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Rivolta a Napoli

 

 

Il primo giorno dì coprifuoco ordinato dallo “sceriffo” De Luca a Napoli è stato accolto dalla discesa in piazza di migliaia di manifestanti che attraverso i social si sono riuniti nel centro del capoluogo campano. Proteste e assembramenti anche in periferia della città.

Ma al centro storico si è riunito il grosso della protesta, concentratosi al largo San Giovanni Maggiore nei pressi dell’Università orientale. Da lì è partito un corteo che si è ingrossato durante il percorso verso la sede della Regione a via Santa Lucia. Due striscioni emblematici svettavano nel corteo, uno con la scritta : “tu ci chiudi, tu ci paghi” e un altro con la dicitura : “a salute è a primma cosa, ma senza denaro nun se cantano messe”.  Presenti con uno striscione anche i manifestanti dì Frattamaggiore.

Alla manifestazione si sono unite anche frange antagoniste. Il corteo è proseguito, diretto a S. Lucia, con veemenza, ma in modo controllato. Non è stato così nei pressi della sede di Regione Campania dove la polizia in assetto antisommossa attendeva l’arrivo dei manifestanti. A questo punto un gruppo più deciso di rivoltosi si è staccato dal corteo scatenando l’inferno. Lanci di bottiglie e cassonetti della spazzatura che venivano posti a mo’ di barricate e poi incendiati. Alcuni poliziotti venivano inseguiti e picchiati. Aggredite macchine della polizia e altre parcheggiate. Un camion dei pompieri veniva fermato per impedire di spegnere le fiamme e danneggiato. Un giornalista di Sky veniva fermato e malmenato costringendolo alla fuga.

Una parte dei manifestanti, invece, cercava il dialogo facendo una sorta dì trattativa con la polizia. In alcuni casi la polizia veniva invitata alla ribellione insieme ai rivoltosi. Infatti, nei pressi del palazzo della Regione, un plotone di celere desisteva dalla carica e, lasciando gli scudi, marciava insieme ai manifestanti. La gente allo stremo denunciava ai reporter presenti l’assenza della democrazia, “dov’è la democrazia?” urlava disperata una manifestante. Un altro ancora denunciava che un parente si doveva operare urgentemente, ma che stava rischiando di morire perché l’ospedale non lo accoglieva perché erano presenti due positivi al Covid.

Fermi sotto il palazzo della Regione i manifestanti inveivano contro il presidente De Luca con slogan dispregiativi del tipo: “De Luca figlio di puttana”. La tensione in città resta altissima. Il tutto mentre, il 31 ottobre, si procederà alla chiusura della Whirpool i cui lavoratori oramai scendono in piazza da mesi, finora ancora pacificamente...

Il governatore della Campania evidentemente ha più paura delle rivolte che del Covid. Infatti, sta premendo sul governo per un lockdown nazionale. E’ evidente lo scontro interistituzionale tra governo, regione e il sindaco di Napoli che denuncia da giorni le prevaricazioni dello “sceriffo”, il quale, forte della vittoria alle ultime elezioni per la presidenza regionale, sfodera tutta la sua tracotanza.

Napoli è da anni un crogiuolo di tensioni dovute ad una situazione economica territoriale tra le più disastrate d’Italia; tensioni che, di volta in volta, esplodono e le cause di queste esplosioni episodiche possono essere le più profonde, come la forte disoccupazione che caratterizza da sempre questo territorio, o una situazione sociale amministrata con strafottenza e tracotanza. In una situazione del genere le tensioni sono destinate non solo a perdurare, ma ad acutizzarsi. E perché le manifestazioni di rabbia provocate da intollerabili condizioni di vita non si esauriscano in improvvisi atti di violenza coi quali la rabbia si sfoga momentaneamente, ma la situazione generale non cambia, ci vuole un vigoroso atto di riscatto da parte del proletariato col quale mettere al centro della propria lotta gli interessi esclusivi di classe, organizzandosi in modo indipendente da qualsiasi apparato istituzionale ed opportunistico e lontano da qualsiasi illusione sulla democrazia.

Napoli, 24/10/2020

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

24 ottobre 2020

www.pcint.org

 

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