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Elezioni: la destra ha vinto e la sinistra ha perso?

Ha comunque vinto la classe borghese che attuerà inesorabilmente una politica di lacrime e sangue, in perfetta continuità con il governo di centrosinistra!

 

 

Proletari,

 

il primo tempo del teatrino della politica borghese, con tutti gli orpelli che ogni campagna elettorale espone a piene mani, è terminato.

Partiti vecchi e nuovi si sono apparentati o scornati, a seconda delle fazioni, rappresentando per l’ennesima volta lo sconcio spettacolo della più gigantesca presa per il culo che la classe borghese si sia inventata: dare una volta ogni tanto alle masse proletarie l’illusione di “decidere” che vadano al governo forze politiche che faranno qualche cosa per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro!

Ma ogni tornata elettorale finisce per deludere, più o meno pesantemente, tutti coloro che si attendevano che davvero la loro vita cambiasse in meglio. I ricchi sono diventati sempre più ricchi, i proletari sono diventati sempre più poveri, immiseriti, precari nel lavoro e nella vita quotidiana. E sono sempre più numerosi i proletari, giovani, adulti o già pensionati che non arrivano alla fine del mese, che non hanno da mangiare a sufficienza, che non hanno di che vivere! E sono sempre più i proletari che, per un salario da fame, subiscono infortuni gravi sul lavoro e che muoiono assassinati da padroni con sempre meno scrupoli per le misure di prevenzione e di sicurezza.

Con queste elezioni il quadro politico è cambiato; è cambiato nel risultato finale perché il numero di partiti che vanno in parlamento è molto diminuito dalla volta precedente: oggi sono 7 i gruppi parlamentari contro 39 di ieri; davvero una bella «cura dimagrante». Ma il significato sostanziale della tornata elettorale non cambia, anche se i giochi delle alleanze, degli scambi di favori, del do ut des, si sono fatti più semplici. Diminuiscono i partiti che siedono al parlamento, ma non diminuisce la spesa degli apparati politici e burocratici che servono per continuare ad ingannare le masse proletarie sulla vera gestione del potere politico; gestione sempre più centralizzata in mano alle forze della conservazione borghese e capitalistica, che decidono – loro sì – al di fuori del parlamento!.

La tendenza generale del capitalismo, infatti, è quella di centralizzare il più possibile tutte le attività politiche rendendole più rispondenti alla tendenza centralizzatrice dell’economia e della finanza capitalistiche. I famosi “poteri forti” sono appunto la massima centralizzazione capitalistica e finanziaria, quindi la semplificazione politica – il cosiddetto bipolarismo, i due grandi partiti concorrenti – è in realtà una necessità del capitalismo per difendere più efficacemente la sua società, la sua economia, il suo dominio.

 

Proletari,

 

i partiti della cosiddetta sinistra radicale, “critica” o “estremista”, hanno subìto una cocente sconfitta elettorale; non avranno più il posto garantito in parlamento, i loro leader non saranno più ospitati nei “salotti della politica”, nelle trasmissioni televisive che fanno “audience”. I gazzettieri al servizio della “vera” democrazia lamentano che in questo modo le fasce “più deboli” della popolazione non saranno più rappresentate in parlamento, e che non avranno più chi li potrà difendere all’interno delle istituzioni!

Ma quando mai sono state difese nelle istituzioni? Le loro misere condizioni di vita, la sempre più vasta precarietà di vita e di lavoro che caratterizza la quotidianità delle masse proletarie, stanno a dimostrare che quei partiti, quelle forze politiche in realtà hanno lavorato per ben altri scopi: hanno difeso la conservazione sociale, il buon andamento delle aziende, il deficit pubblico, gli interessi dei capitalisti e dei capitali, le istituzioni della borghesia, e le briciole che talvolta sono state distribuite a qualche fascia sociale più derelitta non hanno fatto altro che confermare il generale peggioramento delle condizioni di esistenza del proletariato, il generale immiserimento della classe lavoratrice.

Grande stupore ha suscitato il fatto che molti operai del centro-nord questa volta hanno votato per la destra, e soprattutto per la Lega di Bossi, voltando le spalle ai partiti che hanno sempre parlato in nome della classe lavoratrice. Appunto, hanno sempre parlato in nome degli operai, ma hanno sempre praticato una politica opportunista, una politica antioperaia, a partire dalle indicazioni date ai sindacati nei quali agiscono con la propria influenza. Quei partiti avrebbero potuto fare una politica diversa, una politica effettivamente a favore degli interessi operai? NO, non avrebbero potuto perché la loro visione della società, il quadro entro il quale intendono mantenere la situazione sociale è una visione del tutto borghese; l’unica differenza tra loro e le altre forze politiche della borghesia sta nel fatto che queste ultime dichiarano apertamente il proprio  schieramento a favore degli industriali, del capitale, dell’economia capitalistica.

Tutti parlano di democrazia, di “vera” democrazia, di democrazia “diretta”, e tutti si accusano vicendevolmente di non essere “veri” democratici. Ma la democrazia borghese non è altro che un metodo di governo che la classe capitalistica dominante usa per ottenere il consenso della maggioranza della popolazione (che è proletaria) alle proprie scelte di campo, economiche, politiche, istituzionali e militari, e per attenuare al massimo la possibilità da parte del proletariato di ribellarsi alla situazione di sempre maggiore sacrificio che gli è imposta. Questo metodo di governo prevede (e sovvenziona profumatamente) che vi siano consistenti forze politiche, e sociali, che esprimano l’interclassismo, ossia quella politica riformista che tende a confondere gli interessi delle differenti classi in un unico interesse generale, del “popolo”, del “paese”.

 

Proletari,

 

i governi che si sono succeduti in questi decenni avevano il compito di sviluppare e difendere gli interessi dell’economia nazionale, del prestigio internazionale del paese, a costo di qualsiasi vostro sacrificio in termini di condizioni di esistenza, di posti di lavoro, di precariato, di salari con sempre minore potere d’acquisto, di aumentata concorrenza tra proletari e non solo tra proletari italiani giovani o vecchi, uomini o donne, ma anche tra  proletari italiani e stranieri giocando  in modo bieco la carta dell’immigrazione sia come “pericolo” per la sicurezza dei cittadini italiani, sia come “risorsa” per il miglior andamento economico delle aziende, quindi per i profitto padronali!

Lo spostamento elettorale di una parte della classe operaia verso un partito come la Lega Nord (fondamentalmente razzista, intriso dei più triviali pregiudizi piccoloborghesi sulla difesa del piccolo orticello, della famiglia, della chiesa), partito che ha saputo interpretare anche se rozzamente l’anima cruda dello spontaneismo operaio, pauroso per il futuro e di perdere quel poco di riserva che “dopo tanti anni di lavoro” ci si è fatti (la casa, l’orto, il risparmio in banca o in posta), quello spostamento è l’espressione di un disagio reale che la classe operaia attraversa. Disagio provocato da decenni di assenza di lotta di classe, di quella lotta che dimostra la vitalità politica di una classe che è alla base della produzione di ricchezza di ogni paese, ma che sotto il dominio della classe borghese vive in condizioni di schiavitù salariale, dunque alla mercé degli alti e bassi del mercato, della concorrenza capitalistica, a livello nazionale e internazionale.

L’unica possibilità che la classe proletaria ha di difendere le sue condizioni di esistenza sta in una lotta del tutto indipendente dagli interessi dei padroni, perciò dagli interessi aziendali o nazionali; e questa indipendenza se la deve conquistare, organizzandosi sul terreno di un antagonismo sociale che non si può “scegliere”, perché deriva dalla struttura economica della stessa società capitalistica. Il disagio sociale che colpisce una parte consistente della classe lavoratrice deriva dalle conseguenze di un’economia destinata ad entrare ciclicamente in crisi, a causa della concorrenza internazionale e della saturazione dei mercati. Ma se questo disagio trova come risposta il solito ritornello di un paese che deve raddrizzare la propria economia, di un paese che chiede sacrifici a fronte dei quali si promettono sempre e solo palliativi, mentre è sempre più evidente che i ricchi diventano più ricchi e le classi lavoratrici cadono sempre più in miseria, è logico che nell’espressione elettorale si trasformi in una ripicca, una specie di rivalsa individuale contro chi o coloro che hanno avuto per anni fiducia da parte degli operai ma che non hanno fatto in realtà nulla sul piano della effettiva ed efficace difesa delle condizioni di esistenza proletarie.

 

Proletari,

 

il vero compito delle forze cosiddette di sinistra, ma in realtà democratiche borghesi e opportuniste, è sempre stato quello di confondere i vostri interessi di classe con quelli della piccola e media borghesia e dei grandi borghesi, facendovi credere che la vita politica democratica del paese – rappresentata in particolare dal parlamento - avrebbe permesso di ottenere stabilmente reali miglioramenti nelle condizioni di vita e di lavoro.

State constatando direttamente in questi anni che non è questa la strada.

La politica collaborazionista dei sindacati e dei partiti cosiddetti operai vi ha indotto a delegare, sempre e comunque, a istanze istituzionalizzate la difesa dei vostri interessi immediati e futuri. Ciò ha prodotto in voi una tremenda paralisi di classe. Vi fanno credere che non si può lottare per obiettivi di interesse proletario se non attraverso le organizzazioni esistenti che conciliano i vostri interessi con quelli delle aziende e dei padroni! NON E’ VERO!

Anche se solo episodicamente, come nel caso dei grandi scioperi dei ferrovieri in Francia e in Germania, gli operai stanno dimostrando che la spinta di classe non è spenta e che è possibile, se si lotta decisamente e con metodi di classe, imporre un freno al continuo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Queste lotte devono incoraggiare i proletari di ogni categoria e settore a prendere nelle loro mani, direttamente, la lotta di difesa sul terreno immediato perché soltanto lottando con obiettivi, mezzi e metodi di classe sarà possibile riconquistare il terreno della lotta politica, più generale, della lotta per un rivoluzionamento completo di una società che non solo non è più in grado di dare un futuro dignitoso alla classe dei lavoratori, ma che conduce inesorabilmente verso crisi sempre più acute ed estese che si tramuteranno, inevitabilmente, in crisi di guerra generalizzata!

 

> Per una prospettiva di vita futura è necessario tornare a lottare sul terreno dello scontro di classe!

> Per difendersi sul terreno immediato è necessario riorganizzare le forze proletarie in associazioni classiste, indipendenti dagli apparati statali e dal collaborazionismo sindacale e politico!

> Viva la ripresa della lotta di classe!

> No alla democrazia borghese, Sì alla lotta di classe!

> Viva la solidarietà fra tutti i proletari, di ogni età, sesso e nazionalità!

 

Partito comunista internazionale (il comunista) - 16 Aprile 2008

www.pcint.org

 

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