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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                        


 

Sulla strage di Orlando

Nella società borghese la strage è ormai una normalità. I motivi che muovono singole persone o gruppi di persone possono essere di diversa origine, ma sono tutti riconducibili alla degenerazione di una società che fonda la propria esistenza e il proprio sviluppo su ogni tipo di oppressione, di sfruttamento, di repressione, di violenza, di sopraffazione in nome della proprietà privata e dell’individualismo portato alle estreme conseguenze

 

 

La strage consumata ad Orlando nella notte di sabato 11 giugno, all’interno del Pulse Club in cui si erano riunite più di 350 persone per il Gay Pride, ha fatto 49 morti e 53 feriti. Il killer, colpito a morte dai poliziotti accorsi sul posto, è la cinquantesima vittima.

Essendo un locale frequentato da gay, ed essendo il killer omofobo dichiarato, i media hanno messo in evidenza che la strage è dovuta proprio a questo genere di odio per i gay; essendo il killer un seguace del fondamentalismo islamico, e in particolare di Daesh, i media hanno anche sostenuto che la strage è dovuta all’odio che i fondamentalisti islamici hanno verso i “cristiani” e verso tutti coloro che non seguono i precetti dell’integralismo islamico. I media hanno anche sostenuto che il killer – Omar Mateen, cittadino statunitense al 100% e di religione musulmana – era conosciuto e controllato dalll’FBI. Ciò nonostante… evidentemente sfuggito al controllo e armatosi di fucile d’assalto, un’arma da guerra, è riuscito nel suo intento omicida.

Come sempre in questi casi, i media cercano di disegnare un “profilo” del killer e di scavare nel suo passato, sulla famiglia di provenienza, le frequentazioni, le amicizie, in pratica facendo della tragedia una questione individuale o, tutt’al più, una questione di gruppi malavitosi o di gruppi terroristici. Di fronte a questa strage, il presidente americano Obama ha voluto sottolineare che si è trattato di “terrorismo interno”, quindi non dovuto a trame organizzate all’estero, cercando di opporsi alla canea sollevata da molti ambienti conservatori che indicavano come terroristi tutti i “musulmani”, e dando così a Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca, un argomento per racimolare qualche voto presso le comunità islamiche. Un altro corno della questione è rappresentato dalla libera circolazione delle armi, anche da guerra, contro cui Obama, durante il suo lungo periodo di presidenza, ha cercato – senza riuscirci – di porre un limite; in effetti, la Costituzione americana, al 2° emendamento, prevede che ogni cittadino americano abbia la libertà di armarsi per difendere se stesso e la sua proprietà privata. Ed è noto a tutti che la lobby delle armi in America è una delle più potenti esistenti, senza il cui appoggio – pieno o parziale che sia – nessun governo riuscirebbe a “governare”. Quindi, dietro le lacrime con le quali ogni politico, ogni istituzione, ogni borghese mostra in pubblico il proprio “dolore” per le persone uccise nelle sparatorie e nelle stragi, in realtà c’è il cinico interesse legato fondamentalmente alla difesa della proprietà privata e alla rete di interessi nella quale i singoli individui si riconoscono e che intendono affermare con ogni mezzo, sia ideologico che materiale.

Negli USA, più della metà delle armi da fuoco in mano ai civili; ogni anno, secondo il Dipartimento di Stato, si vendono circa 17 milioni di pistole e fucili, ossia più di 44 mila al giorno (1); le sparatorie non sono solo un ricordo da Far West, ma una normale rappresentazione della quotidianità della società americana, che si tratti di un assalto ad una banca o alla cassa di un supermercato, di poliziotti che abbattono dei neri, di studenti che sfogano i propri risentimenti e disagi colpendo altri studenti o di attacchi autogiustificati da motivi religiosi o settari contro la folla. Ma questi sono solo effetti di un sistema sociale che non può sviluppare se stesso e mantenersi in piedi senza alimentare ogni forma di violenza. Negli Usa, dall’inizio del 2016, in poco più di cinque mesi, vi sono state 133 sparatorie (ossia scontri a fuoco con almeno 4 persone colpite); le statistiche non dicono quanti giorni sono stati quelli in cui non è stato sparato nemmeno un colpo contro una persona, ma è molto probabile che non ve ne siano proprio o che il loro numero sia del tutto insignificante (2). Si potrebbe dedurre, da come viene dipinta l’America, che l’attitudine ad usare con grande facilità armi da fuoco per “difendere le proprie ragioni” – non importa se prodotte da follia o da esasperazione, da propensione ad atti violenti, da motivi ideologicamente settari o da “legittima” difesa della proprietà privata – sia una caratteristica dei soli Stati Uniti; in realtà, essendo il paese capitalista più avanzato del mondo, esso rappresenta più di altri lo stadio avanzato di degenerazione sociale verso cui il capitalismo, come sistema sociale, conduce tutti i paesi. Basti pensare alla continue guerre locali, che hanno punteggiato i settant’anni che ci dividono dalla fine del secondo macello mondiale, e alle quali partecipano direttamente o indirettamente le maggiori potenze imperialiste del mondo, con la loro massiccia e permanente dose di orrori e di atrocità; o alla sistematica violenza contro le donne, riguardante tutti i paesi del mondo, che appare come fosse una “calamità naturale” dovuta a fattori di deviazione individuale…

Il dominio sociale borghese, prima ancora che ideologico è materiale, è fondato sulla violenza economica e su un potere politico difeso dalla violenza militare: lo Stato, l’esercito, la polizia, che la borghesia propaganda come entità al disopra degli interessi di classe – mentre in realtà sono eretti a difesa esclusiva degli interessi della classe dominante borghese – per le leggi borghesi dovrebbero avere il “legittimo monopolio della violenza” ed essere gli unici a poterla esercitare, sebbene con tutta una serie di deroghe che le stesse leggi borghesi prevedono. Infatti, le armi sono anche merci, il loro sbocco obbligato è il mercato come per ogni altra merce; l’industria moderna è in grado di produrre non solo armi sempre più sofisticate, ma soprattutto in grande quantità, e i fabbricanti di armi, come ogni altro fabbricante, si fanno la più accanita concorrenza per vendere sempre di più, alle istituzioni, alle aziende, ai privati, all’interno del proprio paese e all’estero: nella società attuale l’importante è che vengano usate per difendere la proprietà privata, le aziende, le istituzioni pubbliche, le banche, i confini, insomma tutto ciò che “la legge” prevede; altro mercato è quello delle armi da guerra, che inevitabilmente si incrocia con quello “civile”, come dimostrano i fucili d’assalto usati nelle stragi. Ma non tocchiamo qui il tema delle guerre guerreggiate. Come in ogni ambito della vita economica e sociale, le contraddizioni di questa società non si fanno certo chiudere dalle leggi nei limiti di un cosiddetto “vivere civile” che in una società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo non è mai stato e non sarà mai un vivere nell’armonia sociale e nella fratellanza. Se al denaro succede di essere oggetto di accaparramento, con qualsiasi mezzo legale e illegale, per rafforzare la posizione sociale della classe dominante e la posizione sociale di ogni suo singolo rappresentante, alle armi succede di diventare il mezzo, non importa se legale o illegale, per difendere o per conquistare la posizione sociale di classe dominante o per ritagliarsi, come frazione della stessa classe borghese, parte del potere economico, sociale e politico esistente; il capitale, come forza sociale, non si separerà mai dalla violenza armata, perché è grazie a questa – organizzata nello Stato centrale come nelle più diverse polizie private o nelle milizie assoldate nei conflitti disseminati nei vari paesi del mondo – che la classe borghese ha conquistato il potere, lo ha rafforzato e lo difende contro ogni minaccia sia interna che esterna.

 

La violenza non è mai neutra

 

“La violenza chiama violenza”, vecchio monito ripetuto continuamente; ogni religione, mentre chiede ai ricchi di limitarsi nella ricerca spasmodica di ricchezza (e si sa bene che questa ricerca si basa su una violenza economica di base) e di provvedere in qualche modo ai poveri contribuendo così ad un “maggiore equilibrio sociale”, chiede ai violenti di pentirsi della propria violenza limitando la propria rabbia e i propri istinti e dirigendo le proprie energie verso la pace, la comprensione, la fratellanza. La chiesa di Roma è maestra in questo “insegnamento”, ma la sua predicazione, nell’un caso come nell’altro, come non ha mai fermato le guerre più devastanti così non ha mai fermato le molteplici forme di violenza che traspirano da ogni poro di questa società. Ogni religione ha costruito la propria ideologia sulla società divisa in classi, facendo sempre parte della classe dominante, assumendosi però il compito di consolare i poveri e gli sfruttati promettendo “in questo mondo” una vita nell’aldilà, ossia la “pace eterna”. Gridare contro le stragi, contro la follia di persone che improvvisamente si trasformano in spietati killer, contro la libera circolazione delle armi o contro gli “istigatori” alla violenza e al terrorismo, così come contro la guerra, senza andare alla causa profonda di questi effetti, è come ululare alla luna. Non cambia nulla e la violenza, l’assassinio, la strage, la guerra si ripresentano costantemente in un orrore senza fine.

Tutti questi aspetti possono essere spiegati solo andando alle loro vere cause. L’ideologia, la “coscienza”, l’animo, l’educazione, la cultura, il pensiero, la “civiltà” che ogni essere umano esprime sono tutti effetti determinati dalle condizioni materiali, dunque sociali, in cui gli esseri umani sono immersi; e sono le contraddizioni economiche e sociali della società divisa in classi in cui si vive che mettono in movimento i diversi e contrastanti interessi in cui sono invisibilmente accomunati i gruppi umani. Lo scontro di interessi provoca lo scontro tra le classi, scontro che matura nella società attraverso milioni e milioni di quotidiani attriti, frizioni, sbavature, strappi, fratture, cedimenti, disagi, esplosioni; e la degenerazione di una società come l’attuale, in cui la vita di ogni essere umano ha lo stesso valore di una merce, per di più deperibile, di un oggetto che dipende dall’apprezzamento che ne fa il mercato – questo luogo-non-luogo che assume il potere assoluto di vita e di morte di qualsiasi cosa esista –, genera inevitabilmente la prevalenza degli istinti più brutali e violenti non solo da parte delle classi dominanti, ma anche da parte di singoli gruppi o di singoli individui, e non si tratta soltanto di settori malavitosi e criminali della società. Questa società, come non può sopravvivere senza mercato, profitto, proprietà privata e sfruttamento del lavoro salariato – dunque senza la violenza virtuale e cinetica con cui la classe dominante borghese difende il suo potere assoluto – così non può vivere senza conflitti, scontri, guerre in ogni ambito, economico, sociale, politico, generale e individuale.

Ma le contraddizioni sociali, nella loro costante turbolenza, non riusciranno mai ad essere controllate e gestite secondo un piano che accomuni gli interessi di classi sociali che sono congenitamente antagoniste: la borghesia, grazie al suo potere economico, ha sottomesso con la violenza il proletariato per poterlo sfruttare a proprio esclusivo vantaggio di classe, e la strenua difesa del potere politico le serve per prolungare indefinitamente questo sfruttamento. L’interesse del proletariato è del tutto opposto: combattere contro lo sfruttamento cui è sottoposto ed eliminarlo dalla vita sociale. Ma la lotta necessaria per combattere lo sfruttamento del lavoro salariato, e per eliminarlo dalla vita sociale, non potrà mai essere pacifica. Sì, alla violenza borghese non si può che rispondere con altrettanta violenza di classe, la violenza del proletariato come classe sociale portatrice di una nuova società, non più basata sulla divisione in classi antagoniste, non più basata sullo sfruttamento del lavoro salariato, non più basata sul profitto capitalistico, sul mercato, sul denaro, sull’oppressione, sulla violenza permanente.

Ma la violenza non è neutra, così come la guerra o il terrorismo. La classe dominante borghese, nei suoi 200 anni e passa di potere, ha attraversato tutte le fasi storiche che una classe sociale può attraversare prima di essere battuta e sostituita dalla classe sociale più avanzata: la fase rivoluzionaria, in cui la violenza era un elemento necessario e storicamente positivo per abbattere le classi dominanti precedenti e instaurare il proprio potere politico; la fase riformista, in cui la violenza serviva per rafforzare e stabilizzare il proprio dominio di classe e per estenderlo al resto del mondo; la fase antiformista, o reazionaria, in cui la violenza serve al solo scopo di mantenere il dominio di classe pur nelle condizioni storiche di non rappresentare più un passo avanti generale della società umana, opponendosi con sempre maggiore violenza – come fecero le classi feudali contro le classi borghesi e proletarie all’epoca della rivoluzione borghese – alla propria inevitabile fine. Da anni, da quando il capitalismo ha assunto la forma imperialistica di dominio, la classe borghese è immersa nella fase storicamente reazionaria.

Ma le classi non sono formate da gruppi omogenei di individui con attitudini, abitudini, mentalità, aspirazioni, comportamenti del tutto identici. La classe sociale è tale perché determinata dalla posizione che i suoi membri occupano nei rapporti di produzione e sociali della società, da cui derivano interessi oggettivi che accomunano tutti coloro che si trovano nella stessa posizione sociale, al di sopra della specifica situazione individuale, delle proprie singole abitudini e delle proprie singole aspirazioni. Ma la forza di una classe non è la somma delle forze fisiche di ogni suo singolo componente, bensì il movimento storico nel quale essa è inserita oggettivamente: a livello sociale è l’azione che produce la “coscienza”, non il contrario, questo sostiene il marxismo. Il complesso di azioni che hanno prodotto storicamente la classe borghese, nello sviluppo economico e sociale della società, hanno formato la sua “coscienza” di classe rivoluzionaria rispetto alle classi feudali che detenevano il potere, ed è la spinta materiale del cambiamento delle condizioni economiche nella società che ha posto la classe borghese, in quel determinato periodo storico e in quelle determinate aree del mondo, alla testa di una rivoluzione generale che doveva seppellire l’organizzazione sociale preesistente. Ma sempre società divisa in classi è rimasta, pur semplificata in due grandi classi antagoniste, borghesia e proletariato. Il fatto di essere una società divisa in classi antagoniste prova che il cambiamento delle condizioni economiche della società, che l’antagonismo di classe stesso oggettivamente chiede e storicamente pretende, non potrà mai avvenire in modo pacifico, ma dovrà ripercorrere la strada dello scontro violento e armato tra la classe portatrice dell’emancipazione generale della società dal sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uomo – la classe dei senza riserve, dei senza risorse, dei senza patria, la classe del proletariato – e la classe detentrice attualmente di ogni potere, economico, sociale, politico.

I fattori oggettivi e storicamente maturi per la rivoluzione anticapitalistica esistono già da lungo tempo; sono stati definiti fin dal Manifesto del Partito Comunista di Marx-Engels nel 1848, sono stati messi alla prova nel 1871 con la Comune di Parigi, sono stati confermati nel periodo della prima guerra imperialista  mondiale e durante la vittoriosa rivoluzione d’Ottobre in Russia nel 1917 e, soprattutto, con la costituzione dell’Internazionale Comunista nel 1919-1920, la classe del proletariato si è dotata a livello mondiale di un’organizzazione che si predisponeva a dirigere la rivoluzione anticapitalistica in ogni paese del mondo. I fattori oggettivi e storicamente ancora molto forti della conservazione borghese hanno finora avuto la meglio sul movimento comunista rivoluzionario, ricacciando il proletariato nelle condizioni di asservimento totale ai poteri borghesi nel cui successo sono state determinanti le forze dell’opportunismo e del collaborazionismo interclassista, ossia quelle forze che falsamente rappresentano gli interessi di classe proletari mentre deviano le forze proletarie a sostenere l’economia aziendale, l’economia nazionale, la pace sociale, il “confronto democratico” con i rappresentanti del potere borghese, i rappresentanti dello sfruttamento sempre più cinico e bestiale del lavoro salariato. E’ in questo clima di arretramento generale delle forze proletarie dalla loro azione di classe, sia in campo rivendicativo e immediato, sia, tanto più, in campo politico e rivoluzionario, che le forme degenerative della società borghese assumono dimensioni mai viste in precedenza a livello di conflitti interborghesi, a livello di corruzione, di disoccupazione, di inquinamento, di spreco gigantesco di risorse umane e ambientali: la violenza economica, caratteristica della società borghese, si trasforma sempre più spesso in violenza armata che si diffonde nelle forme più orrende come nei bombardamenti di città intere, nelle stragi, nella repressione spesso mortale di forze e voci “d’opposizione”.

 

Solo la lotta di classe del proletariato è l'alternativa reale e storica all'oppressione capitalistica

 

Il clima sociale in cui avvengono le stragi come quella di Orlando, di Falluja, di Parigi o di Bruxelles, per citare le più recenti, il clima sociale in cui giganteggiano esclusivamente gli interessi borghesi in feroce contrasto fra di loro, non cambierà mai in virtù degli accorati appelli alla pace sociale, né in virtù dell’intervento degli Stati “colpiti” da queste azioni terroristiche che sono gli stessi Stati che hanno generato, con i loro inevitabili contrasti e con le loro guerre, le reazioni terroristiche di questo genere. Il clima sociale potrà cambiare solo con la discesa in campo del proletariato come classe, ossia organizzato in modo indipendente a difesa dei propri interessi di classe che lotta contro ogni forma di oppressione borghese, giustificata non importa come ("lotta contro il terrorismo", "lotta contro l’immigrazione clandestina", "lotta contro la malavita e la criminalità" ecc.); come classe che lotta non per ritagliarsi una fetta di potere economico e politico in questa società, ma nella prospettiva di conquistare tutto il potere politico centrale perché soltanto con questa conquista il proletariato, come classe rivoluzionaria, come classe che lotta per sé e non per la borghesia, riuscirà a scardinare le basi materiali, economiche e sociali, di una società che si basa sul modo di produzione capitalistico che mette sempre al centro dei suoi obiettivi le esigenze del capitale e della sua valorizzazione, le esigenze del mercato e del profitto capitalistico, per la soddisfazione delle quali utilizza ogni forma di oppressione, di repressione, di distruzione di vite e di prodotti che si ritenga necessaria. La vita del capitale contro la vita umana, è questa, in sintesi, l’antitesi esistente nella società attuale.

Oggi l’attività e l’azione di classe del proletariato sono ancora assenti; il suo ripiegamento nella sudditanza quasi completa alle leggi ferree del profitto capitalistico appare totale. Episodi di ribellione, di insofferenza, di lotta non mancano, certo, nei vari paesi, perfino nella Cina falsamente definita ancora “socialista” quando in realtà si sta attrezzando per diventare una potenza imperialista di tutto rispetto. Stando in questa situazione di inerzia e di incapacità nel combattere per i propri interessi di classe, il proletariato delle Americhe, d’Europa, d’Asia o d’Africa appare come una massa umana senza prospettiva, senza storia, senza visione del mondo, votata a diventare carne da macello nelle guerre, nelle stragi, o nelle fabbriche e nelle miniere. E quando in massa tenta di fuggire dalle guerre, dalla fame e da una vita senza futuro, incontra la morte nelle traversate marine, l’emarginazione nei campi profughi, il carcere o lo sfruttamento bestiale ad opera dei borghesi aguzzini che svolgono il lavoro sporco per conto dei borghesi in giacca e cravatta dei grandi marchi e delle multinazionali.

Da un proletariato in queste condizioni disastrate, sprofondato nel timor di dio e del borghese denaro, è mai possibile attendersi la prospettiva di un mondo completamente diverso e opposto a quello attuale, di un mondo senza guerre, senza fame, senza miseria, senza oppressione, senza sfruttamento? Le forze reazionarie della conservazione sociale, brandendo precetti religiosi e combattendo contro quelle che considerano le dimostrazioni del consumismo più sfrenato e le abitudini lascive di una società senza più principi e ideali, in questo lungo periodo di assenza della lotta di classe proletaria, conquistano giovani menti e cuori in ogni paese, offrendo loro la falsa illusione di poter aspirare ad una resurrezione dello spirito e della carne in un aldilà di pace, di armonia, di amore e di fratellanza per raggiungere il quale è necessario sacrificarsi in questa vita attraverso azioni dimostrative la cui maggiore violenza accelererebbe quel processo di resurrezione, colpendo nel frattempo simboli e luoghi di una società corrotta e degenerata.

Ma la degenerazione di questa società produce contraddizioni a loro volta degenerative, mettendo in movimento elementi non solo della grande borghesia, ma soprattutto della piccola borghesia che incarnano una sorta di “riscatto sociale”, di recupero di vecchie posizioni sociali privilegiate e perdute a causa della crisi economica e sociale o a causa delle guerre, elementi che vengono organizzati, foraggiati, sostenuti e protetti nella misura in cui – dormienti o non dormienti – si mettono al servizio di organizzazioni che professano ideali sedicentemente puri ma che in realtà coprono interessi prosaicamente economici in un conflitto sempre presente tra frazioni borghesi (come il petrolio iracheno o siriano dimostrano, come la tratta dei migranti o il traffico di droga confermano continuamente).

La lotta di classe tra borghesia e proletariato non è mai cessata: la borghesia ha bisogno costantemente di sfruttare il lavoro salariato perché questo sfruttamento è la sorgente dei suoi profitti, ma ha interesse a sfruttarlo sempre più al minor costo possibile, schiavizzandolo e opprimendolo con maggior forza, mentre la guerra, la strage, la repressione, l’assassinio, la fame e la disperazione diventano mezzi di pressione particolarmente efficaci nel tenere sottomesse le masse proletarie che lavorano e che, quindi, vengono sfruttate. E se le stragi avvengono a Orlando, o a Parigi o a Bruxelles, esse vengono utilizzate dalla grande borghesia come monito perché i proletari uniscano la loro forza a quella dello Stato, dell’esercito, della polizia a difesa dell’ordine costituito dagli “attacchi terroristici”. Anche in questo senso la lotta della classe borghese contro il proletariato è continua, non smette mai. All’appuntamento però manca la classe proletaria, e questa assenza dà, in un certo senso, più spazio ai conflitti interborghesi che però, di fatto, coinvolgono inevitabilmente anche le masse proletarie, come masse sottoposte ad un super-sfruttamento o come carne da macello!

Ma saranno le stesse contraddizioni della società borghese a riportare materialmente il proletariato davanti ad un bivio vitale: o reagire come classe, contro l’oppressione e la repressione borghese, combattendo sul terreno di uno scontro storico per la vita o per la morte, o sottomettersi completamente alla pressione e all’oppressione borghese, sacrificando energie, forze e vita per un sistema sociale che si avviterà sempre più in una spirale di morte e di devastazioni. La prospettiva storica della classe borghese è tramontata definitivamente da quando il capitalismo, raggiunto il suo stadio imperialistico, ha dimostrato di non poter offrire al genere umano alcun passo avanti nello sviluppo economico e sociale  se non a prezzo di un’accresciuta oppressione e un’accresciuta violenza. La prospettiva storica della classe proletaria definita scientificamente da Marx ed Engels già nel Manifesto del Partito comunista del 1848, e ribadita con forza storica da Lenin e dalle correnti marxiste conseguenti, come la corrente della Sinistra comunista in Italia a cui noi ci ricolleghiamo da sempre, non ha bisogno di essere elaborata ex novo; ha solo bisogno di essere scoperta da un proletariato che riconquista il suo terreno di classe, il suo terreno di lotta indipendente, il suo terreno rivoluzionario. Ci vorranno anni, decenni, perché questo avvenga? La storia non si fa dettare delle scadenze dalla volontà degli uomini; la ripresa della lotta di classe e la rivoluzione proletaria non sono cambiali in scadenza, passata la quale decadono. I fattori di maturazione della lotta di classe proletaria – e nei paesi a capitalismo avanzato in particolare, dove è più forte e duratura l’influenza delle forze opportuniste e collaborazioniste – possono anche allungarsi nel tempo, ma le contraddizioni della società borghese, sul lungo periodo, lavorano a favore del loro esplodere e, quindi, della possibilità che il proletariato ritrovi la via della sua lotta di classe. Ed è in questa via, in questa riconquista del terreno dello scontro di classe, che il proletariato non troverà soltanto le forze nemiche della conservazione borghese e dell’opportunismo, ma anche il partito di classe, l’organo indispensabile perché il suo movimento di classe si diriga con sicurezza e rigore verso il vero obiettivo storico della sua lotta: la conquista del potere politico, la distruzione dello Stato borghese, l’instaurazione della dittatura proletaria esercitata dal suo partito di classe, unica possibilità per attaccare e distruggere il modo di produzione capitalistico e sostituirlo con il modo di produzione socialista e, infine, con quello comunista che molto sinteticamente risponderà alla formula: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni!

 


 

(1) Vedi il “Corriere della Sera”, 14/6/2016.

(2) Ibidem.

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

19 giugno 2016

www.pcint.org

 

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