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Febbre messicana, o «febbre suina», e proletariato

 

 

Dieci giorni fa apparivano le prime notizie in Europa di una epidemia che si stava diffondendo in  Messico e che è stata definita di «febbre suina»; in sostanza, di un «virus mutante altamente contagioso» come dichiarato dal ministro messicano della Sanità.

L’allerta, scattata negli Usa e in Europa, era accompagnato dalla notizia che in Messico si contavano già 20 morti «accertati» e una quarantina in corso di accertamento. Giorno dopo giorno la notizia ha conquistato le prime pagine dei giornali e le prime notizie date nei telegiornali.

L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dato immediatamente l’allarme, poiché prevedeva che il contagio, soprattutto attraverso gli spostamenti in aereo, avrebbe potuto diffondersi rapidamente in tutto il mondo. Il virus di questa febbre, appartenente alla famiglia H1N1, può trasmettersi anche da uomo a uomo, con un processo di mutazione che lo ha portato a trasmigrare dai suini all’uomo e poi dall’uomo all’uomo.

Passano i giorni e il livello di allerta si alza, dal livello 3 passa al 4 e ultimamente al 5. La pandemia è vicina. Le più grandi case farmaceutiche, già allertate al tempo dell’aviaria – che si risolse in un clamoroso bluff – vengono immediatamente coinvolte a dotare la Sanità dei rispettivi paesi di centinaia di migliaia di antivirali e di vaccini antinfluenzali (come ad esempio il farmaco antivirale Tamiflu della Roche, che in molti servizi televisivi faceva bella mostra sui tavoli dei medici!).

Il panico da «febbre suina» ha fatto il giro del mondo.

In Messico si è passati immediatamente alla chiusura di scuole, stadi, musei, biblioteche, università;  e le mascherine per riparare bocca e naso hanno fatto la loro comparsa a simboleggiare la «gravità» della situazione! Anche un solo contagiato (vero o supposto) negli Stati Uniti, in Italia, in Spagna dava la stura a fiumi d’inchiostro che alimentavano l’emergenza, il timore di entrare in contatto con l’appestato di turno!

I media danno notizia che in Messico i contagiati sono circa 3000 e i morti 150 (ma di questi, quelli morti effettivamente a causa della febbre suina, pare siano non più di venti), negli Stati Uniti una decina i contagiati e 1 morto accertato e pochi altri contagiati in altri paesi europei. Che tipo di allarme avrebbero dovuto dare allora nei mesi invernali appena trascorsi, quando i morti di malattie respiratorie e di influenza virale, ad esempio in Francia sono stati stimati in più di 6000 (1), e sicuramente in ogni altro paese europeo – dunque in paesi superindustrializzati, con ospedali attrezzati e farmaci  di ogni tipo a disposizione – e i contagiati certamente decine di migliaia? Di fronte ad una epidemia reale come questa e che si presenta puntuale, ogni anno, la società del capitale si dispone semplicemente a vendere dosi massicce di farmaci e di vaccini (perlopiù inutili e dannosi) e a seppellire i morti; e d’estate lo fa per il gran caldo!

Non va certo sottovalutata l’importanza data ad ogni forma di malattia che può trasformarsi in epidemia, e questa preoccupazione la può avere soltanto una società che ha a cuore il benessere e la salute del genere umano e che organizza la vita sociale della specie in funzione di questo benessere e della sua salute.

Ma la società borghese non ha come obiettivo la salute del genere umano, come d’altra parte non ha come obiettivo la salute dell’ambiente in cui si è sviluppata e ci costringe a vivere. Come di fronte ad ogni catastrofe «naturale» e ai disastri provocati alle persone e alle cose (i terremoti, i tsunami, le alluvioni, le eruzioni vulcaniche) emerge evidente la colpa di un’organizzazione sociale che ha a cuore esclusivamente il profitto capitalistico e la speculazione, così anche di fronte al pericolo di epidemie o pandemie la società del capitale agisce esattamente con lo stesso obiettivo: fare più affari possibili sulla pelle dei «consumatori», e in questo caso vendere più farmaci possibile; se poi l’epidemia o la pandemia non sono reali o comunque non così pericolose, nel senso che i contagiati e i morti non sono da subito un numero consistente e spaventoso, allora serve gonfiare i casi, renderli terribili, inarrestabili. E a questo ci pensano i mezzi di cosiddetta informazione, i media di tutto il mondo: più il panico si diffonde, più copie di giornali  si vendono, e più farmaci naturalmente; ci guadagnano i capitalisti che pensano solo ad accumulare profitti e ci guadagnano tutti i partecipanti all’«operazione panico», laici o preti che siano.

Ma vi è un altro aspetto da tener presente.

La politica borghese non si limita a diffondere panico attraverso il quale alimenta soprattutto nel proletariato la sensazione di generale impotenza verso forze contro le quali i proletari non hanno alcuna possibilità di resistenza; la politica borghese offre contemporaneamente una «soluzione» intesa come unico rimedio possibile: la vaccinazione in massa piuttosto che il ricorso ai nuovi farmaci appena sfornati. I capitalisti non lasciano nulla al caso, almeno nelle intenzioni. E più si sentono padroni della situazione sociale e del dominio sulle masse proletarie, più si spingono nell’utilizzo degli strumenti dell’inganno e della falsificazione della realtà; la loro propaganda è la propaganda della bugia, della mezza verità, del falso conclamato, del silenzio colpevole nelle fasi di una prevenzione che non si attua mai e delle grida rumorose e confusionarie nelle fasi di evidente speculazione.

I proletari, anche in questa occasione, sono condotti a rimettere nelle mani dei capitalisti e dei governanti borghesi la loro vita, la loro salute, il loro futuro vicino e lontano. E’ risaputo che di fronte alle sistematiche epidemie di raffreddori e di malattie respiratorie provocate molto più dall’aria irrespirabile delle civilissime metropoli superinquinate – si tratti di Città del Messico o Milano, di New York, Londra o Parigi, di Madrid, Berlino, Mosca o Singapore – che da episodiche «febbri suine» o «aviaria», la società borghese non ha alcun interesse a sviluppare ricerca medica e prevenzione perché dovrebbe distruggere il suo stesso modo di produzione che per obiettivo esclusivo ha la soddisfazione dei «bisogni del mercato» e non la soddisfazione dei «bisogni umani».

Resta il fatto che sono gli strati più poveri e proletari della popolazione che soffrono di più anche nelle epidemie; e, in tempo di crisi economica, la fragilità che caratterizza una gran parte delle popolazioni dei paesi arretrati, si diffonde anche negli strati più bassi e impoveriti delle popolazioni dei paesi più sviluppati condannandoli alla loro stessa miseria e alla loro stessa debilitazione.

La società borghese, sebbene entrata in periodo di crisi dal quale non uscirà se non tra qualche anno ma al prezzo di impoverire una parte consistente di popolazione in più, non cambia il suo obiettivo di fondo, non diventa più «umana», più «solidale», più attenta ai bisogni quotidiani delle masse lavoratrici e proletarie: è sempre costantemente, perennemente volta a convogliare le forze vive e produttive verso la valorizzazione del capitale, verso il profitto: costi quel che costi, in termini di vite umane, di danni all’ambiente, di disastri annunciati. I proletari devono sapere che da questa società non potranno ricevere alcun rimedio alle loro sofferenze, e anche quando i borghesi tenderanno la mano per concedere qualche cosa lo faranno solo per due motivi: o glielo si è strappato con la lotta, tenace e classista, o verrà dato solo allo scopo di dividere i proletari, di metterli gli uni contro gli altri, allo scopo di prepararli a ben altre sofferenze e a ben altre spaventose esperienze: quelle della guerra!

Alle operazioni propagandistiche borghesi che diffondono panico e che tendono a devitalizzare la resistenza e la lotta del proletariato per i propri interessi di sopravvivenza immediata, i proletari devono rispondere su di un terreno del tutto diverso: il terreno dell’antagonismo di classe, il terreno sul quale i proletari riconoscono solo la forza della propria classe e delle proprie organizzazioni classiste, il terreno nel quale soltanto può germogliare una solidarietà reale, una unità effettiva così forte e possente da rappresentare una barriera contro ogni influenza ideologica, oltre che «suina», che la borghesia dominante non smetterà mai di alimentare per debilitare e paralizzare la lotta proletaria.

I proletari hanno un compito storico da assolvere, il compito di farla finita con la società borghese che non ha più alcuna possibilità di portare benefici alla specie umana. Farla finita con la società borghese, con il suo modo di produzione capitalistico, con la sua ideologia, con il suo mercato, con le sue guerre, con la sua propaganda, con le sue speculazioni e le sue menzogne, è possibile solo se il proletariato prende nelle proprie mani il suo futuro, se affida il suo cammino storico al suo partito di classe che possiede l’unica scienza che può risolvere tutte le contraddizioni della società capitalistica: la teoria marxista, la teoria della rivoluzione proletaria e della dittatura di classe.

Allora, il panico cambierà direzione e si rivolgerà contro la borghesia dominante che sarà aggredita dalla paura di perdere tutti i suoi privilegi, tutte le sue risorse, tutta la ricchezza che ha esorto alla società intera, tutto il suo dominio: le catene con le quali il proletariato è stato ed è ancora schiavizzato, verranno finalmente spezzate e i borghesi, aggrediti dalla febbre da mancanza di profitto, verranno definitivamente gettati nella spazzatura della storia.

                                            


 

(1) Le cifre sono riprese dal «Bulletin Epidémiologique Hebdomadaire», 15.4.09, per i primi due mesi del 2009.

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

4 maggio 2009

www.pcint.org

 

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