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Grecia: che la rabbia dei disoccupati e degli studenti si trasformi in combattività per la ripresa della lotta di classe del proletariato!

 

 

Assassini, assassini! E’ il grido che riecheggia nelle manifestazioni degli studenti e dei disoccupati ad Atene, Salonicco, Patrasso, Corfù, Creta, Trikala, Rodi, Kavala, Komotini, Ioannina, Drama e in molte altre cittadine della Grecia democratica e repubblicana.

Sabato sera 6 dicembre, nel quartiere Exarchia ad Atene, vicino al Politecnico, tra musica e chiacchiere tra amici, Alexis Grigoropulos, 15 anni, studente, di famiglia benestante, viene fulminato da una pallottola sparata da un poliziotto con fredda determinazione, durante un giro di vigilanza nel quartiere conosciuto per i locali frequentati dai giovani, artisti e intellettuali, multietnico, roccaforte della cosiddetta estrema sinistra. E’ la scintilla che fa scoppiare una rabbia trattenuta da molto tempo e che per giorni tiene la Grecia sotto pressione.

La situazione sociale è da tempo instabile; la disoccupazione cresce di mese in mese, la vita del tutto precaria e insicura è diventata per i giovani in Grecia, come sta diventando in tutti i paesi della ricca Europa, il loro futuro visibile. Il capitalismo, dopo aver dato, nel periodo di una certa espansione, l’illusione di consegnare alle giovani generazioni un futuro di benessere e di prosperità, ha rapidamente spezzato ogni speranza: la crisi economica, che ha indotto le banche a stringere i cordoni della borsa da un giorno all’altro, si è andata a sommare ad una evidente e conclamata corruzione diffusa nei ranghi del potere costituito, e ad una legge finanziaria che promette solo lacrime e sangue.

Da tempo la polizia usa metodi spicci e brutali nei confronti dei “giovani ribelli”, nel segno di quella politica cieca e arrogante di una borghesia dominante convinta di controllare le sacche di ribellione col solo metodo della brutalità repressiva, e di recuperare consenso nella cosiddetta opinione pubblica grazie alla “tolleranza zero” nei confronti di quelli che vengono tacciati di volta in volta come “anarchici insurrezionalisti”, “black bloc”, “disadattati”, “squatters”, “facinorosi”, “dediti al vandalismo” e chi più ne ha ne metta.

Nella rivolta di questi giorni contro la brutalità poliziesca e l’assassinio del giovane quindicenne, non sono mancati certo episodi già visti in altre situazioni simili, come ad esempio nelle banlieux di Parigi quando, per un assassinio dello stesso tipo, scoppiò incontenibile la rabbia dei giovani proletari e disoccupati delle periferie.

Il disagio sociale che la crisi capitalistica diffonde soprattutto nella classe proletaria e nelle giovani generazioni anche della piccola borghesia, colpita anch’essa dalla crisi e disorientata da un futuro rovinoso che si avvicina sempre più, è certamente il detonatore della rabbia giovanile che è pronta a scoppiare in ogni occasione mandando a fuoco qualche autovettura o spaccando qualche vetrina in una strada, in un quartiere,  in una o più città a seconda della miscela esplosiva accumulatasi nel tempo. Il governo borghese ha cercato e cercherà in ogni modo di spegnere l’incendio sociale di questi giorni, magari, come ha già fatto, rinviando a giudizio i poliziotti “colpevoli” dell’assassinio del giovane Alexis;  e immancabilmente troverà appoggio indiretto nei partiti di cosiddetta sinistra o estrema sinistra, sempre pronti ad alzare grida di dolore per la “democrazia sfigurata”, per i “diritti umani non rispettati”, per un clima sociale da “dittatura dei colonnelli”, invocando il ripristino di una democrazia buona, comprensiva dei bisogni dei giovani, attenta al futuro delle giovani generazioni. Ma è ben sotto la democrazia che muoiono gli operai sul lavoro o i giovani per mano della polizia!

La rabbia e la combattività dei giovani disoccupati e studenti potranno trovare un orientamento, uno scopo, un obiettivo sociale più solido e per il quale vale la pena di combattere, solo nella lotta di classe, nella lotta di cui il proletariato deve assumere il carico, perché il futuro prossimo o lontano non potrà essere assicurato da nessun’altra forza sociale che non sia il proletariato: l’unica classe che non ha nulla da spartire con la conservazione della società capitalistica, in tempo di espansione come in tempo di crisi; di una società in cui la ricchezza prodotta è accaparrata da una piccola minoranza di borghesi mentre la maggioranza della popolazione, costituita dalla classe proletaria, è costretta ad essere sfruttata per il profitto capitalistico e a cadere periodicamente nella miseria e nella fame, quando non sotto i bombardamenti di guerra.

> Per la ripresa della lotta di classe del proletariato!

> Per la lotta unitaria di occupati e disoccupati, giovani e anziani, immigrati e nativi, volta alla difesa intransigente ed esclusiva delle condizioni di vita e di lavoro proletarie!

> Che la morte di un giovane per mano della polizia borghese non vada semplicemente a sommarsi alle centinaia di morti sul lavoro dovute all’ingordigia e all’avidità di profitto dei capitalisti!

> Che la rivolta non sia un più che giustificato sfogo di tensione sociale e di rabbia, ma un approccio, sebbene primitivo, alla ripresa della lotta della classe proletaria organizzata in antagonismo agli interessi borghesi presenti e futuri!

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

10 dicembre 2008

www.pcint.org

 

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