestra i primi gruppi di contadini e braccianti per celebrare la festa dei lavoratori, con tutte le famiglie. Le associazioni contadine, un anno dopo lo sbarco alleato, avevano ottenuto il diritto di occupare o di avere in concessione le terre incolte o sottoutilizzate dei grandi latifondi. Agrari e latifondisti erano ovviamente contrari, temendo di perdere la propria secolare supremazia. In Sicilia, oltre alle forze dell’ordine dello Stato, gli agrari potevano contare sul sistema familistico mafioso che nemmeno il fascismo riuscì a scardinare. E’ stato il momento della banda di Salvatore Giuliano, incaricata di dare un colpo decisivo a quel movimento. A metà mattina del 1° maggio, si abbatte improvvisamente sulla folla inerme dei manifestanti una serie di raffiche di mitra dai monti che circondano i prati in cui si teneva la manifestazione, provocando un fuggi fuggi generale in ogni direzione. In pochissmi minuti la strage è compiuta: undici morti, di cui due bambini, una sessantina i feriti.

Non c’era nessuna sommossa, perciò i carabinieri non avevano ragione per intervenire... allora gli agrari si sono rivolti alla mafia. In un modo o nell’altro, i lavoratori dovevano venir repressi anche se, per legge, avevano un diritto che andava contro gli interessi degli agrari.

Monarchica o repubblicana, la borghesia, se serve, difende i propri interessi  massacrando i lavoratori. Poco importa se poi distribuisce onorificienze o anni di galera ai massacratori. Fa parte del gioco delle parti.

L’Italia repubblicana e democratica, le stragi di lavoratori non se le è mai fatte mancare: se non sono i carabinieri o la polizia, sono i fascisti o gli infortuni mortali sul lavoro a provocarle. Va detto che gli infortuni mortali sul lavoro sono più regolari, ogni anno si presentano puntuali in grande quantità, a dimostrazione che tutto il sistema sociale politico ed economico  va combattuto e vinto.    

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

www.pcint.org

 

Top

Ritorno indice