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L’America degli incendi e delle alluvioni

 

 

Il 2025 è iniziato in America con una serie di incendi tra i più vasti e distruttivi che la California – il cosiddetto “Golden State” – abbia mai visto, incendi durati per diverse settimane (1).

Dal pomeriggio del 7 gennaio è iniziata la catena di incendi che ha devastato l’intera zona di Los Angeles. Come agli uragani, anche ai forti venti e agli incendi vengono attribuiti dei nomi. Partendo dalla sponda del Pacifico, a ovest di Los Angels, il Palisades Fire, in soli due giorni ha distrutto oltre 4.700 ettari di territorio; a est di Los Angels, l’Eaton Fire, ha raggiunto la città di Pasadena e in una sola notte, tra il 7 e l’8 gennaio, ha distrutto circa 4.000 ettari di territorio. Poi a nord, nella Valle di San Fernando, l’Hurst fire ha divorato nella stessa notte 344 ettari e un quarto incendio, il Sunset fire, ha bruciato oltre 24 ettari in cui sorgevano molte delle ville extralusso della Hollywood Hills. I venti hanno raggiunto anche i 130 km orari, contribuendo così alla velocissima avanzata delle fiamme.

Naturalmente, le cause degli incendi, come sempre, vengono attribuite al cambiamento climatico, all’aumento della siccità, agli atti dolosi, ai guasti alle linee elettriche i cui cavi, strappati dai forti venti e caduti tra la vegetazione (che nei dintorni di Los Angeles è particolarmente folta), che, con le loro scintille, incendiano rami e sterpi che, trasportati dai venti anche a chilometri di distanza, innescano altri incendi. Sicuramente sono tutte cause plausibilissime, conosciute da decenni e a fronte delle quali ci si aspetta che il paese più potente e ricco del mondo – avendo mappato con grande precisione il territorio e avendo a disposizione tutta la strumentazione necessaria per prevedere con grande precisione e sufficiente anticipo le variazioni climatiche, la formazione dei venti e la loro direzione – sia in grado di rappresentare un esempio per tutti gli altri paesi quanto a prevenzione e interventi per limitare al minimo possibile le conseguenze di tali eventi, in termini di danni alle persone, agli edifici e alla vegetazione. Le notizie riportate dai vari media hanno parlato di 28 morti accertati e di altre 24 persone disperse, ma il conteggio non è terminato poiché, una volta domati gli incendi e iniziati gli interventi per ripulire tutta la vasta zona dai sedimenti, è possibile che si ritrovino altri morti. Pare che i danni siano costituiti da 12 mila case, edifici e veicoli distrutti o danneggiati, e interi quartieri rasi al suolo; le persone sfollate sarebbero non meno di 88mila, mentre al 14 di gennaio risultava che, nella California meridionale, 70.250 utenti del settore energetico fossero ancora privi di elettricità. I costi dei danni provocati da questi incendi? Le stime della società privata AccuWeather affermano che si aggirano tra i 250 e 275 miliardi di dollari (2).

Ma il potente e ricchissimo capitalismo americano non sfugge a una delle leggi “naturali” del suo modo di produzione, quella del profitto. Il profitto adora tutte le misure che lo salvaguardino, lo incentivino, lo sviluppino, lo assicurino, e ciò si sposa “naturalmente” con la riduzione dei costi di prevenzione – qualsiasi misura di prevenzione, tanto nei posti di lavoro, quanto nei trasporti, nelle infrastrutture, nella difesa dell’ambiente naturale, nei luoghi del tempo libero e di svago, in qualsiasi attività umana. E allora non stupisce che i pompieri intervenuti per domare le fiamme si siano ritrovati senza ricambio delle autobotti ormai senz’acqua, che non siano stati supportati da un numero sufficiente di squadriglie di aerei antincendio; non stupisce che siano soggetti a una sistematica carenza di personale che non permette di intervenire contemporaneamente su quattro vasti fronti di fuoco divampati in quattro luoghi diversi e lontani tra di loro; e non stupisce che le case e gli edifici siano divorati dal fuoco con enorme facilità, visto che sono costruiti in buona parte con legno e cartongesso, e non con pietre, mattoni e cemento. E’ evidente, d’altra parte, che mesi di siccità abbiano seccato la vegetazione trasformandola in ottimo combustibile per gli incendi. Quel che gli studiosi del clima hanno registrato e previsto da tempo è che gli eventi estremi – come ad esempio mesi molto piovosi in cui la vegetazione diventa rigogliosa, seguiti da un lungo periodo siccitoso – non sono più rari, ma diventano sempre più la norma.

A cinque mesi di distanza, sempre in America, un’altra tragedia conquista le prime pagine dei giornali e i principali servizi televisivi e radiofonici. Nel sud del Texas, , nella contea di Kerr, a un centinaio di km da San Antonio, la piena del fiume Guadalupe lo fa esondare: in 45 minuti il livello dell’acqua si è alzato di 8 metri devastando tutto ciò che incontrava sulla sua corsa. E’ così che il Mystic Camp, il campo estivo degli scout che da un secolo ospita ogni anni folti gruppi di ragazzi e ragazze in occasione dell’Indipendence day del 4 luglio, è stato completamente inondato e distrutto. Al 5 luglio un primo dato parla di 32 morti accertati e di 20-25 giovani ancora dispersi; ma nelle ore successive già si parla di 52 morti e 20 bambine disperse (3). Tutto è accaduto alle 4,26 (ora locale) di venerdì 4 luglio, mentre la gran parte dei campeggiatori dormiva nelle case mobili, nelle baite e nei bungalow dei centri estivi.

Questa piena poteva essere prevista? Certo! Ma come succede quasi sempre, l’annunciato peggioramento del tempo con piogge abbondanti era stato preso alla leggera sia dagli organizzatori del campo estivo che dallo stesso sindaco della città di Kerrville. Il New York Times, citato dal Corriere della Sera del 5 luglio, riporta che i servizi meteo di Austin e di San Antonio avevano lanciato una prima allerta, generica e di livello basso, nel pomeriggio di giovedì; solo nelle prime ore del mattino di venerdì avevano avvertito del drastico peggioramento atmosferico in quella che è considerata la «valle fluviale più pericolosa degli Stati Uniti»! Poco dopo le 4 del mattino, ora locale, il servizio meteo ha lanciato l’allerta per una «situazione particolarmente pericolosa»; alle 5,34, ora locale, l’allerta è arrivata dalla contea di Kerr. Ma il disastro era già avvenuto. Non solo, ma, riporta ancora il Corriere della Sera citato (vedi nota 3), secondo una certa Kelly ospite del campo estivo, «nessuno sapeva che questo tipo di alluvione sarebbe arrivata e non abbiamo un sistema di allerta nella zona». Queste morti e queste distruzioni potevano essere assolutamente evitate; e per di più, essendo la valle fluviale più pericolosa degli Stati Uniti, perché 750 ragazze scout, dai 7 ai 17 anni, sono state portate anche quest’anno in quel Mystic Camp per la festa del 4 luglio? Prima o poi un’alluvione poteva avvenire, come era già successo nel luglio 1987, nella stessa area, quando il livello del fiume Guadalupe si era alzato di 9 metri travolgendo uno scuolabus e un furgone che trasportavano adolescenti a un campo estivo nelle vicinanze. Morirono 10 ragazzi e altri 33 riuscirono a salvarsi aggrappandosi ai rami degli alberi fino all’arrivo dei soccorsi.

La reazione delle autorità? La solita, niente di nuovo sotto il sole... e sotto la pioggia. Trump: «Terribile, scioccante. Sono morte delle ragazze, sono in contatto con il governatore»; il governatore del Texas, Greg Abbott, proclama lo stato di emergenza e dichiara: «Non ho mai visto un posto così orrendamente devastato da un evento naturale» e, recatosi sul luogo della tragedia: «Non ci fermeremo finché non troveremo tutte le ragazze»... Ma per la conta dei morti non c’è bisogno di un governatore o di un presidente, bastano i soccorritori che sono poi quelli che realmente ci impiegano tutte le loro forze e mettono in gioco la loro stessa vita, come spesso accade.

 Neppure una parola, che fosse una, è stata dedicata alla necessità di far funzionare i sistemi di allerta, di escludere la valle fluviale più pericolosa degli Stati Uniti come luogo in cui organizzare i campi estivi, di far tesoro delle tragedie già successe perché non succedano mai più!!! Niente, silenzio assoluto! Il business non tollera interruzioni, e se queste interruzioni sono dovute a «eventi estremi»... si cerchi di  risolvere presto l’emergenza e di archiviare l’accaduto: è questo che ci si può aspettare da una società in cui la borghesia dominante è prostrata sugli interessi del profitto capitalistico, a qualunque costo!

E’ una ragione più che sufficiente per mandare all’aria questa organizzazione sociale e per sostituirla con un’organizzazione sociale che non solo si ponga come priorità i bisogni reali della specie umana e dell’ambiente naturale, ma che combatta ed escluda dai propri obiettivi tutte le attività legate al profitto capitalistico, al benessere dell’economia e della finanza capitalistica, agli interessi della minoranza di borghesi che succhia sangue e sudore dalla maggioranza costituita dai lavoratori salariati, dal proletariato.

Un proletariato che ancora oggi subisce l’influenza tossica di un democratismo e di un autoritarismo che non risolvono mai le vere questioni sociali che toccano, appunto, la stragrande maggioranza delle popolazioni; una intossicazione che è penetrata nell’organismo sociale del proletariato in profondità, indebolendone la capacità di reazione a un sistema che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che scorre dimostra di essere non solo disumano, ma crudele, assetato di sangue e sudore proletario perché solo da questo sangue e da questo sudore, con tutta la pressione e la repressione di cui è capace, riesce a ricavare il profitto capitalistico. La storia delle lotte fra le classi, anche se è dettata per lunghi decenni dalla classe dominante borghese – come accade finora – non è esclusiva della borghesia capitalistica. Saranno le sue catastrofiche contraddizioni che riproporranno sul palcoscenico della vera storia dell’uomo, e non delle merci e dei capitali, la reazione spontanea, incosciente e di massa del proletariato, reazione grazie alla quale ritroverà non solo la forza di lottare finalmente per se stesso e per i suoi interessi immediati, ma ritroverà anche il suo partito di classe, la sua guida rivoluzionaria e gli obiettivi storici. Rappresentando le forze di produzione su cui si basa lo sviluppo della società umana, il proletariato rivolgerà tutta la sua forza rivoluzionaria contro il sistema capitalistico che da più di cent’anni sopravvive soltanto sfruttando in tutto il mondo le masse di forza lavoro nelle galere del lavoro salariato e nelle guerre con cui cerca di allungare la propria sopravvivenza.

In ogni paese, il futuro è nelle mani del proletariato, creato dalla classe borghese dominante per sfruttarlo fino alla morte, ma in possesso dell’unica forza sociale su cui è possibile uno sviluppo armonico e umano dell’intera società, a condizione di utilizzarla non per rafforzare il dominio borghese ma per farlo saltare in aria una volta per tutte.

 


 

(1) Cfr. https://www.focus-it/ambiente/ecologia/los-ageles-brucia-i-quattro-fattori-che-stanno-alimentando-gli-incendi-in-california, 9 gennaio 2025; https://it.euronews.com/2025/01/23/ stati-uniti-nuovo- incendio-a-nord-di-los-angeles-ulteriori-ordini-di-evacuazione

(2) Cfr. https://it.euronews.com/2025/01/15/los-angeles-oltre-6-milioni-di-persone-ancora-minacciate-dagli-incendi

(3) Cfr. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/texas-24-morti-per-le-piogge; https://www.corriere.it/ cronache/25_luglio_05/texas-alluvione-morti-dispersi-adolescenti-fiume-guadalupe-959bb05d-092a-4f08-b278-e6f33bf0bxlk.shtml   

 

6 luglio 2025

 

 

Partito Comunista Internazionale

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