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Dialogato coi Morti

( Sul XX Congresso del Partito Comunista Russo )

(Come togliere Stalin dal piedistallo mantenendo in piedi la falsificazione del marxismo)

( Opuscolo A4, 76 pagine, Settembre 2023, Prezzo: 8 €, 12 FS) - pdf

 

 

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Premessa alla riedizione

 

 

Dal 14 al 25 febbraio 1956 si svolse il XX congresso del PCUS, il partito che, dal lontano 1926, con la teoria stalinista del «socialismo in un paese solo», stava trasformandosi da partito rivoluzionario a partito controrivoluzionario.

In risposta a questo congresso, in cui tutti i testi teorico-politici che per trent’anni hanno caratterizzato la propaganda russa venivano posti in revisione e sostituiti con nuovi testi, altrettanto falsificatori del marxismo, il nostro partito – dopo aver «risposto» nel 1952 con il Dialogato con Stalin (1) al Manuale di economia politica che raccoglieva alcuni scritti di Stalin (apparsi poi come Problemi economici del socialismo nell’URSS, in polemica con tre importanti economisti russi che avevano posto una serie di problemi sull’economia della Russia «socialista») –, ha pubblicato appunto questo Dialogato coi Morti

I testi pubblicati in questo volume – all’epoca riveduti ed integrati con qualche elemento e dato ulteriore – erano apparsi nell’allora giornale di partito «il programma comunista» nei nn. 5, 6, 7, 8, 9,10 e 13 del 1956. Editandolo in volume, nel settembre 1956, il Dialogato coi Morti veniva completato con alcuni Complementi: a) Ripiegamento e tramonto della rivoluzione bolscevica, b) La mentita opposizione fra le forme sociali russe ed occidentali, c) Il sistema socialista alla Fiat? *.

Nel «Viatico per i lettori» che precede il testo, si spiega  sinteticamente la necessità di questa nostra ulteriore «risposta» dopo che, col XX congresso del PCUS, la nomenclatura sovietica aveva tirato giù dal piedistallo il «padre della patria» Stalin per aprire ulteriormente la Russia allo sviluppo del capitalismo nazionale e al mercato internazionale, ma con la pretesa di parlare ancora «la lingua di Marx e di Lenin». La critica ai metodi repressivi che lo stalinismo applicava verso tutti coloro che gli resistevano – dalle tristemente famose «purghe» degli anni Trenta al massacro dei contadini, in particolare in Ucraina, che non si volevano piegare alla «collettivizzazione forzata» – non ci indusse mai ad unirci al coro borghese e piccoloborghese che rivendicava la condanna della violenza e del terrore inneggiando alla democrazia e alla collaborazione di classe. Le «pietose contorsioni del XX congresso, e la commedia della abiura da Stalin» pretendevano di essere interpretate come un ritorno ai classici della dottrina marxista, mentre in realtà erano un ulteriore passo avanti verso le classiche superstizioni dell’ideologia borghese incentrate sul «sacro rispetto della persona umana», del mercato e delle potenze imperialistiche con cui la Russia di Stalin aveva fornicato prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale.

Il riferimento all’epigrafe (Distingue il nostro partito) che accompagna dal n. 5 del 1952 il nostro organo politico di allora «battaglia comunista» e quello successivo, «il programma comunista», dopo la scissione definitiva nell’ottobre dello stesso anno con il gruppo di Damen, richiamava i punti essenziali della linea che ci distingueva e ci distingue da qualsiasi altro raggruppamento politico che si dichiara «comunista». Punti essenziali che in seguito dovettero essere ancor più precisati essendo intervenute altre scissioni nel partito, fino all’ultima del 1982-84. Una linea che non cambia col variare delle situazioni contingenti, ma che necessariamente ha dovuto essere difesa dai molteplici attacchi provenienti dalle più diverse tendenze opportuniste che di volta in volta sorgevano e morivano per lasciare il posto ad altre tendenze sempre più marce e intossicanti.

Non si trattò, nel ventennio che seguì alla fine della seconda guerra imperialista mondiale, di riprendere, dalle basi, soltanto i fondamenti della dottrina marxista a livello dei principi e della teoria; si trattò di utilizzare la teoria marxista per fare i conti con tutto il corso storico del movimento comunista, nelle sue fasi ascendenti che portarono alla rivoluzione d’Ottobre in Russia come primo bastione conquistato e vinto, alla fondazione dell’Internazionale Comunista e del Partito comunista d’Italia e, nelle sue fasi di degenerazione e di bruciante sconfitta, le cui conseguenze della vittoria della controrivoluzione borghese, e staliniana, pesano ancor oggi. Fra l’estate del 1955 e l’estate del 1957 uscì, nelle colonne del quindicinale «il programma comunista» il lungo e approfondito lavoro sulla Struttura economica e sociale della Russia d’oggi (2), vero bilancio dinamico della rivoluzione bolscevica e della successiva controrivoluzione che nessun altro gruppo politico al mondo ebbe la possibilità di fare per il semplice fatto che tale bilancio o veniva fatto riacquisendo integralmente teoria, principi e programma del comunismo rivoluzionario marxista e il metodo di lavoro specifico del partito di classe – collettivo, impersonale, intransigente, organico – oppure veniva inevitabilmente falsato, come in realtà fu, facendo passare la società russa e la sua economia come una società in cui si stava realizzando il comunismo, come si vollero far passare tutti i paesi sottoposti all’influenza diretta della Russia come «paesi socialisti».

Il lavoro del nostro partito di ieri, soprattutto da parte di AmadeoBordiga e dei compagni che condividevano con lui l’intera impostazione del lavoro di partito sul piano teorico come su quello politico-tattico e organizzativo (impostazione che una tendenza attivistico-velleitaria, presente nel partito fin dalla sua fondazione nel 1943, fu al centro della scissione del 1952 tra coloro che seguirono Damen con «battaglia comunista» e Bordiga con il nuovo giornale «il programma comunista»), si era posto l’obiettivo prima di tutto di restaurare la dottrina marxista e, di conseguenza, la formazione dell’organo rivoluzionario per eccellenza, il Partito comunista internazionale. La questione russa – cioè la questione legata alla rivoluzione proletaria vittoriosa in Russia nell’Ottobre 1917, alla fondazione dell’Internazionale Comunista nel 1919 e alle sue tesi del II, III e IV congresso, alla mancata rivoluzione vittoriosa in Europa Occidentale e alle sue cause, all’isolamento della Russia sovietica e al processo di degenerazione che colpì sia l’I.C. che il partito bolscevico russo e, quindi, tutti i partiti membri dell’I.C., e all’incedere e alla vittoria della controrivoluzione borghese che, nei confronti del proletariato mondiale, definimmo staliniana –, non poteva non essere al centro del bilancio dinamico degli eventi storici che hanno terremotato la prima metà del secolo XX. Questo lavoro di bilancio non poteva, d’altra parte, essere condotto se non in contemporanea con la restaurazione della dottrina marxista da parte della corrente marxista più coerente e intransigente che si formò negli anni che precedettero la prima guerra imperialista mondiale e che rappresentò – aldilà della sua reale consistenza numerica – il possibile e necessario collegamento diretto con le forze del comunismo rivoluzionario che guidarono il movimento comunista nella rivoluzione russa e nella lotta rivoluzionaria in Europa nei cruciali anni della prima guerra imperialista e del suo dopoguerra: la corrente della Sinistra comunista d’Italia.

La corrente marxista russa, che ebbe in Lenin il suo rappresentante più conseguente e nel partito bolscevico da lui guidato la sua migliore attuazione formale, non trovò in Europa occidentale un altrettanto valido partito, saldo teoricamente e temprato da fondamentali battaglie di classe sul terreno del riformismo, del sindacalismo, dell’anarchismo, del socialsciovinismo e dell’antimilitarismo, se non nella corrente di sinistra del Partito socialista italiano (l’unico partito socialista, insieme al partito serbo, a non aver votato i crediti di guerra), la corrente che formerà nel 1921 il Partito comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista.

Nei due paesi occidentali più importanti, la Germania e la Francia, le correnti di sinistra dei partiti socialisti non riuscirono a liberarsi dei trascorsi democratici e parlamentaristi che impedirono loro di giungere ad una sana e vitale rottura con tutto il passato socialdemocratico e secondinternazionalista dei partiti in cui si erano formate. Anzi, costituirono invece un vettore insidioso di tutti i cedimenti che caratterizzarono l’attività dell’Internazionale Comunista e del partito bolscevico, proprio nel periodo successivo al cosiddetto «biennio rosso» (1919-1920), in cui la situazione mondiale, con le borghesie imperialiste ancora in crisi da dopoguerra e con le masse proletarie lanciate nella lotta antiborghese e anticapitalistica sul terreno rivoluzionario, era favorevole alla rivoluzione proletaria.

Come ricordato nelle testo del 1957, Quarant’anni di una organica valutazione degli eventi di Russia nel drammatico svolgimento sociale  e storico internazionale (3), in Russia si era svolta una rivoluzione che ebbe un duplice compito: abbattere l’impero medioevale e aristocratico-militare e abbattere la borghesia capitalistica che ne rilevò il potere, per innestare nell’eccezionale ciclo storico rivoluzionario borghese la rivoluzione proletaria (attuando la rivoluzione in permanenza, tanto cara a Trotsky). Tale compito non poteva che assumerselo il proletariato, l’unica classe rivoluzionaria dell’epoca moderna, l’unica classe che poteva trascinare dietro di sé, grazie alla direzione del partito bolscevico, il numerosissimo contadiname russo. Ma la conquista del potere politico, prioritaria e doverosa per la rivoluzione del proletariato in ogni paese, aveva di fronte a sé la grave situazione economica di un paese non solo disastrato dalla guerra, ma caratterizzato da un’economia particolarmente arretrata in cui coesistevano l’economia primitiva, il servaggio e l’economia capitalistica e quindi il salariato.

Solo la rivoluzione proletaria vittoriosa in un paese capitalista avanzato – come ad esempio in Germania – avrebbe potuto accelerare lo sviluppo delle forze produttive in Russia e rafforzare il potere politico del comunismo rivoluzionario a livello internazionale. La rivoluzione d’Ottobre in Russia, infatti, per Lenin, Trotsky e per tutti i marxisti rivoluzionari, non era che il primo bastione della rivoluzione mondiale. Nella visione di Marx-Engels e di Lenin, la vittoria rivoluzionaria in Germania dopo quella in Russia avrebbe aperto le porte alla rivoluzione proletaria mondiale in successive ondate, prima in Europa (Italia, Francia, Inghilterra) e poi in America, in Cina, in Giappone. Ma, rimasta sola, la Russia rivoluzionaria subiva i micidiali contraccolpi sia economici che politici della controrivoluzione avanzante, cedendo – nonostante i tentativi di mantenere viva quella visione come affermava Lenin quando parlò di vent’anni di buoni rapporti con i contadini, e Trotsky quando, in faccia a Stalin, dichiarò che la Russia rivoluzionaria poteva resistere anche per cinquant’anni – progressivamente proprio sul piano politico e teorico fino a capovolgere, con Stalin, la prospettiva della rivoluzione comunista internazionale in una teorizzazione della costruzione del socialismo in un solo paese, perlopiù arretrato com’era la Russia.

La borghesia controrivoluzionaria non si accontentò di aver sconfitto il potere bolscevico e di aver attirato completamente la Russia nei meccanismi dell’economia capitalistica e degli interessi politici e sociali borghesi, ma – molto più di quanto non fece la controrivoluzione borghese all’epoca dei moti proletari del 1848 europeo e della Comune parigina del 1871 – attuò a grande scala quello che Marx chiamò il cannibalismo della controrivoluzione (4) di cui gli eccidi e l’olocausto del 1848 a Parigi, a Vienna, a Berlino, e la settimana di sangue del 1871 in cui fu affogata la Comune di Parigi, non furono nulla in confronto ai milioni di contadini e proletari comunisti massacrati dai pretoriani di Stalin in Russia e fuori di Russia. Ma, a far desistere le masse proletarie a lottare per la propria emancipazione sul terreno del comunismo rivoluzionario, non bastarono nemmeno i fiumi di sangue proletario versati nella prima guerra imperialista mondiale, nelle rivoluzioni sconfitte in Ungheria, in Germania, in Cina; la borghesia mondiale doveva cancellare, falsare, seppellire, insieme ai proletari e ai comunisti rivoluzionari, anche il marxismo, la formidabile arma teorica che, maneggiata con grande abilità dal bolscevismo al tempo di Lenin, e applicata alla lotta fra le classi e all’inevitabile scontro rivoluzionario con la classe dominante borghese, aveva fatto tremare il capitalismo mondiale.

Il ciclo controrivoluzionario, tracciando materialmente la sua curva temporale, sfociava inevitabilmente nella seconda guerra imperialista mondiale nella quale lo scontro fra gli Stati più forti era finalizzato alla costituzione di un nuovo ordine mondiale rispetto a quello che uscì dalla prima guerra imperialista. E in questa seconda guerra imperialista, la partecipazione attiva della Russia staliniana in uno dei due blocchi imperialisti, dimostrava concretamente di essere ormai – a scorno di quanto si illudeva Trotsky, e agli occhi dei comunisti rivoluzionari e internazionalisti sopravvissuti all’olocausto controrivoluzionario – una potenza irreversibilmente controrivoluzionaria allineata come tutte le altre potenze imperialiste non solo e non tanto nella lotta per conquistare territori economici a proprio vantaggio, ma soprattutto nella lotta contro il proletariato, sia come classe borghese internazionale, sia come classe operante nazionalmente in ciascun paese.

L’influenza esercitata dal comunismo rivoluzionario, attraverso Lenin e la vittoriosa rivoluzione d‘Ottobre in Russia, era ancora molto forte in tutti gli anni Venti e Trenta del secolo scorso; perciò lo stalinismo, per svolgere la sua funzione controrivoluzionaria, doveva trasformare la prospettiva storica della rivoluzione comunista internazionale di Lenin e del marxismo, in una prospettiva non più a portata di mano, non più perseguibile in tempi brevi, rinviandola – in un primo tempo – ad un successivo periodo storico favorevole, ma – nel frattempo – sostituendola con una prospettiva limitata al solo paese dove la rivoluzione comunista aveva vinto e deteneva il potere politico: la Russia.

Lo sforzo politico e teorico profuso da Stalin e da tutti coloro che, in un modo o nell’altro, condivisero quella prospettiva, doveva forzatamente fare i conti con Lenin e col marxismo e, naturalmente, con il movimento proletario internazionale, nel senso che aveva bisogno di trovare fatti concreti su cui poggiarsi. Indiscutibilmente un fatto concreto era rappresentato dalla mancata rivoluzione proletaria vittoriosa in Europa e dall’isolamento in cui si trovò la Russia economicamente arretrata e disastrata dalle conseguenze non solo della guerra imperialista, ma anche dei tre anni di guerra civile in cui la dittatura proletaria in Russia si dovette difendere dagli attacchi sia delle truppe reazionarie e zariste interne, sia dagli attacchi delle potenze imperialiste che l’avevano assediata.

La vittoria militare e politica nella guerra civile in Russia non dava automaticamente un vantaggio economico alla Russia proletaria e comunista, le dava però una forza ideale supplettiva nell’aver difeso vittoriosamente, contro potenze molto più forti, il potere politico conquistato. Ma i fattori economici, uniti alle sempre maggiori difficoltà in cui la Russia isolata si sforzava di resistere nella prospettiva di una ripresa della lotta rivoluzionaria, se non immediatamente in Europa, in Asia (e verrà infatti il momento della Cina nel 1925-27), lavoravano inevitabilmente contro il potere politico proletario e comunista: le difficoltà non erano costituite soltanto dall’arretratezza economica della Russia, ma dal fatto che per superare questa arretratezza era necessario sviluppare al massimo l’economia capitalistica. Questo fatto era molto chiaro agli occhi di Lenin, di Trotsky e dei bolscevichi che non cedettero teoricamente e politicamente alle lusinghe del gradualismo e del nazionalismo. Il ferreo controllo politico marxista che Lenin indicava come l’unica arma con cui dirigere la Nep e i più diversi interventi da parte dello Stato nell’economia, nell’amministrazione e nella socetà, aveva bisogno di un’organica unità sul piano teorico e sul piano politico che il partito bolscevico aveva mostrato di avere in tutto il periodo che portò alla vittoria rivoluzionaria, ma che perse man mano che aumentavano l’isolamento della Russia rivoluzionaria con le difficoltà economiche interne e l’influenza nefasta delle tendenze opportuniste ancora fortemente presenti nei partiti ocidentali, tedesco e francese in particolare. L’Internazionale Comunista, nata per unire i partiti comunisti del mondo in un’unica e compatta organizzazione mondiale volta a guidare il movimento proletario soprattutto dei paesi capitalistici avanzati, avrebbe dovuto costituire il punto più alto del comunismo rivoluzionario non solo dal punto di vista programmatico, riunendo sotto di sé i partiti comunisti di tutti i paesi, ma anche dal punto di vista politico-tattico. E in effetti, le tesi del suo II congresso del 1920, cui aveva dato un importante contributo anche la corrente della Sinistra comunista d’Italia, costituiscono il più alto livello mai raggiunto dal movimento comunista internazionale. I cedimenti tattici, dovuti soprattutto alla debolezza teorico-programmatica dei partiti comunisti dei paesi più importanti dopo la Russia, Germania e Francia, e giustificati da parte russa con la fretta di dover approfittare della situazione considerata ancora favorevole alla rivoluzione in Europa, sono iniziati con la tattica del fronte unico politico (nel 1921) e, successivamente, con l’accettazione nell’I.C. di partiti simpatizzanti per assicurarsi la cosiddetta «conquista delle masse», con le parole d’ordine del «governo operaio» o addirittura «governo operaio e contadino» passate come sinonimi di dittatura del proletariato ecc.; si aprì così una ferita nel potente blocco teorico-programmatico-tattico stabilito al II congresso dell’I.C. che non si rimarginò più (5). La degenerazione opportunista si impossessò dell’Internazionale Comunista e del partito bolscevico che oggettivamente ne aveva la direzione. Giungere, in seguito, alla teoria del «socialismo in un solo paese» per giustificare il ripiegamento della Russia rivoluzionaria nei confini della sola rivoluzione borghese e la controrivoluzione mondiale contro il proletariato internazionale fu un passo inevitabile.    

Tale lotta antiproletaria si svolgeva non solo sul terreno economico e sociale, ma anche sul terreno politico e ideologico. Su questo terreno, in particolare, l’ideologia liberale e democratica si evolveva in una ideologia democratico-centralista – simile ad una sorta di fascismo democratico, mantenendo ovviamente le forme parlamentari – in modo da convincere i proletari di tutto il mondo che la dittatura fascista, sconfitta militarmente, era una «fase» superata e che la nuova «fase» si sarebbe appoggiata sulle democrazie occidentali vincitrici nella seconda guerra imperialista. Da parte sua, la Russia ormai stalinizzata non poteva che allinearsi sul fronte degli imperialismi più forti e dominanti sul mondo. Da culla della rivoluzione proletaria mondiale divenne culla della controrivoluzione più estesa e profonda che si potesse immaginare.

E ora non resta che leggere il Dialogato coi Morti.

 


 

(1) Il Dialogato con Stalin, fa parte della serie “Su filo del tempo”, ed è stato pubblicato nei nn. dall’1 al 4 tra l’ottobre e il dicembre del 1952 in “il programma comunista”. Raccolto poi in volumetto, per le  Edizioni Prometeo nell’aprile 1953, è stato ripubblicato nel 1975 dalle Edizioni Sociali, Borbiago (VE). In una più recente edizione da parte nostra  (Reprint “il comunista” n. 15, settembre 2022) abbiamo aggiunto in Appendice diversi Complementi.

(2) Nel 1976 il partito pubblicò l’edizione integrale di questo studio e lo corredò con altri tre lavori che lo completano: Le grandi questioni storiche della rivoluzione in Russia (rapporto alla riunione generale di partito di Genova, 6-7 agosto 1955) è stato pubblicato nei nn. 15 e 16 del 1955 de “il programma comunista”. La Russia nella grande rivoluzione e nella società contemporanea (rapporto alla riunione generale di partito di Torino, 19-20 maggio 1956), pubblicato nei nn. 12, 13 e 14 del 1956 de “il programma comunista”. Ricerca critica di parte e dialoghi col nemico, pubblicato nel nr. 11 del 1956 de “il programma comunista” e destinato a gettare un pontre fra i paragrafi 8 e 9 della seconda parte della Struttura..., nell’intervallo fra i quali il XX congresso del PCUS ci aveva imposto l’ampio commento critico e demolitore del Dialogato coi Morti.   

(3) Vedi 7 novembre 1917-1957. Quarant’anni di una organica valutazione degli eventi di Russia nel drammatico svolgimento sociale  e storico internazionale, “il programma comunista” n. 21, 8-25 novembre 1957.

(4) Cfr. Marx, Vittoria della controrivoluzione a Vienna, “Neue Rheinische Zeitung”, 7 novembre 1848, in Marx-Engels, Il Quarantotto, La Nuova Italia, Firenze 1970, p. 114.

(5) A questo proposito vedi, in particolare, l’articolo di A. Bordiga, Il pericolo opportunista e l’Internazionale, pubblicato ne “L’Unità” il 30/9/1925; anche in A.Bordiga, Scritti 1911-1926, vol. 9, pp. 135-151, Fondazione Amadeo Bordiga, Formia 2021.

 

Giugno 2023

 

 


 

INDICE

 

--Premessa alla riedizione

--Dialogato coi Morti :

--Viatico per i lettori

(Premessa alla pubblicazione del volumetto Dialogato coi Morti pubblicato dal partito nell'aprile 1956)

--GIORNATA PRIMA :

Richiami di capisaldi - Da Est terremoto ideologico - Lacera storiografia -Bari, passa la verità - Mito e culto della persona -Insanabile scoliosi - Piombo nei deretani - Cauti sguardi sulla rotta nuova

--GIORNATA SECONDA :

Culto della cartaccia - Confessate svolte - Forze in urto nel mondo 1956 - Prima lo scopo, poi i mezzi - Mezzi: la violenza - La pietra filosofale - L'essenziale in Marx-Lenin - Il dopo-conquista del potere - Leninisti kautskiani - La scena a tre   - Ritiro delle concessioni

--GIORNATA TERZA :

Antimeriggio :

Bilancio di tappa - Storia e storiografie - Parlamentarismo vale personalismo - Sovrastruttura e base economica - Le critiche di Mikoyan - Segni blu a Stalin - Le leggi somare di Stalin - Spegnemmo il lanciafiamme - Altro vano feticcio: la tecnica - L'aborto-mummia del mercantilismo - La gara ad accumulare - L'età del capitalismo - Gli indici pro-capite - Coi vinti o coi vincitori?

Basso Pomeriggio :

Agricoltura passo ridotto - La scottante questione agraria - Società rurale russa - Un annunzio americano - La "forbice" dei prezzi - L'insolubile antitesi - Rivoluzione asinesca - Che ne pensava Stalin - "Emulazione" antimarxista - Lenin e Bucharin - A voi, "leninisti"! - Dalla produzione al consumo - Sfida folle e perduta - Risparmi e godimenti - Consumo "popolare" - Il moderno forzato - Danza di magro delle calorie - Cifre e pacifismo

Vespro :

Questioni di principio - Coesistenza senza guerra - La svolta del 1926 - Fiamme della vigilia - Testamento di Stalin - Viva Stalin, allora? - Concorrenza ed emulazione - Mercati e commerci - Scambio di capitali - Sì, la guerra è evitabile - Squallido utopismo - Nascita del contro-ottobre

Sera :

Povera e nuda vai, filosofia! - I dogmatici, i talmudici, ritornello di Josif - A voi, scolaretti! - Alzatevi, voi laggiù - Rumori fuori della classe - Losco impiego di Lenin - Che resta di intangibile? - Come hanno arricchito Marx - Apporti bocciati di Stalin - La funzione del partito - Manuale dei principi - Schemetto elementare - Senso del determinismo - Dove le "garanzie"? - Cattiveria dell'uomo? - Ventata di ossigeno - Esperti del mercato - La prima Internazionale - La rivoluzione industriale inglese - Gli altri capitalismi - Legge dell'accumulazione - Marx e Gladstone - Gli estremi di un secolo

--Complementi al "Dialogato coi Morti" :

La Russia nella grande rivoluzione e nella società contemporanea

A) Ripiegamento e tramonto della rivoluzione bolscevica :

La lotta interna nel partito russo - Il grande scontro del 1926 - I "cinquant'anni" di Trotsky - La posizione di Stalin - I "venti anni" di Lenin - Rivoluzioni che sbrigano compiti arretrati - Rivoluzione americana antischiavista - Parallelo dialettico - Perché non si fece ricorso alle armi? - La burocrazia mira sbagliata - Perché non ci si appellò al proletariato?

B) La mentita opposizione tra le forme sociali russe ed occidentali :

Il "passo" della industrializzazione - Dantesco prospetto dell'inferno borghese - Leggi dell'accumulazione - Scorrendo il quadro - Peggio le crisi delle guerre - Obiezioni della controtesi - Prospetto statistico (Incrementi totali e medi annui della produzione industriale nei paesi e nei periodi tipici dello sviluppo storico del capitalismo)

C) Il sistema socialista alla FIAT? :

Un cenno all'alma Italietta - Altissima Torino - Valletta - Bulganin - L'insidiata forza di lavoro -m "Piano quinquennale" per la grande Fiat

--APPENDICE :

Plaidoyer pour Staline (1956) 

 

Il testo completo del Dialogato coi Morti, con alcuni complementi (Ripiegamento e tramonto della rivoluzione bolscevicaLa mentita opposizione fra le forme sociali russe ed occidentaliIl sistema socialista alla Fiat?), è stato pubblicato nel settembre 1956 dal  nostro Partito (Edizioni “il programma comunista”). Vent’anni dopo, nel 1976, è stato pubblicato dalle Edizioni Sociali, Roma, con il beneplacito del Partito.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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