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Medio Oriente, «questione palestinese» e marxismo

Le posizioni del Partito Comunista Internazionale nella continuità teorica e politica

( Opuscolo A4, 124 pagine, Maggio 2024, Prezzo: 12 € ) - pdf

 


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INDICE

 

  Ai lettori

 

  Introduzione

 

Prima parte

 

• Il futuro del proletariato palestinese, come quello dei proletari di tutto il Medio Oriente, d'Europa e del mondo, è nella lotta indipendente di classe e nella solidarietà di classe proletaria di tutti i paesi! (febbraio 2024)

• A proposito di Hamas e della guerra nella Striscia di Gaza (febbraio 2024)

• Guerra in Palestina. Posta in gioco imperialista e prospettiva proletaria (novembre 2023)

• Dalla spirale di massacri continui che hanno punteggiato la storia mediorientale degli ultimi cent'anni non si esce col nazionalismo, ma con la lotta per la rivoluzione proletaria e comunista (novembre 2023)

 

Seconda parte

 

• Ai proletari israeliani - Ai proletari palestinesi - Ai proletari d'Europa e d'America (febbraio 2002)

• Palestina vincerà? (febbraio-aprile 1989)

• Alcuni punti fermi sulla "questione palestinese" (febbraio-aprile 1989)

• Antagonismi di classe nel Medio Oriente dietro la maschera delle "guerre sante" (marzo 1973)

• Curdi, Palestinesi, Yemeniti, popoli oppressi dall'imperialismo e dalle proprie borghesie nazionali (aprile 1975)

 

Terza parte

 

• Proletariato palestinese e proletariato israeliano (aprile 2015)

• Le classi dominanti tremano davanti alle rivolte proletarie nei paesi arabi, oggi, e domani tremeranno davanti alla rivoluzione proletaria e comunista per la quale i proletari dovranno contare sul    partito di classe ricostituito sulle basi storiche del marxismo rivoluzionario (gennaio 2011)

• Proletari nella morsa del fanatismo religioso e delle strumentalizzazioni politiche (febbraio 2006)

• I proletari palestinesi in lotta contro i loro dirigenti borghesi (agosto 2002)

• L'accordo OLP-Israele non metterà fine né alla repressione della masse palestinesi, né alla loro rivolta (ottobre 1993)

• Medio Oriente: situazione di conflitto permanente (febbraio1991)

• Origine e significato di classe della repressione antipalestinese (aprile 1988)

• Per l'unità fra gli sfruttati del Medio Oriente (estratti - marzo 1977)

 

Quarta parte

 

• Oriente (febbraio 1951)

• La crisi del Medio Oriente (nov.-dic. 1955)

• Le "Alsazie-Lorene" del Medio Oriente (dicembre 1955)

• Il terremotato Medio Oriente (marzo-aprile 1956)

• La chinera dell'unificazione araba attraverso intese fra gli Stati (maggio 1957)

• Le cause storiche del separatismo arabo (aprile 1958)

• Il federalismo arabo è una chimera (luglio1971)

• Dalle Tesi dell'Internazionale Comunista sulla questione nazionale e coloniale (II congresso, luglio 1920)

 

• Legenda

• Altri articoli utili alla comprensione della complicata situazione mediorientale

 


 

 

Ai lettori

 

 

Premessa

 

 

Questo opuscolo contiene una serie di articoli apparsi nella stampa di partito nel corso degli anni. Lo scopo di questa raccolta è di illustrare le posizioni del partito nella loro coerenza e incisività. La "questione palestinese", inserita storicamente nella più complessa "questione mediorientale" dalla quale non è possibile separarla, ha provocato fin dalla sua iniziale esistenza forti dibattiti e posizioni contraddittorie all'interno di tutti i movimenti politici e, ovviamente, anche all'interno del nostro partito di ieri.

Come spesso abbiamo ricordato, la questione nazionale e coloniale, e nella fattispecie la questione dell'autodeterminazione dei popoli oppressi dal colonialismo classico e dall'imperialismo, tra le diverse questioni sociali e politiche, è particolarmente ardua. La dimostrazione della particolare difficoltà insita nella questione "nazionale e coloniale" sta nelle battaglie di classe che hanno dovuto ingaggiare gli stessi Marx ed Engels contro l'anarchismo e contro le varianti reazionarie e borghesi del socialismo - come il socialismo feudalistico, il socialismo piccoloborghese e conservatore -; che hanno contraddistinto Lenin nella lunghissima polemica interna al partito socialdemocratico (poi bolscevico) russo sul diritto all'autodeterminazione dei popoli; che hanno scosso continuamente i partiti socialisti della Seconda Internazionale e, successivamente, i partiti comunisti aderenti alla Terza Internazionale per una difficoltà quasi congenita a digerire le posizioni tattiche marxiste che formalmente avevano raggiunto le alte vette delle Tesi "nazionali e coloniali" del 1920 e del Congresso di Bakù, ma che non divennero mai vera carne e vero sangue dei partiti aderenti all'Internazionale Comunista, se non per alcune minoranze intransigenti e dialetticamente salde come i bolscevichi russi prima di essere travolti dallo stalinismo e i comunisti di sinistra italiani. Vette dalle quali lo stalinismo e la sua filiazione tra le più insidiose, il nazionalcomunismo, fecero precipitare l'intero movimento comunista internazionale su posizioni socialimperialistiche per i partiti dei paesi colonialisti e imperialistici, e su posizioni nazionalistiche e reazionarie per i partiti dei paesi coloniali e oppressi dall'imperialismo bianco.

Nella dura opera di restaurazione teorica e di riconquista del patrimonio politico del movimento comunista internazionale, portata avanti dai compagni della Sinistra comunista d'Italia dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, affrontando la grande e complessa "questione russa" non si poteva non affrontare anche la questione nazionale e coloniale.

A questo tema il nostro partito ha dedicato una notevole mole di lavoro, presentato, come è sempre stato metodo nostro interno, alle riunioni generali dell'organizzazione, condensato fin dai primi anni di attività del partito ricostituito in alcuni testi di riferimento rintracciabili nella serie dei "fili del tempo" (a cominciare da "Il proletariato e Trieste" del 1950, per continuare con "Oriente" del 1951, "Patria economica" del 1952, "Le rivoluzioni multiple" del 1953, "Pressione razziale del contadiname, pressione classista dei popoli colorati" del 1953), e nel testo fondamentale "I fattori di razza e nazione nella teoria marxista" del 1953. La questione, a dimostrazione che le grandi questioni politiche e tattiche vanno sempre difese dall'assalto delle posizioni opportuniste che si ripropongono nelle diverse fasi di sviluppo del capitalismo, si ripresenta negli anni successivi sull'onda delle rivoluzioni e delle lotte anticoloniali d'Asia e d'Africa che scuotono in modo consistente le vecchie potenze coloniali d'Europa, rappresentando oggettivamente un'occasione storica per un aggancio con il movimento di classe del proletariato d'Europa e d'America, cosa che non avverrà a causa della fortissima influenza dell'opportunismo stalinista e socialdemocratico sui partiti comunisti del mondo. I moti coloniali  e le questioni politiche e sociali da essi sollevate troveranno pronta risposta nel nostro partito di ieri nel corso degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta attraverso articoli, studi e trattazioni costantemente pubblicati nella stampa sia italiana che francese e poi spagnola (1). L'elenco dei materiali su questo tema è facilmente rintracciabile nel sito www.pcint.org, nella sezione "Temi", punto 2.Temi politici fondamentali, sottosezione 2.13 La questione nazionale e coloniale, delle nazionalità oppresse e dell'autodecisione dei popoli. 

Qui basterà citarne alcuni tra i tanti, come "Asia, polveriera del mondo" e "Presente e futuro delle rivoluzioni in Asia" (1954), "Peculiarità dell'evoluzione storica cinese" (1957-58), "Le lotte di classi e di Stati nel mondo dei popoli non bianchi, storico campo vitale per la critica rivoluzionaria marxista" (1958), "Le cause storiche del separatismo arabo" (1958), "Grandi epoche della storia africana" (1958), "L'incandescente risveglio delle 'genti di colore' nella visione marxista" (1961), "La terribile responsabilità dello stalinismo di fronte ai moti anticoloniali" (1961), "La guerra del Vietnam e i frutti amari del pacifismo opportunista" (1965), "La grande menzogna della decolonizzazione africana" e "Marxismo e sottosviluppo" (1972), "Immobilismo 'dialettico' e questione coloniale" (1974), "La teoria dei 'tre mondi'" (1978), "Questioni irredentistiche nel Centro Europa e proletariato" (1981), per poi continuare anche dopo la crisi generale del partito del 1982-84 con lavori di riproposizione delle coerenti posizioni di partito non solo sulla specifica "questione palestinese" - di cui in questo opuscolo ripubblichiamo diversi materiali anche molto recenti - ma sulla questione più generale, come ad esempio "Imperialismo, sciovinismo e antimperialismo di classe con particolare riferimento ai paesi non imperialisti" (1988), "La questione dell'opportunismo e la questione nazionale, ossi davvero duri per gli pseudorivoluzionari" (1994) e Ai proletari israeliani, ai proletari palestinesi, ai proletari d'Europa e d'America (2002).

 Per quanto concerne la "questione palestinese" non abbiamo mai nascosto che il nostro partito ha dovuto affrontare più volte posizioni deviate, sia nel senso del negativismo (negando tout court che esista una questione nazionale per i palestinesi), sia nel senso del nazionalcomunismo (legate alla falsa idea di far leva sulle ali più radicali del nazional-rivoluzionarismo borghese per innestarvi l'influenza comunista illudendosi così di trasformare il movimento armato nazionalista in movimento rivoluzionario comunista), contro le quali più volte il partito riuscì a riportare la barra del timone sulla giusta rotta marxista finendo però, nel 1982-84, per cedere all'attacco concentrico delle tendenze deviazioniste di tipo movimentista e di tipo attendista-negativista. La ripresa dell'attività di partito, per superare la profonda crisi in cui precipitò, non poteva che passare attraverso un indispensabile e vitale lavoro di bilancio politico generale di tutto il percorso fatto dal partito dalla sua effettiva costituzione nel 1952 in poi, bilancio che comprendeva, ovviamente, anche la contorta "questione palestinese".

Ovviamente, "fare il bilancio", in sè, non  significa porsi automaticamente sulle giuste posizione marxiste e della Sinistra comunista d'Italia, anche se è altrettanto ovvio che non fare alcun bilancio della crisi che mandò in frantumi il partito significa porsi automaticamente fuori della tradizione della Sinistra comunista d'Italia e andare ad aumentare il numero dei gruppi politici che usano posizioni, teminologia, concetti, slogan propagandistici della sinistra comunista a fini esclusivamente opportunistici, che di questo siano o meno coscienti. Ed è il caso, in particolare del nuovo "programma comunista", che veste le sue posizioni antimarxiste con l'usurpata vecchia testata di partito. Negare, infatti, l'esistenza di una questione "nazionale" per i palestinesi, oggi, non è soltanto negare la realtà materiale di una popolazione che subisce sistematicamente l'oppressione nazionale - prima sotto l'impero Ottomano, poi sotto il Mandato britannico e infine da parte del nuovo Stato di Israele impostosi con la guerra e la violenza terroristica nel territorio della Palestina - ma è anche un modo per eliminare dai compiti del partito comunista rivoluzionario quelli che si riferiscono alle classi non proletarie, come i contadini, e un modo per cancellare dall'orizzonte politico del partito di classe la necessità di dare risposte alle tendenze e alle pressioni razziali e nazionali che esistono non solo nei paesi della periferia dell'imperialismo ma anche negli stessi paesi imperialisti. La questione non è soltanto tattica, ma è di impostazione politica generale, perciò programmatica.

Nell'Introduzione del testo Fattori di razza e nazione nella teoria marxista che abbiamo citato prima, si può leggere quanto segue:

"Soltanto nelle vuote insinuazioni degli avversari della sinistra, incanalati da allora [1926, NdR] sulla via dell'opportunismo, e oggi naufragati paurosamente nel rinnegamento del marxismo classista e nella politica controrivoluzionaria, la sinistra sarebbe stata partecipe dell'errore assolutista e metafisico secondo cui il partito comunista non deve di altro occuparsi che di un duello tra le forze pure del capitale moderno e degli operai di azienda, dal quale sorgerà la rivoluzione proletaria, negando ed ignorando l'influenza sulla lotta sociale di ogni altra classe e di ogni altro fattore. Nella nostra recente opera di riproposizione dei cardini dell'economia marxista e del programma rivoluzionario marxista abbiamo mostrato con ampiezza come questa 'fase' pura nella realtà non esiste neanche oggi e in nessun paese, nemmeno nei più densamente industriali e in quelli di più antica affermazione del dominio politico della borghesia come possono essere Inghilterra, Francia, Stati Uniti; anzi che essa non si verificherà mai in nessun posto, non essendone affatto l'attesa una condizione per la vittoria rivoluzionaria del proletariato.

"E' dunque una pura scempiaggine dire che essendo il marxismo la teoria della moderna lotta di classe tra capitalisti ed operai, ed il comunismo il movimento che conduce la lotta del proletariato, noi neghiamo effetto storico alle forze sociali di altre classi, ad esempio i contadini, e alle tendenze e pressioni razziali e nazionali, e nello stabilire la nostra azione trascuriamo come superflui tali elementi" (2).

 

*    *    *

 

In copertina abbiamo evidenziato che il contenuto di questo opuscolo riguarda la continuità delle posizioni del Partito Comunista Internazionale.

La situazione di estrema confusione che si è creata nel tempo a causa delle diverse scissioni che hanno punteggiato la vita tormentata del partito dalla sua ricostituzione nel 1952 – a sua volta dovuta alla scissione tra due tendenze che convivevano nel periodo di riaggregazione delle forze che si richiamavano alle tesi del Partito comunista d’Italia del 1921 e alla sua direzione di sinistra il cui principale rappresentante fu Amadeo Bordiga – ci obbliga ad una precisazione.

Rispetto ad ogni altro gruppo o partito che utilizza lo stesso nome di partito o si presenta pubblicando alcune delle vecchie testate che un tempo identificavano solo il nostro partito di ieri  (come in Italia «il programma comunista» o, in Spagna, «el comunista»), e che si proclama  erede del partito di ieri o della corrente della Sinistra comunista d'Italia, rivendichiamo una continuità teorica, programmatica, politica e organizzativa basata sulla lotta politica svolta nel partito di fronte ad ogni crisi interna fin dal 1952, proseguendo poi in tutte le situazioni in cui tendenze avverse, di carattere attivista, sindacalista o attendista, o addirittura di disprezzo della teoria marxista difesa dalla nostra corrente come nessun'altra forza politica, noi abbiamo l'ambizione di essere l'unico gruppo politico a dimostrare nei fatti la linea coerente con quanto il partito ha sostenuto e fatto in tutto il corso della sua esistenza. Non abbiamo mai nascosto che il partito può sbagliare, può seguire un orientamento tattico che devia dalla giusta e coerente linea politica del partito, a sua volta derivante dalla valutazione marxista del periodo storico attraversato e delle situazioni reali che si presentano. Rivendicando la continuità politica e organizzativa del partito rivendichiamo nello stesso tempo la lotta contro le deviazioni in cui il partito è caduto più volte e che hanno dato origine a inevitabili scissioni fino a quella del 1982-84, la più grave, che mandò l'organizzazione in mille pezzi. Non abbiamo mai temuto di ammettere la profondità di quella crisi; l'abbiamo guardata in faccia e l'abbiamo affrontata mettendoci al lavoro, come detto, per un bilancio approfondito delle sue cause e delle cause delle crisi precedenti. 

Secondo la tradizione della Sinistra comunista, le crisi interne del partito devono essere sempre affrontate ricollegandosi alle immutabili tesi e al programma del partito attraverso un bilancio politico che rimetta in primo piano la coerenza e la continuità teorica, politica e organizzativa del partito. E’ esattamente quello che il partito ha fatto, anche se talvolta in modo imperfetto e in ritardo, durante tutto il suo trentennale sviluppo dal 1952 al 1982; ma la caratteristica esplosiva della crisi interna del 1982-84, nella quale si sono scontrate le divergenze accumulatesi all’interno soprattutto nel periodo dopo il 1968 e dopo gli effetti della crisi del capitalismo mondiale del 1973-1975, ha permesso solo al nostro piccolo gruppo di compagni di mantenere salda la linea politica che ha distinto il partito dal 1952 in avanti.

E’ questo comportamento che ci ha dato la possibilità di riorganizzare il partito intorno ad un serio lavoro di bilancio delle crisi, e di riconquistare non a parole, ma nell’atteggiamento pratico e nelle posizioni politiche il patrimonio teorico e di prassi in perfetta continuità con la tradizione della Sinistra comunista e del partito di ieri, combattendo ogni anche piccolo cedimento al principio e al metodo democratico, al politicantismo personale ed elettoralesco e ad ogni variante sia dell'immediatismo, sia dell'attendismo.

Nel 1982 si sono ripresentate tendenze contrapposte su questioni basilari che il partito aveva già risolto teoricamente e politicamente attraverso le sue tesi, fino a tutto il 1972, e cioè le questioni dell’organizzazione interna, la questione sindacale, la questione nazionale, la valutazione del periodo storico e dei conseguenti compiti del partito. Ma, come spesso è successo nelle diverse epoche storiche, se ci si rifà ai principi teorici e alle tesi fondamentali del partito solo dal punto di vista letterario, ma non nello spirito, nel loro contenuto di bilanci dinamici delle esperienze storiche della lotta proletaria e rivoluzionaria alla luce del materialismo marxista, le divergenze non si superano e, spesso, non si riconoscono nemmeno come deviazioni. E’ sul bilancio anche dell’ultima ed esplosiva crisi interna di partito che ci siamo riorganizzati e che abbiamo ripreso l’attività di partito dal 1982-84.

Oggi, coloro che si avvicinano al marxismo e alle posizioni della Sinistra comunista d’Italia hanno la sfortuna di imbattersi in diversi gruppi politici che si chiamano «partito comunista internazionale» e che pretendono di essere gli eredi della Sinistra comunista dagli anni Venti del secolo scorso.

La bussola per orientarsi non è così facile da leggere, ma alcune direttrici possono aiutare.

Non sono in linea con la tradizione delle battaglie di classe condotte dalla Sinistra comunista tutti coloro che hanno alzato una barriera tra teoria e prassi a causa della quale si produce inevitabilmente una rottura nella continuità delle posizioni politiche, tattiche e organizzative con i dettami delle tesi fondamentali del partito. La lotta contro il politicantismo personale ed elettoralesco comprende la lotta contro ogni forma di intermedismo, di attivismo, di sindacalismo, di contingentismo, di movimentismo, di ultimatismo, ossia contro tutte quelle posizioni e quelle pratiche che tendono a negare validità permanente al metodo dialettico e storico di interpretare le vicende sociali, dando invece spazio ad una interpretazione attualizzata in base a situazioni «impreviste» dal marxismo, a situazioni «nuove» che richiederebbero apporti teorici, e quindi politici, diversi  e suppostamente innovativi da quelli offerti dal marxismo.

Nell’ardua questione «nazionale», trattata in questo opuscolo rispetto alla «questione palestinese», emergono chiaramente le difficoltà di orientamento che hanno incontrato anche compagni in precedenza ferrati teoricamente e politicamente. La questione già ai tempi di Lenin, prima ancora della rivoluzione d’Ottobre, era maledettamente complessa ed aveva prodotto divergenze insanabili non solo con coloro che sarebbero diventati i menscevichi, ma anche fra gli stessi bolscevichi, per non parlare dell’incomprensione profonda di questa questione da parte dei comunisti «occidentali», tedeschi, francesi, italiani, per citare i partiti più importanti. Incomprensione che si è ripresentata nella stessa Frazione all’estero della Sinistra comunista italiana, e che ha continuato a «lavorare» nei gruppi politici che ad essa, in un modo o nell'altro, si rifanno, da «battaglia comunista» al nuovo «programma comunista».

 

Di fronte ad una quantità notevole di materiali a disposizione sulla questione «nazionale» e sulla questione «palestinese» in particolare abbiamo dovuto fare una drastica selezione. Ma per una lettura un pochino organizzata abbiamo suddiviso il materiale pubblicato in quattro parti: la Prima raccoglie gli ultimi articoli pubblicati tra il 2023 e il 2024, inerenti all'attacco di Hamas e della reazione di Israele su Gaza; la Seconda parte raccoglie alcuni articoli che trattano la questione «mediorientale» e «palestinese» da un punto di vista più generale; la Terza, andando cronologicamente a ritroso, raccoglie articoli che dimostrano la coerenza nelle posizioni sostenute nel periodo antecedente la crisi del 1982 e il periodo successivo; la Quarta, ripropone alcuni articoli degli anni Cinquanta del secolo scorso in cui si ponevano saldamente le basi per una valutazione storica di come i presentava la situazione, dopo la fine della seconda guerra imperialistica mondiale, nell'Oriente e nei paesi arabi.

In questo opuscolo, già piuttosto corposo, non abbiamo inserito gli articoli di critica alle posizioni sostenute da altri gruppi che si proclamano della stessa corrente di Sinistra comunista rivendicata da noi. Sarà materia per un opuscolo specifico. 

 


 

(1) Riferendoci ai "fili del tempo" dobbiamo citare il periodico "battaglia comunista" e la rivista "Prometeo" che, fino alla scissione del 1952, sono stati organi del Partito Comunista Internazionalista come organizzazione unica. Dal 1952, per i "fili del tempo" e tutte le altre tattazioni ricordate qui, e presenti nel sito di partito, ci si deve rifare al giornale in lingua italiana "il programma comunista", alla rivista "Sul filo del tempo" del 1953, alla rivista teorica di partito "Programme communiste" e al giornale in lingua francese "le prolétaire", ai quali si aggiungeranno negli anni Settanta la rivista spagnola "El programa comunista", il giornale in lingua spagnola "el comunista" e la rivista in inglese "communist program". Con la crisi del 1982-84, restano al nostro partito il giornale "le prolétaire", la rivista teorica "Programme communiste", la rivista in lingua spagnola "el programa comunista", in lingua inglese Communist Program e la testata "il comunista" con la quale il partito è rappresentato in Italia, dato che la vecchia testata "il programma comunista" fu carpita, dal gruppo che attualmente la possiede, con azione legale in tribunale vantando un'odiosa sua "proprietà commerciale".

(2) Vedi A. Bordiga, I fattori di razza e nazionale nella teoria marxista, 1953, Iskra edizioni, Milano 1976, pp. 11-12. 

 

29 Aprile 2024

 

 

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