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L’8 marzo, da giornata di lotta proletaria è diventata festa borghese della solidarietà tra le classi, dovrà tornare ad essere di nuovo un simbolo della lotta proletaria

 

 

L’8 marzo 1917 (23 febbraio del calendario russo) le proletarie di Pietrogrado, guidate dalle lavoratrici del settore tessile, scesero in piazza per lottare contro le dure condizioni di vita subite a causa della guerra, i bassi salari, la mancanza di cibo ecc. Questa rivolta, vera origine della successiva commemorazione della giornata della donna proletaria, diede il segnale alla più grande rivoluzione che la storia abbia conosciuto, quella che portò al potere il Partito Bolscevico, all’abbattimento dello Stato borghese, alla vittoria dei soviet degli operai e dei contadini e al più diffuso appello all’insurrezione proletaria mondiale.

In quell’8 marzo, in una Russia ancora dominata dalla monarchia zarista che l’aveva portata a partecipare alla prima guerra mondiale al fianco delle potenze imperialiste francese e inglese, le donne proletarie diedero un esempio che, in breve tempo, provocò l’allargamento delle rivolte sia alle fabbriche che al fronte, dove migliaia di soldati giocarono un ruolo decisivo nel rafforzare il potere operaio che stava sorgendo attraverso i soviet. Le donne proletarie subirono non solo i rigori della vita operaia in tempo di pace, ma le condizioni particolarmente dure create dalla guerra imperialista, la penuria di cibo, di vestiario e di alloggi: mentre gli uomini lavoravano fino allo sfinimento nelle fabbriche trasformate in centri di produzione per l’industria bellica, esse portavano sulle spalle le conseguenze di un’esistenza intollerabile per gli esseri umani che veniva loro imposta in nome del superiore interesse del paese e delle esigenze dell’economia nazionale.

Queste donne proletarie non si sono sollevate in nome di un’astratta “uguaglianza”, non si sono confrontate con la polizia zarista per difendere gli interessi di tutte le donne, indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza. Insorsero, combatterono e morirono come proletarie e come tali chiamarono con il loro esempio anche il resto dei proletari in Russia e nel mondo intero a sollevarsi e lottare contro la guerra imperialista, contro tutte le fazioni borghesi, contro tutte le patrie e contro tutti negli Stati, in ogni angolo del mondo.

Il loro gesto non è stato vano. Con la rivoluzione di febbraio cadde il potere zarista e iniziò il primo episodio della rivoluzione russa. Le forze proletarie hanno combattuto, da allora, contro i partiti borghesi che portavano gli operai al mattatoio in nome non della Corona e della tradizione russa, ma della democrazia e della libertà con cui la borghesia cercava di governare il paese. Si confrontarono anche con quelle presunte correnti proletarie, come i menscevichi, che volevano sostenere lo Stato di classe borghese modernizzandone la struttura sociale, cercando un accomodamento parlamentare perché i proletari, in cambio, accettassero di continuare ad essere sfruttati e usati come carne da macello al fronte. In pochi mesi i proletari russi si sono visti balenare davanti agli occhi i pretesti religiosi, autoritari, democratici e liberali affinché l’ordine sociale potesse essere mantenuto grazie ai loro sforzi e al loro sangue. La lezione che i proletari hanno appreso è che la classe proletaria deve lottare per imporre la sua dittatura di classe, altrimenti sarà sempre soggetta alla dittatura di classe del nemico; ciò ha dato loro la forza di imporre, con il partito bolscevico, il primo Stato proletario vero e proprio nella storia. Dall’ottobre 1917 e per diversi anni, Pietrogrado e Mosca furono un simbolo del potere rivoluzionario del proletariato e i proletari di tutti i paesi vi guardarono prendendolo come esempio di ciò che la classe operaia poteva fare.

L’origine dell’8 marzo è la celebrazione della grande rivoluzione vittoriosa del proletariato. Ed è celebrato nel nome della donna proletaria perché è dalla forza che ha questa parte della classe operaia, dalla rabbia e dall’odio verso la borghesia che alberga nel suo seno, che è scoccata la prima scintilla insurrezionale . La donna proletaria, che soffre doppiamente i rigori del mondo capitalista, che aggiunge allo sfruttamento economico l’oppressione sociale imposta dalla sua condizione, fu giustamente la prima a ribellarsi alla situazione subita da tutto il proletariato russo ed europeo nel 1917. Ed è questa data e questa lotta che noi comunisti difendiamo oggi, più di un secolo dopo, e quella che la classe proletaria dovrebbe portare come sua bandiera se il suo significato non fosse stato pervertito, falsificato e sottratto per tanti anni.

Oggi 8 marzo è una festa in mano a banchieri, alle imprenditrici e alle ministre. Anche la regina lo festeggia. È diventata una data in cui le donne proletarie sono chiamate a festeggiare insieme ai loro oppressori, per lottare mano nella mano in difesa di diritti di cui le lavoratrici non potranno mai veramente godere nella società borghese. La libertà e l’uguaglianza che si rivendica in questa giornata sono la libertà e l’uguaglianza delle donne borghesi rispetto agli uomini borghesi: la libertà di sfruttare il lavoro, l’uguaglianza di dirigere lo Stato nell’esclusiva difesa degli interessi della propria classe sociale, l’unità di entrambi i sessi per mandare, ancora una volta, i proletari a uccidersi a vicenda sui fronti di guerra per difendere le superiori esigenze della nazione.

Cosa resta alla donna proletaria? Al di là delle celebrazioni istituzionalizzate, al di là dei ministeri femministi o dei governi progressisti, le lavoratrici continuano ad essere soggette ad una pesante condizione sociale: salari sempre più bassi, prezzi sempre più alti, difficoltà a trovare un alloggio, ad allevare i figli, ecc. E a questo si aggiunge la pressione specifica che subiscono in quanto donne, sia in quei paesi dove i loro diritti più elementari sono loro negati (come è il caso dell’Iran dove l’ultima ondata di proteste è iniziata con l’omicidio di una giovane donna curda.. . per non portare il velo come da regole imposte!), così come in quelle dove tali diritti sono legalmente riconosciuti ma vengono ripetutamente negati per la forza di una realtà in cui le donne continuano ad occupare un posto subordinato.

L’8 marzo 1917 era una data di lotta per la classe proletaria; l’8 marzo borghese di oggi è una celebrazione della solidarietà tra le classi, e quindi della sottomissione della donna proletaria alle esigenze della classe borghese nel suo insieme. Il trionfo di movimenti come quello femminista, riconosciuto in un paese come la Spagna come il centro ispiratore dello Stato, è il trionfo della mobilitazione delle donne proletarie dietro la bandiera dell’unità nazionale. In un periodo in cui la pace raggiunta dopo la seconda guerra mondiale, sia all’interno che all’esterno dei confini degli Stati, sembra mostrare i primi segni di esaurimento, la mobilitazione della classe proletaria è essenziale per educarla ad accettare le esigenze che la classe borghese potrebbe aver bisogno di imporle. L’esaltazione di valori apparentemente posti al di sopra delle classi sociali, come l’uguaglianza, le cosiddette "sorellanze" ecc., servono come bandiere per illudere certi settori proletari, in questo caso soprattutto donne, e portarli fuori dal campo della lotta di classe.

Dopo la sconfitta della rivoluzione proletaria del 1917 per mano dei suoi nemici esterni ed interni, apertamente borghesi o camuffati da comunisti, come fu lo stalinismo, i decenni successivi, fino ai nostri giorni, sono stati di controrivoluzione permanente e preventiva. In questa controrivoluzione che la borghesia conduce con tutti i mezzi e in ogni momento contro ogni tentativo di lotta indipendente del proletariato, cercando di smobilitarla prima ancora che emerga, correnti come il femminismo, che promettono alle donne proletarie una via d’uscita dai problemi che la loro condizione comporta senza la necessità di liquidare il sistema capitalista, fungono da potentissimi paralizzanti sociali, volti a inibire qualsiasi tipo di risposta che potrebbe essere data ai problemi specifici delle donne nel campo della lotta di classe, attraverso lo scontro con la classe borghese e la difesa intransigente delle condizioni di vita del proletariato nel suo insieme. Il femminismo, che oggi è un’ideologia dello Stato, alle questioni che toccano particolarmente la vita delle donne proletarie risponde invocando la “fine della discriminazione”, la “parità” ecc. Quando la donna proletaria perde il lavoro perché rimane incinta, la borghesia, attraverso la dottrina femminista, invoca la "corresponsabilità nell’allevamento" dei figli. Alla sorda e continua violenza sociale subita dalle donne in casa, sul posto di lavoro o per strada, la borghesia risponde raddoppiando le leggi ultrarepressive che consentono allo Stato di rafforzare il suo ruolo di polizia. E così in tutti i casi.

Dall’8 marzo 1917 ad oggi è passato più di un secolo. Siamo terribilmente lontani da episodi come quello che inscenarono quel giorno le donne proletarie di Pietrogrado. E non tanto per il tempo quanto per la profondità di una controrivoluzione che ha sprofondato la classe proletaria nella sconfitta più terribile, impedendole persino di riferirsi ai grandi avvenimenti della sua lotta di classe per comprendere il mondo attuale. Ma, prima o poi, le forze telluriche che realmente muovono la società, le stesse che la dividono in classi sociali contrapposte e che quindi tendono a erodere ogni cuscinetto che possa servire ad ammorbidire la tensione che esiste tra esse, finiranno. per perforare le fondamenta della pace sociale. All’orizzonte, forse non subito ma in avvicinamento, riappaiono le nubi che preannunciano la bufera della guerra. Ovunque le borghesie nazionali si stanno preparando a reingrassare la macchina della propaganda con cui intendono bombardare la classe proletaria. E, intanto, le condizioni di vita del proletariato continuano a deteriorarsi...

Per i marxisti rivoluzionari, la prospettiva rivoluzionaria non si concentra sul tempo che dura una singola vita umana, ma sui ritmi storici che accelerano o rallentano, ma che sempre marciano verso il trionfo definitivo della società senza classi. Per questo siamo assolutamente sicuri che l’8 marzo proletariato tornerà con tutta la forza con cui si rialzerà una classe proletaria che oggi sembra sconfitta, come gli operai russi del 1917, contro la guerra e la miseria e per la rivoluzione sociale.

 

Viva l’8 marzo proletario!

Per la ripresa della lotta di classe!

 

8 marzo 2023

 

 

Partito Comunista Internazionale

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