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GRECIA: lacrime e sangue per i proletari!

Questa è la ricetta contro la crisi di tutte le borghesie del mondo!

 

 

Il proletariato nella morsa della politica di lacrime e sangue della sua borghesia dominante può trovare una prospettiva e un futuro soltanto nella ripresa della lotta di classe attraverso il rifiuto non solo delle micidiali misure antioperaie del governo, ma anche degli appelli alla«solidarietà nazionale», ai «duri sacrifici per il bene del paese», alla «difesa del paese e della democrazia»!

Durante tutto il 2009 e in questi primi mesi del 2010, i proletari greci hanno reagito lottando con grande determinazione, sebbene sempre influenzati da sindacati e partiti collaborazionisti, contro una situazione sociale già da tempo instabile, contro una disoccupazione via via crescente, contro un peggioramento materiale delle condizioni di lavoro e di vita che si è sempre più condensato nella precarietà e nella disoccupazione di una gran parte della gioventù proletaria greca.

Le grandi e più note organizzazioni sindacali, il Gsee, per il settore privato, e l’Adedy e il  Pame, per il settore pubblico, legati al Pasok e al Kke (partito “comunista” greco), hanno continuato a svolgere il loro ruolo di pacificatori e di pompieri sociali cercando di isolare gli strati più combattivi di lavoratori e di smorzare le tensioni che si andavano inevitabilmente accumulando indirizzandole verso la «difesa del paese dalla bancarotta» richiamandosi alla viscida retorica del patriottismo e della lunga storia di civiltà della Grecia antica!

Le misure di durissima austerità che il governo Papandreou ha deciso di prendere in ossequio agli ukase ricevuti dalla Germania (e dall’Unione Europea) e dal FMI in cambio del prestito di 110 miliardi di euro che dovrebbero servire per evitare la bancarotta dello Stato ellenico, erano nell’aria da molto tempo e in questi giorni verranno votate in parlamento. Certamente passeranno perché la classe borghese greca non ha alternative: o applica la gragnola di misure antiproletarie richieste dai banchieri riuniti a Bruxelles e a New York, e si accolla gli alti tassi di interesse applicati nei tre anni in cui Atene deve restituire il prestito, oppure la classe borghese greca è destinata all’emarginazione violenta dai grandi affari nei quali finora sguazzava a piene mani, dal settore dei trasporti marittimi a quello immobiliare a quello delle armi.

Avete mai visto una classe borghese andare spontaneamente alla rovina? Avete mai visto una classe borghese debole, come quella greca, cedere a classi borghesi più forti, come quella tedesca o americana, senza tentare fino all’ultimo di far pagare alla propria classe proletaria il peso maggiore della sua debolezza e della sua crisi? MAI!

Dal governo Papandreou non ci si poteva attendere nulla di diverso; e nulla di diverso ci si poteva e può attendere da tutte quelle forze che per decenni hanno praticato la collaborazione interclassista in nome di una “economia nazionale” e di una “democrazia” che altro non sono se non i simboli del dominio di classe della borghesia capitalistica sull’intera società, e sul proletariato in particolare. Una minoranza di grandi capitalisti ha intascato profitti a montagne sullo sfruttamento sistematico del lavoro salariato dei proletari; ha accumulato privilegi economici, politici, sociali sulla pelle dei proletari greci, dei proletari immigrati, dei clandestini come dei regolari, della gioventù come degli operai anziani e, in cambio, ha pensato bene di distribuire posti di lavoro nel settore pubblico e ammortizzatori sociali con l’intento di corrompere in profondità e in modo sistematico un proletariato che ha sempre dato segni di insofferenza e di ribellione. La crisi finanziaria e, soprattutto, la crisi economica che è seguita, ha messo alle corde la godereccia borghesia greca che non ha atteso un istante per rifarsi direttamente sul proprio proletariato.

E il proletariato è sceso più e più volte in sciopero e a manifestare il suo disagio, la sua rabbia, la sua insofferenza per condizioni di vita e di lavoro che stanno sempre più spingendolo nella miseria e nella fame. Ma anche in Grecia, come in tutti gli altri paesi, il proletariato non può contare su organizzazioni sindacali di classe e, meno ancora, su forze politiche classiste perché sono state distrutte dallo stalinismo e se ne è impedita anche soltanto la nascita. L’opportunismo, che un tempo si identificava con lo stalinismo, e che oggi si è ramificato in cento rivoli differenti ma sostanzialmente tutti confluenti in un unico sbocco, quello della palude della difesa della democrazia e dell’economia del paese – premessa, oggi, della difesa domani della “patria” in periodo di guerra imperialista – si dimostra, proprio in situazioni di tensione sociale provocata dalla crisi capitalistica e dalla conseguente crisi politica della classe dominante, come l’arma più efficace in mano al potere politico borghese per controllare, frenare, deviare, frantumare e battere il movimento del proletariato.

L’opportunismo non è soltanto quello dichiaratamente pacifista, riformista e legalitario, quello che condanna qualsiasi atto di violenza da parte di proletari che reagiscono alla violenza sistematica del capitale e dei capitalisti sul piano delle condizioni economiche e sociali, affermando il monopolio della violenza nelle sole forze comandate dallo Stato. L’opportunismo, a seconda del modificarsi delle situazioni e dei rapporti di scontro tra le forze sociali, si modifica anch’esso e può prendere senza troppe difficoltà forme radicali e anche violente che si sposano, talvolta, con la provocazione. E’ successo, ad esempio, nelle manifestazioni di masse del tutto pacifiche e democratiche, come a Genova nel 2001 durante il famoso G8, che frange di veri e propri provocatori (da una parte vestiti da poliziotti, dalla parte opposta vestiti da “black blok”) inserissero le loro azioni per caratterizzare il movimento in generale come “violento”, giustificando così la sua  repressione violenza da parte dello Stato.

Ad Atene, mercoledì 5 maggio, durante lo sciopero generale del pubblico impiego, agli scontri tra manifestanti e polizia in tenuta antisommossa si è accompagnata un’azione da “commando”, nei pressi della piazza del Parlamento, che ha provocato l’incendio di una banca – la Marfin Bank, di proprietà di un magnate della finanza e dei media – in cui 3 impiegati sono morti soffocati dal fumo dell’incendio e altri sono stati ricoverati con sintomi di asfissia. E’ certo che in una situazione di grande tensione sociale, di scontri continui tra manifestanti e polizia, ma di debolezza intrinseca del movimento di protesta (perché non è diretto da organizzazioni di classe capaci di valutare i rapporti di forza e di organizzare consapevolmente un’autodifesa di classe del movimento di sciopero e delle sue organizzazioni classiste), l’azione di commando di piccole frange facilmente prede dell’individualismo e del vandalismo allo scopo di sfogare violentemente la loro rabbia e disperazione accumulate in anni di angherie subite e di emarginazione, può generare un’ulteriore deviazione dei proletari più combattivi nel vicolo cieco del terrorismo individualista e senza sbocchi (del riformismo con la bottiglia molotov) o in quello dell’indifferentismo, del ripiegamento nella condizione di oppresso dal capitale dalla quale si cercava di uscire. Sono state fatte  ipotesi diverse: che quel commando fosse composto da elementi fascisti mimetizzati da manifestanti del Kke o da elementi assoldati appositamente dalla polizia proprio per creare episodi di violenza gratuita contro simboli del sopruso finanziario come la banca e della moda come le belle vetrine di Zara, H&M, Bershka. In ogni caso, l’aspetto più rilevante dal punto di vista di classe è che tutti gli scioperi che ci sono stati in questo ultimo anno e mezzo dimostrano che i proletari greci non digeriscono facilmente le fandonie che il governo e il Pasok, condivise con i sindacati collaborazionisti, stanno propagandando per coprire, da un lato, la vera situazione di drammatica gravità in cui versa il proletariato soprattutto giovane – nel Nord della Grecia la disoccupazione giovanile tocca il 40%! – e, dall’altro, il fatto che l’«uscita dalla crisi» non è per nulla garantita dal prestito di 110 miliardi di euro con il quale la mitica Europa Unita strangola oggi la Grecia ed è pronta a strangolare domani il Portogallo, l’Irlanda e magari la Spagna.

 Ovvia la risposta alle «violenze» da parte del governo e di tutte le forze del collaborazionismo di classe. Il premier greco, George Papandreou, mentre ribadisce senza tentennamenti che il governo non farà alcun passo indietro dalle misure draconiane che ha preso, dichiara che : «E’ ora di difendere il paese e la democrazia dalla violenza incontrollata e dall’irresponsabilità politica». La tragica fine dei tre impiegati di banca viene così assunta a dimostrazione del fatto che i proletari devono accettare i duri sacrifici richiesti dal governo – cioè disoccupazione, abbattimento dei salari, scomparsa delle tredicesime e delle quattordicesime, tagli netti ai servizi e alla sanità, immiserimento generalizzato, nessun lavoro per i giovani – perché la loro ribellione favorirebbe una violenza che si ritorce contro gli stessi lavoratori…

Il messaggio è chiaro: proletari, piegatevi alle esigenze dell’economia nazionale, alle esigenze del mercato, alle esigenze di Sua Maestà il Capitale che parla attraverso i Papandreou, le Merkel, i grandi banchieri del FMI e della Banca centrale Europea, ai quali fanno da contorno i capi dei sindacati gialli e bianchi e dei partiti falsamente “comunisti” che, mentre gridano che «i bisogni delle famiglie vengono prima dei mercati e dei profitti», lanciano l’appello ad una «indipendenza nazionale» contro i grandi paesi che speculano sulle disgrazie della Grecia e alla difesa di una «vera democrazia». Oggi la gragnola di misure antiproletarie è stata organizzata in Grecia per il proletariato greco, ma domani può essere applicata in qualsiasi altro paese.

I proletari greci stanno subendo in questo periodo le conseguenze più dure della crisi capitalistica che ha colpito tutti i paesi del mondo, compresi i grandi civilissimi e opulenti paesi occidentali, e la loro spontanea lotta contro il precipitare delle loro condizioni di vita si scontra con le barriere alzate dalle forze della conservazione sociale e del collaborazionismo interclassista a difesa dell’ordine costituito, degli interessi generali della classe borghese dominante che si esprimono sia nella difesa dell’economia nazionale sia nella difesa della democrazia parlamentare borghese che è l’inganno più raffinato nei confronti delle masse operaie.

Oggi i proletari greci hanno cominciato ad assaggiare una doppia oppressione: quella economica, che con la crisi li getta in massa sul lastrico e quella politica, che li imprigiona nelle illusioni di una democrazia che la stessa borghesia dominante straccia tutte le volte che i suoi interessi di classe vengono messi in pericolo.

La via che i proletari greci, inconsapevolmente, stanno cercando con enorme fatica e confusione nel loro ribellismo istintivo e disorganizzato, è la via che le forze opportuniste hanno da decenni tentato – finora con successo – di nascondere, falsare, mimetizzare, ostacolare, cancellare: la via della riorganizzazione classista sul terreno della lotta immediata in difesa esclusivamente delle condizioni proletarie di vita e di lavoro; la via della ripresa della lotta di classe in cui il nemico non è più il proletario immigrato o il proletario del paese vicino, in cui il nemico è la stessa borghesia nazionale che può essere di volta in volta riformista di “sinistra” o riformista di “destra”, autoritaria e fascistoide piuttosto che democratico-liberale, pacifista e tollerante piuttosto che militarista e guerrafondaia. L’intossicazione democratica e legalitaria, profusa a dosi massicce e sostenuta da una politica di ammortizzatori sociali nonostante la debolezza economica strutturale del paese, è servita e serve alla borghesia dominante soprattutto in periodo di crisi come l’attuale, perché è molto più facile piegare e battere un proletariato arrabbiato sì ma ossequioso delle regole democratiche e delle esigenze del paese che non un proletariato arrabbiato ma organizzato in modo indipendente e fedele alla difesa degli interessi propri e di tutti gli altri proletari riconosciuti come fratelli di classe!

La via che i proletari greci non hanno ancora trovato, difficoltà che oggi condividono con i proletari di tutto il mondo, è la via dell’aperto scontro di interessi fra le due classi principali della società moderna: proletariato e borghesia, la via di un dichiarato antagonismo nel quale finalmente anche il proletariato accetta la sfida che la borghesia lancia costantemente attraverso la sistematica oppressione sociale per conservare il dominio assoluto sull’intera società con tutti i privilegi che ne derivano e che fanno di questa minoranza della società la parte più odiosa e vampiresca che si possa immaginare.

I proletari, nella società borghese e capitalistica, non hanno nulla da difendere!

Difendendo l’economia delle aziende dove lavorano, l’economia nazionale tanto cara ai governanti, la patria e la democrazia, in realtà rafforzano le catene con le quali la classe dominante borghese li tiene prigionieri dei rapporti di produzione e sociali dettati dal capitalismo grazie ai quali essa è la classe dominante pur rappresentando la minoranza della società. E le parole e le azioni dei partiti e dei sindacati che hanno fatto della patria e della democrazia la ragione della loro esistenza, non andranno mai a favore dei proletari e della loro lotta di sopravvivenza, perché quei partiti e quei sindacati vivono anch’essi, come i capitalisti, sullo sfruttamento del lavoro salariato, sull’estorsione del plusvalore dal lavoro salariato: la loro corruzione ha le radici nella condivisione di interessi a conservare il modo di produzione capitalistico, i rapporti di produzione e sociali che ne derivano, il potere economico e politico che si erge su di loro, ma con un ruolo specifico, preparare il proletariato a subire e a sopportare qualsiasi tipo di sacrificio serva alla borghesia per conservare il suo potere, fino al sacrificio della vita nelle morti sul lavoro, nella repressione poliziesca, nella guerra imperialista!

Da comunisti rivoluzionari, benché la nostra voce sia sommersa dalla rumorosa  e frastornante propaganda borghese sui «valori» della democrazia, della patria, della libertà, della civiltà, continuiamo e continueremo ad indicare ai proletari la strada maestra della ripresa della lotta di classe ben sapendo che è in direzione di questa strada che i proletari riusciranno a ritrovare se stessi come militanti di una causa non individualista, non meschinamente dipendente dalla difesa della proprietà privata, non ottenebrata dai falsi miti di una libertà che nella società capitalistica ha un solo significato: libertà da parte capitalistica di sfruttare fino alla morte la forza lavoro proletaria!

Da comunisti rivoluzionari teniamo alta la parola d’ordine della lotta di classe antidemocratica, antilegalitaria, antipacifista, anticollaborazionista e quindi antiborghese; il borghese può travestirsi da democratico o da fascista, ma resta un borghese, resta un membro della classe che vive sullo sfruttamento del lavoro salariato dal quale invece il proletariato è spinto storicamente ad emanciparsi. Nella prospettiva storica degli obiettivi più alti dell’emancipazione del proletariato dal capitalismo è tracciato tutto il percorso che i proletari devo fare per risalire dall’abisso in cui le forze borghesi insieme alle forze dell’opportunismo hanno fatto precipitare i proletari in Grecia, in Europa, nelle Americhe, in Oriente, in Africa, fino al paese più sperduto nel mondo

Dalle lotte di questi anni il nostro augurio è che i proletari greci esprimano anche soltanto una piccola avanguardia di classe in grado di far tesoro delle lezioni e delle sconfitte, in grado di collegarsi con le formidabili tradizioni classiste del proletariato europeo del passato, degli anni venti del secolo scorso, al fine di riannodare il filo rosso della lotta di classe che forze sovrastanti hanno spezzato e sotterrato.

Viva la lotta del proletariato greco che si batte per una sopravvivenza dignitosa!

Viva la lotta che non si genuflette di fronte al Parlamento e alle istituzioni democratiche!

Viva la lotta proletaria che non si fa frenare dalla difesa di una falsa patria, di una falsa democrazia, di una falsa libertà!

Per la ripresa della lotta di classe e la riorganizzazione di classe del proletariato intorno ad obiettivi, metodi e mezzi che rispondano esclusivamente agli interessi di classe proletari!

 

          

Partito comunista internazionale (il comunista)

6 Maggio 2010 - Supplemento a «il comunista» n. 116

www.pcint.org

 

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