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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                


 

Colpo di Stato civico-militare in Bolivia

No a Morales, no a Mesa-Camacho, no all'esercito!

Per l'indipendenza di classe!

Per la lotta rivoluzionaria proletaria!

 

 

Per settimane, le forze reazionarie boliviane hanno denunciato la contestabile rielezione del presidente Evo Morales. Ciò ha provocato manifestazioni, blocchi stradali e violenza di strada.

Secondo il quotidiano Le Monde (4 novembre) «Due Bolivie, inconciliabili, si affrontano. Da un lato, un'opposizione polimorfica, divisa tra partiti politici, organizzazioni strutturate di cittadini e boliviani, tra cui molti giovani, studenti e liceali. La maggior parte proviene dalle classi medie e superiori, piuttosto meticcia e bianca, anche se vi sono gruppi indigeni. Dall'altro, i sostenitori del presidente Evo Morales che incarnano una Bolivia rurale e delle periferie: contadini, minatori, coltivatori di coca, operai e organizzazioni sindacali».

In realtà, questo non è uno scontro tra proletari e borghesi, ma tra due fazioni borghesi, una delle quali, «di sinistra», si appoggia sulle organizzazioni che praticano la collaborazione tra classi, anche per condurre una politica più indipendente da alcune istituzioni imperialiste come il FMI e la Banca Mondiale e che cerca di trovare uno sponsor alternativo nell'imperialismo cinese; mentre l'altra fa affidamento su determinati settori della piccola e media borghesia mentre cerca il sostegno di Washington. Con le dimissioni di Morales e il suo esilio in Messico, è quest'ultima a vincere lo scontro.


UN COLPO DI STATO REAZIONARIO

 

Non è certo la sedicente «mobilitazione dei cittadini», ma le manovre dei settori più reazionari della borghesia e le pressioni dell'imperialismo USA che hanno rovesciato il presidente al potere per quattordici anni.

Domenica mattina, 10 novembre, l'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) ha pubblicato un rapporto che dà ragione all'opposizione, secondo cui le elezioni del 20 ottobre scorso non sarebbero state vinte, al primo turno, da Evo Morales. Quest'ultimo ha annunciato, all’inizio, l'organizzazione di un nuovo turno elettorale e il rinnovo del Tribunale elettorale, accusato di parzialità. Durante tutta la giornata, la situazione era incerta: l'esercito, che si teneva fino ad allora da parte, ha chiesto le dimissioni del presidente, e si è unito a diverse unità di polizia che si ammutivano contro il governo.

Le «dimissioni» di Morales sono state seguite da quelle del suo vicepresidente e dei presidenti di entrambe le camere, nonché da diversi governatori e sindaci del suo partito, il Movimento verso il socialismo (MAS). Il vicepresidente del Senato, membro dell'opposizione, è subentrato a Morales e ha annunciato che nel gennaio 2020 si terranno le nuove elezioni presidenziali.   

Mesa, avversario di Morales alle elezioni presidenziali, è stato vicepresidente durante la «guerra del gas» del 2003 che ha visto la rivolta del proletariato contro l'aumento dei prezzi, al prezzo di un centinaio di morti. Durante la sua campagna, si è pronunciato per un riavvicinamento con gli Stati Uniti ed il Brasile di Jair Bolsonaro (L'Humanité, 24 ottobre). Camacho, il capo della destra e del «comitato civico» di Santa Cruz, si è pavoneggiato nella sede del governo, con la Bibbia in mano. Questo oppositore è un evangelista, un fondamentalista cristiano, orgoglioso di avere il supporto dell'imperialismo yankee. Ha chiesto l'istituzione di un "governo di transizione" con la partecipazione dei militari.

Per coronare il tutto, Trump ha accolto con favore il rovesciamento del pseudo-socialista presidente della Bolivia.

Il carattere reazionario dei nuovi padroni del paese non è in dubbio. Il Washington Post ritiene che «l'opposizione di estrema destra, [...] ora controlla chiaramente il paese» (citato da courrierinternational.fr, “Evo Morales si rifugia in Messico mentre la Bolivia affonda nel caos”, 12 novembre)

 

MOBILITAZIONE PROLETARIA CONTRO IL COLPO DI STATO

 

I proletari di La Paz e di El Alto sono insorti contro il nuovo potere. Sanno che è un nemico risoluto della loro classe, ma anche un potere revanchista che disprezza e odia le masse indiane che pensavano di aver trovato un rappresentante in Morales. Non sappiamo ancora su quali parole d’ordine si è mossa la mobilitazione operaia.

C'è un sentimento pro-Morales tra i proletari. È dovuto a un miglioramento della situazione economica e sociale: «il programma economico che Evo Morales ha messo in atto da quando è entrato in carica nel 2006 è, secondo tutti gli indicatori, il più efficace e stabile nella regione.

«Negli ultimi tredici anni, il PIL è passato da  9 miliardi di $ a oltre 40 miliardi di $, i salari reali sono aumentati, il PIL pro capite è triplicato, le riserve valutarie sono in aumento, l'inflazione non è più un problema e l'estrema povertà è scesa dal 38% al 15%, con una diminuzione di 23 punti. In confronto, nello stesso periodo, l'estrema povertà in Uruguay e Perù è diminuita solo, rispettivamente, del 2,3% e del 12%». (“Il miracolo economico della Bolivia”, Deutsche Welle citato da Courrier International, 9 agosto).

La crescita capitalista ha permesso di migliorare le condizioni di vita delle masse povere attraverso una politica di spesa pubblica e misure di ridistribuzione, come la quattordicesima nel salario annuo o le prestazioni sociali. Nonostante ciò, lo sfruttamento rimane feroce e il proletariato e i poveri contadini vivono ancora nella miseria e nel bisogno.

Lontano dalle scempiaggini «socialiste» di Morales e MAS, è uno sviluppo capitalistico che la Bolivia ha conosciuto. Questo sviluppo si è basato sulle esportazioni di materie prime, in particolare del gas.

 

IL COLLABORAZIONISMO IN UN VIVOLO CIELO

 

Anche il collaborazionismo sindacale, fedele alla sua lunga tradizione di codismo rispetto alle forze borghesi dominanti, si è alleato per il rovesciamento di Morales. La Confederazione Operaia Boliviana, a lungo uno dei suoi principali sostenitori, ha dichiarato domenica che «se, per evitare che il paese cada nella guerra civile, si rende necessario che il presidente si dimetta, è bene che si dimetta».

I partiti trotskisti hanno un'influenza innegabile in Bolivia. Questa forza è, ancora una volta, messa al servizio delle parole d’ordine tipicamente borghesi. Il Partido Obrero Révolucionario (POR Masas) chiama ad una «assemblea popolare» e a portare al potere un fronte interclassista di «lavoratori, contadini, classi medie povere» (Insurreccion, 22 ottobre 2019). I trotskisti brasiliani del Partido Operario Revolucionario (POR-Massas) denunciano il «governo anti-nazionale» di Moreno e invocano un «fronte antimperialista» (www.pormassas.org, 9 ottobre). La Liga Obrera Revolucionaria (LOR-CI) rivendica una molto classica (e molto borghese) «Assemblea costituente libera e sovrana» (www.laizquierdadiario.com, 24 ottobre) e il Movimiento Socialista de los Trabajadores per un «programma di vera nazionalizzazione di risorse sotto il controllo degli operai» (Chasqui Socialista, settembre 2019).

Da parte loro, i «marxisti-leninisti» del Partito Comunista Rivoluzionario sono anch’essi campioni delle soluzioni borghesi con una «alternativa patriottica, democratica e popolare» (tinta-roja.com, 10 novembre) e una «vera democrazia popolare» ( 22 ottobre).

 

UNA SOLA VIA D'USCITA: TORNARE ALLA LOTTA DI CLASSE

 

Come in Venezuela, i proletari non devono lasciarsi ingannare. Morales, Camacho, Mesa e compagnia, sono tutti nemici. Nessuno è preferibile all'altro. Devono essere tutti combattuti. L’«assemblea costituente», il «governo operaio e contadino», il «potere popolare»... sono solo favole che cercano di distoglierli dalla lotta di classe. Per non parlare degli appelli patriottici all'indipendenza nazionale con la nazionalizzazione delle risorse naturali o delle multinazionali.

I proletari e le masse diseredate della Bolivia dovranno affrontare gli stessi problemi indipendentemente da chi sarà il presidente, perché tutti questi politicanti borghesi, di destra o di sinistra, seguono solo le ingiunzioni del capitale. Affinché la lotta proletaria di resistenza non possa essere deviata e sterilizzata su obiettivi borghesi, dovrà attaccare il capitalismo stesso e il suo Stato, affermandosi apertamente come lotta di classe. I proletari di questo paese povero di undici milioni di abitanti hanno alle spalle una ricca tradizione di lotte operaie, ma hanno anche una lunga tradizione di tradimento da parte dei partiti che affermano di rappresentarli.

Devono fare affidamento solo sulle loro forze, non possono fidarsi di nessun salvatore; la loro prospettiva potrebbe essere quella di un'unione nazionale o popolare per difendere una forma dello Stato borghese e iel capitalismo nazionale: la loro prospettiva non può che essere quella della rivoluzione proletaria internazionale per rovesciare tutti gli Stati borghesi! Nel frattempo, l'unico modo sicuro per difendersi dai loro nemici è la lotta indipendente per i propri interessi di classe. Questa lotta di classe pone il problema della costituzione del loro organo politico, l'indispensabile partito di classe per dirigere la lotta immediata di difesa contro il capitalismo, nella prospettiva del suo rovesciamento quando condizioni oggettive lo renderanno possibile. Questo è un compito storico che non può essere risolto solo dai proletari della Bolivia, ma che richiede la collaborazione dei proletari di tutto il mondo.

 

Per la lotta di classe rivoluzionaria!

Per la rivoluzione comunista mondiale!

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

1 novembre 2019

www.pcint.org

 

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