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Brasile. Il significato dell’elezione di Bolsonaro e i compiti dei proletari d’avanguardia

 

 

Il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro, un veterano del parlamentarismo brasiliano (deputato da 18 anni sotto varie etichette), denunciato da gran parte della stampa internazionale (1) per le sue dichiarazioni razziste, per le sue prese di posizione oltraggiose su diversi argomenti, le sue violente diatribe (2), è stato eletto il 28 ottobre come presidente della Repubblica contro Haddad, candidato del Partito dei Lavoratori (3). Qualche settimana prima, nelle elezioni legislative del 7 ottobre, il suo partito, il PSL (Partito Sociale Liberale) era passato da 1 a 52 seggi in parlamento.

1. L'elezione di Bolsonaro non è l'avvento del fascismo. Bolsonaro è senza dubbio anche lui un ammiratore del fascismo, un nostalgico della dittatura militare (il movimento a cui appartiene trova che questa dittatura è stata troppo dolce) ecc... Ma l'avvento del fascismo significa un cambiamento profondo non solo del regime politico (che può mantenere delle apparenze democratiche), ma soprattutto nei rapporti di forza tra le classi: in altre parole, la brutale e sanguinosa repressione  di un movimento proletario e rivoluzionario, che ha costituito una reale o potenziale minaccia per l'ordine borghese (anche se il fascismo va sempre a consolidare e accentuare una sconfitta già inflitta al proletariato dal sistema democratico e dalle forze riformiste e opportuniste).

Non c'è nulla di simile in Brasile: i circoli borghesi dominanti non hanno bisogno di istituire un regime fascista per assicurare la permanenza del loro potere economico e sociale che, sfortunatamente, non è stato minacciato da nessuno.

2. C’è chi si è indignato del fatto che, oltre a Trump, i vari governi dell'America Latina e del mondo si congratulavano con il nuovo eletto, nonostante le critiche dei media contro di lui, contro le sue dichiarazioni razziste, misogine e omofobiche, nonostante le minacce alle popolazioni amerindie e all'ambiente. Persino Maduro, il presidente del Venezuela la cui denuncia è stata uno dei temi ricorrenti della campagna elettorale di Bolsonaro (al punto di nutrire voci di un intervento militare contro quel paese nel caso del suo accesso al potere) si è congratulato con "il popolo brasiliano” per aver eletto quest'ultimo!

Dietro i tornei elettorali, il fattore fondamentale in gioco in Brasile è la "questione sociale"; o, per parlare chiaramente, la lotta di classe della borgehsia contro il proletariato - e allorta si  comprende come tutti i governi borghesi siano dalla stessa parte di Bolsonaro e che possano essere soddisfatti della sua elezione.
La vittoria di quest'ultimo (la cui campagna è stata finanziata dai grandi capitalisti, in particolare il settore agroalimentare e sostenuta dai canali dei grandi media), significa che i settori decisivi della borghesia brasiliana ritengono necessaria la creazione di un governo autoritario per risolvere i problemi che devono affrontare, voltando la pagina politica del Partito dei Lavoratori (PT); questa era una politica "riformista" basata su un accordo con le forze politiche di destra per accordare una certa soddisfazione agli strati "popolari" mentre conduceva un'azione fondamentalmente pro-capitalista. Questa politica ha funzionato per oltre un decennio, anni di rapida crescita economica del Brasile, basata in particolare sugli alti prezzi delle materie prime di cui il paese è ricco e sul boom dell'industria agroalimentare; i governi del PT sono stati quindi in grado di far vedere delle prospettive di promozione sociale ad alcuni settori e di attuare alcune misure sociali per i più poveri. Ma poiché quella politica non ha attaccato il privilegio sociale borghese ma ha difeso gli interessi capitalistici fondamentali, essa non ha ridotto per niente le disuguaglianze sociali; la persistenza della miseria è la causa principale della criminalità che devasta il paese (4). La politica Ptista, inoltre, si è accompagnata anche con una generalizzazione della corruzione politica.

Le crescenti difficoltà economiche, e poi la profonda recessione conosciuta dal paese, hanno minato questa politica, costringendo i governi PT ad adottare misure di "austerità" e "anti-sociali"; queste hanno provocato reazioni importanti nella popolazione, in particolare vasti movimenti di lotta sulla questione dei trasporti. Una delle caratteristiche di queste dimostrazioni è stata che erano dirette da correnti piccolo-borghesi ferocemente ostili a tutto ciò che evocava il socialismo e simili.

Allo stesso modo, gli scandali di corruzione hanno suscitato grandi manifestazioni popolari guidate da forze di destra che chiedevano la destituzione (che è stata finalmente ottenuta) della presidente Dilma Rousseff (del PT), sostituita dal suo vice presidente, di destra, Tremer (del PMDB); i leader del PT parlarono di un "colpo di Stato" istituzionale. Le misure anti-proletari adottate e quelle previste soprattutto dal governo Tremer hanno provocato il malcontento dei lavoratori fino al punto di obbligare i sindacati di organizzare degli scioperi generali. Ma gli apparati sindacali, in particolare quello principale, la CUT, legata al PT, riuscirono a contenere queste reazioni prospettando una vittoria della sinistra nelle elezioni di quest'anno.

Tuttavia il governo Tremer si è dimostrato in grado di utilizzare il tempo concesso dai sindacati, per far passare in parlamento le "riforme" (vale a dire, gli attacchi anti-proletari) ritenute urgenti per riavviare l’economia, non solo da parte dei capitalisti brasiliani, ma anche da parte delle istituzioni internazionali come il FMI: misure per ripristinare il tasso medio di profitto dell'economia aumentando lo sfruttamento del proletariato, in particolare sulla questione delle pensioni e la sicurezza sociale ecc .; per i capitalisti diventava necessario un nuovo governo "forte" e un nuovo orientamento autoritario.

 3. È significativo che i partiti borghesi tradizionali siano crollati alle elezioni, mentre il PT, tutto sommato, ha relativamente resistito (il PT ha il più grande gruppo parlamentare, davanti a quello di Bolsonaro). Il clientelismo del PT gli ha permesso di mantenere una certa influenza elettorale, mentre i partiti borghesi tradizionali hanno visto allontanarsi i loro finanziatori e i loro media per andare a spingere un estraneo praticamente sconosciuto; questa è la dimostrazione che i circoli borghesi più influenti hanno sentito il bisogno di voltare pagina dopo gli anni del PT, allo scopo di aumentare lo sfruttamento capitalistico, ma anche di contenere (ma non eliminare) la corruzione indissolubilmente legata alla gestione PT che si è gonfiata a tal punto, per privatizzare settori non redditizi, da diventare un ostacolo al buon andamento dell'economia. Bolsonaro è stato portato al potere non per instaurare il fascismo, ma per attaccare più a fondo i lavoratori, non per rimuovere la "Nuova Repubblica" che è succeduta alla dittatura, ma per riformarla in senso autoritario. Il suo discorso reazionario, securitario e repressivo è utile in questo contesto, mentre l'illuminata borghesia si chiude il naso di fronte ai suoi eccessi più grossolani.

4. È sbagliato credere che la vittoria dei "populisti" o dei partiti di estrema destra in Brasile o altrove, si nutrirebbe del "fallimento dei riformisti". È il successo dei riformisti che apre la via ai governi di destra; successo non in relazione alla loro propaganda e alle loro promesse elettorali, che sapevano di non poter attuare, ma in relazione alla loro effettiva funzione sulla scena della politica borghese: far passare le misure richieste dai capitalisti evitando o deviando le lotte proletarie di resistenza. Una volta che i riformisti hanno compiuto quanto potevano in questa bisogna, ecco che lasciano il passo ai governi di destra che non fanno altro che accentuare la loro politica (come le democrazie ben oliate in Europa), o sono addirittura rifiutati dalla borghesia, come è successo in Brasile, dove Dilma Roussef è stata deposta e Lula è stato incarcerato per corruzione allo scopo di impedirgli di concorrere alle elezioni presidenziali (il fondatore del PT resta comunque uno dei più popolari politici brasiliani).

 5. È assurdo lamentarsi che la democrazia è minacciata nel mondo dall'avvento di regimi autoritari o di estrema destra ecc., come se il mondo fosse vissuto fino ad oggi in una situazione soddisfacente che avrebbe dovuto essere difesa o recuperata; questa è una posizione apertamente conservatrice, antirivoluzionaria e, soprattutto, occidentalo-centrica: la "democrazia" è in realtà solo la maschera che si dà la dittatura della borghesia per mantenere la pace sociale nei paesi sufficientemente ricchi. Altrove, o quando le difficoltà economiche aumentano troppo e le tensioni sociali diventano troppo acute, la dittatura della borghesia diventa più aperta e il velo democratico scompare davanti all'instaurazione di regimi autoritari. L'evoluzione del capitalismo è inesorabilmente nella direzione della fine dello stato sociale e delle concessioni accordate dalla classe dominante nei paesi capitalisti più sviluppati per anestetizzare il proletariato - in particolare attraverso l'azione dei partiti di sinistra e delle organizzazioni collaborazioniste che si nutrono di queste concessioni. Ma la classe dominante si sforza e cercherà sempre di mantenere il più possibile la facciata della democrazia e di alimentare le illusioni democratiche così utili per la conservazione sociale. Non a caso il "fascista" Bolsonaro stesso si dichiara un "amante della libertà e della democrazia" ...

Il futuro che il capitalismo riserva, compresso com’è dalle sue ricorrenti crisi, è il peggioramento dello sfruttamento, dell'oppressione e della repressione di cui i regimi autoritari sono solo i mezzi; l'aggravamento delle tensioni intercapitalistiche e di guerra che devastano il mondo già da lungo tempo al di fuori delle democrazie occidentali e di cui queste stesse democrazie sono responsabili.

Combattere questa prospettiva è essenziale, ma non fissando implicitamente o esplicitamente l'obiettivo di tornare a uno status quo ante, a un'epoca passata di "buon" capitalismo e una democrazia "felice" - un tempo che è stato invece quello di un dominio borghese schiacciante sul proletariato e sulle popolazioni oppresse del mondo.

 6. C’è chi si è lamentato che non si sia costituito un "Fronte Repubblicano" (a immagine di ciò che si pratica in Francia dove partiti di destra e di sinistra si uniscono in nome della difesa dello Stato democratico contro il partito di estrema destra Front National, o come si vagheggia in Italia per arginare la deriva razzista) alo scopo di impedire la vittoria elettorale di Bolsonaro. Il PT ha effettivamente cercato di collegare alla sua candidatura, nel quadro di un "Fronte Democratico", delle personalità e dei partiti borghesi, ma senza molto successo: i suoi abituali partner borghesi lo hanno abbandonato come il PMDB o l'ex presidente Cardoso che ha dichiarato di non scegliere tra i due candidati.

Tuttavia tutti i partiti di "estrema sinistra" che hanno formato un "fronte" con il PT e il PCdoB per il secondo turno, come il PSOL, ma anche coloro che ricordano che se il candidato PT fosse stato eletto, questo si sarebbe posto contro i proletari, o come i trotzkisti del PSTU o del MRT (che si vantavano di non aver appoggiato mai il PT), chiamarono a votare per lui contro Bolsonaro; questo è anche il caso del piccolo sindacato CSP-Conlutas che chiamava a "bloccare Bolsonaro sia nelle urne che per strada". Far credere che sia possibile bloccare gli attacchi capitalistici - non un individuo – di cui questo individuo si fa apertamente promotore, votando per un partito filo-borghese responsabile di una serie di attacchi precedenti e che promette di farne degli altri, è una posizione opportunista, assolutamente antiproletaria. Non è sul terreno elettorale e sostenendo dei lacchè della borghesia, ma sul terreno della lotta e sulle posizioni di classe indipendenti che si può resistere ai capitalisti e ai loro governi, di destra o di sinistra che siano. Tutti coloro che diffondono illusioni sul PT e sul sistema elettorale democratico sono avversari della lotta di classe proletaria.

7. Dopo la sconfitta elettorale, i partiti e sindacati detti "operai", "socialisti" o "rivoluzionari", chiamanoa, ciacuno secondo le sue abitudini, alla formazione di "fronti" quanto più ampi possibile contro il presidente eletto e le misure che prenderà il suo futuro governo (Bolsonaro non entrerà in funzione che all'inizio del prossimo anno). Ammantano le loro belle proposte di discorsi radicali, "anticapitalisti", ma il loro atteggiamento verso le elezioni ha già mostrato cosa aspettarsi: queste parole sono solo polvere negli occhi per nascondere il loro appiattimento davanti alle forze della collaborazione di classe, come mostrato anche dal loro nazionalismo: non si può difendere allo stesso tempo la "sovranità nazionale" del Brasile (presumibilmente minacciata da Bolsonaro) e gli interessi dei proletari brasiliani.

Il proletariato del Brasile ha una ricca tradizione di lotte; senza dubbio egli combatterà di nuovo contro gli attacchi capitalisti attuali e futuri. Ma ciò che è mancato finora è un orientamento politico di classe che possa permettergli di sfuggire alle grinfie dell'opportunismo collaborazionista. Questo orientamento può essere dato solo dal partito di classe, internazionalista e internazionale, basato sul programma comunista integrale e invariante. Fare i primi passi verso la costituzione di questo partito rompendo con gli orientamenti disastrosi del PT e dei suoi satelliti è il compito dei proletari d'avanguardia, un compito che, nel periodo che si apre, diventerà sempre più imperioso.

Questo è l'unico modo per andare, non verso il miraggio dell’instaurazione di una democrazia ideale, ma per il rovesciamento della borghesia e il suo Stato, e l'instaurazione della dittatura del proletariato, in collaborazione con proletari del mondo intero, per finirla col capitalismo.

 


 

(1) La candidata di Haddad era Manuela d'Avila, membro del PC brasiliano (PC do B).

(2) Un esempio significativo: l'influente settimanale conservatore britannico The Economist ha ripetutamente denunciato Bolsonaro come un "pericolo per la democrazia" in Brasile.

(3) Nella sua ultima riunione pubblica del 21 ottobre, ha dichiarato, parlando dei partigiani del suo avversario Haddad e dei militanti di sinistra: "La pulizia che faremo sarà molto più ampia. Questa banda, se vuole restare qui, dovrà sottomettersi alla nostra legge. Oppure, lasciare il paese o andare in prigione. (...) questa patria è la nostra. Non è quella di questa gang con la bandiera rossa e il cervello indottrinato. Questi rifiuti rossi saranno banditi dalla nostra patria (...). Sarà una pulizia mai vista nella storia del Brasile. (...) Banditi del Movimento dei Senza Terra (MST), teppisti del movimento dei lavoratori senza tetto (MTST), le vostre azioni saranno qualificate di terrorismo. Voi non eserciterete più il terrore nelle campagne o nelle città. E voi Lula da Silva, se sperate che Haddad diventi presidente per firmare il decreto di grazia, io vi dico una cosa: voi andrete a marcire in prigione. Haddad vi raggiungerà anche lui. Ma non sarà per farvi visita, no. Sarà per rimanere degli anni al vostro fianco”. Queste dichiarazioni non hanno impedito al candidatoi del PT di congratularsi con lui dopo la sua elezione e augurargli buona fortuna!

(4) Un'ONG ha identificato 64.000 vittime di omicidio nel 2017, mentre nello stesso anno la polizia aveva ucciso 5.159 persone (in aumento del 20% rispetto all'anno precedente!). Le forze di repressione non hanno aspettato Bolsonaro per fare mostra di brutalità! È comprensibile che la questione dell'insicurezza sia stato un tema importante delle elezioni: il Brasile è uno dei paesi al mondo dove la criminalità è la più grande. Vedi

http://www.forumseguranca.org.br/publicacoes/anuario-brasileiro-de-seguranca-publica-2018/.

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

4 novembre 2018

www.pcint.org

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