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Algeria: solo la lotta proletaria può liberarsi del sistema capitalista!

 

 

LA MOBILITAZIONE DELLE MASSE AD UNA SVOLTA

 

Dopo oltre un mese di manifestazioni, dimostrazioni e scioperi contro la candidatura di Bouteflika - anche se del tutto impotente - per un quinto mandato presidenziale, il potere è stato costretto a indietreggiare.

Dopo aver tergiversato e grossolanamente manovrato, il 26 marzo il generale Gaïd Salah, capo di stato maggiore dell'esercito e vice ministro della Difesa nel governo dimissionario, ha infine annunciato che Bouteflika doveva essere dichiarato ineleggiibile per motivi di salute. Una transizione potrebbe quindi iniziare in conformità con le prescrizioni costituzionali (articolo 102 ecc.).

È molto chiaro che si tratta di una nuova manovra: questa transizione, che durerebbe alcuni mesi, rimarrebbe in effetti nelle mani degli attuali dirigenti. Abbandonando apertamente Bouteflika, il potere vuole guadagnare tempo per mettere in atto un restyling del sistema politico, mentre scommette sulla mancanza di respiro della mobilitazione.

Ma la profondità dell'attuale crisi politica è tale che le mezze misure e le contorsioni del potere girano a vuoto. I manifestanti, secsi sempre più numerosi a protestare in tutte le città dell'Algeria, il 29 marzo hanno risposto alla dichiarazione di Gaïd Salah ribadendo la loro richiesta di finirla non con un particolare individuo, ma con “il sistema” nel suo insieme - di cui Gaïd è uno dei pilastri!

 

LA FORZA PREVALE SUL DIRITTO

 

La crisi politica ha alimentato le rivalità tra le cricche borghesi, anche all'interno del “clan presidenziale”: mentre molti cacicchi di quest’ultimo hanno condiviso la posizione di Gaïd Salah, altri cercano una soluzione diversa per mantenere i loro posti. Sembre che un compromesso tra di loro sia stato trovato, almeno momentaneamente, con la formazione, il 31 marzo, del nuovo governo in cui sono presenti i rappresentanti di entrambe le fazioni: di fronte alle manifestazioni di strada il clan cerca di serrare i ranghi. Ma sembra che si tratti solo di una tregua ...

Tra i partiti e le personalità dell'opposizione, alcuni sostengono l'iniziativa del Capo di stato maggiore, in nome del rispetto della “legalità costituzionale”. Come se questa famosa costituzione fosse, esattamente nello stesso modo di tutti i testi di questo tipo, altro che non un pezzo di carta strappato proprio da coloro che pretendono di essergli fedeli! Dal punto di vista costituzionale, la dichiarazione di Gaïd Salah non ha alcun valore; il suo unico valore sta nel fatto che è stato pronunciato dal capo dell'esercito. E non c'è peggiore presa in giro del famoso articolo 7 della costituzione, secondo cui “il popolo è la fonte di ogni potere”: tutti sanno che la reale fonte del potere è l'esercito. È una lezione molto preziosa, data ancora una volta, che i proletari non devono mai dimenticare: la forza prevale sul diritto. Dietro tutte le costituzioni e le loro vuote frasi, in ultima istanza è la forza bruta il pilastro dello Stato e il garante del sistema economico. Ed è con la forza che si dovrà spezzarlo per sopprimere questo sistema. I borghesi vorrebbero inculcare il superstizioso rispetto della legalità e della costituzione per nascondere questa realtà. Compito difficile, perché la storia degli ultimi decenni in Algeria ha fornito prove sufficienti  per dimostrare che l'esercito non ha mai avuto scrupoli legalisti o costituzionali quando si trattava di reprimere nel sangue qualsiasi rivolta...

 

RIFORMA O RIVOLUZIONE?

 

Se tutte le corporazioni e tutte le classi, ad eccezione di una piccola “banda di profittatori”, possono ritrovarsi nell'obiettivo di “abbandonare” alcune personalità del clan presidenziale, o anche l'intero clan, questa unità si rompe immediatamente quando si pone il problema di sapere con che cosa e con chi rimpiazzarli.

Per i proletari e le masse povere, la lotta contro il “sistema” è in fondo la lotta contro un intero sistema socio-economico che li sfrutta, li opprime e reprime: il sistema capitalista, con la sua classe dominante e il suo Stato. Senza la soppressione del capitalismo, la loro situazione non può cambiare; al contrario, può solo peggiorare a causa delle crisi capitalistiche che si ripetono a livello internazionale e di cui fa parte la crisi del capitalismo algerino per la sua stretta dipendenza dal mercato mondiale. La lotta contro il capitalismo, contro lo stato borghese e contro l'intera classe dominante ne scaturisce necessariamente.

Per la borghesia e la piccola borghesia, la lotta contro il sistema è intesa solo per avere libero accesso agli affari e ai posti di comando; per loro non si tratta di lottare contro il capitalismo, ma di proteggerlo, riformarlo e rivitalizzarlo, rettificare gli “abusi” più palesi ed eliminare i corrotti più vistosi; per loro non si tratta certo di distruggere lo Stato borghese, ma di democratizzarlo; non si tratta di rovesciare la classe dirigente, ma di integrarvisi!

In una parola, mentre l'obiettivo dei proletari non può che essere quello della rivoluzione politica e sociale, l'obiettivo del borghese e del piccolo borghese è quello della riforma politica.

 

L'ILLUSIONE DELLA DEMOCRAZIA E DELL'UNITÀ NAZIONALE E’ L’ARMA PIÙ PERICOLOSA IN MANO ALLA BORGHESIA

 

Oggi, per i proletari e le masse sfruttate, l'illusione che accompagna spontaneamente l’unanimismo interclassista della mobilitazione in corso contro Bouteflika e il suo clan, è la cosa più dannosa: l'illusione della democrazia e dell'unità nazionale. La conseguenza dell'interclassismo è che gli interessi dei proletari e degli sfruttati sono messi da parte a beneficio di un preteso interesse generale che unirebbe tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro classe sociale.

Ma, in realtà, questo interesse generale non è che l'interesse del capitale. Capitalisti e disoccupati, proletari e borghesi, non hanno gli stessi interessi e, quindi, nemmeno gli stessi obiettivi. Per esempio, gli interessi di un Rebrab, il più ricco capitalista privato del paese, proprietario del gruppo Cevital, e quelli dei lavoratori che impiega nei suoi impianti sono del tutto agli antipodi: uno si è arricchito con lo sfruttamento degli altri. Se il gruppo Cevital proclama se stesso come “azienda cittadina” e afferma di sostenere il movimento in corso per la democratizzazione dell'Algeria (1), è perché sa che la “democrazia” serve i suoi interessi. Alcuni dei suoi operai gli hanno risposto nel miglior modo possibile facendo partir, il 20 marzo, uno sciopero ad oltranza (2)...

I marxisti hanno sempre spiegato che la più democratica delle democrazie non può essere che solo una facciata che nasconde la dittatura di coloro che hanno tutto (compresi i media per plasmare l'opinione pubblica), la classe borghese dominante: infatti, se quest’ultima non viene rovesciata e il capitalismo non viene distrutto, l'emancipazione dei proletari e delle masse sfruttate è impossibile. Dando l'illusione che, attraverso di essa, è possibile decidere in piena “sovranità” del proprio destino, la democrazia svolge la funzione di deviare i proletari dalla lotta aperta che è il loro unico modo per difendersi e per rovesciare l’ordine stabilito.

 

NO AI SOTTERFUGI DEMOCRATICI, SÌ ALLA LOTTA DI CLASSE!

 

Gli oppositori, dai FFS ai trotskisti, che preconizzano una “assemblea costituente”, mantengono questa mortale illusione. Nessuna assemblea costituente, nessuna istanza democratica, permetteranno mai di rimediare alle sofferenze e alle difficoltà sociali di ogni tipo causate dal capitalismo; ma, d'altra parte, possono essere un mezzo per far uscire il capitalismo algerino senza troppe difficoltà dall'attuale crisi politica. Si deve quindi denunciarli e combatterli come vicoli ciechi, sotterfugi che avvantaggiano solo la borghesia.

Dopo settimane di mobilitazione seguite da arretramenti e rallentamenti del potere, la situazione ha raggiunto un punto di svolta con la formazione del nuovo governo. Non è detto che la destituzione di Bouteflika sia sufficiente per calmare le masse. Esse tendono a voler aumentare la pressione andando al di là delle semplici proteste pacifiche per passare a un livello superiore, anche se la minaccia di ricorrere alla repressione, brandita un paio di settimane fa dal potere, non è scomparsa. L'unione interclassista sarà, comunque, condannata a scontrarsi con la realtà dell'antagonismo tra le classi.

In ogni caso, l'unica via da seguire e non illusoria è quella della lotta proletaria contro il capitalismo, la lotta di classe volta a finirla con il sistema capitalista e non semplicemente a riformarlo, peraltro solo superficialmente. Ma per far questo, il proletariato deve innanzitutto respingere le paralizzanti illusioni piccoloborghesi sull’unità popolare, per entrare nella lotta e organizzarsi su basi di classe - sia sul piano delle lotte economiche e immediate che sul piano della lotta politica rivoluzionaria, seguendo il programma storico della rivoluzione comunista internazionale.

La prospettiva di costituire le armi di classe del proletariato, e in primo luogo il suo partito, non può essere realizzata da un giorno all'altro. Oggi, può sembrare completamente fuori portata, ma è l'unica realista, la sola  portatrice del futuro.

 


 

(1) Comunicato dei 3/3 del gruppo Cevital per annullare una marcia di sostegno alla compagnia.

(2) Sciopero alla Métal Structure, nelle vicinanze di Rouiba.

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

1 aprile 2019

www.pcint.org

 

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