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Prises
de position - |
Libano
2006
Un’ennesima missione di pace che nasconde mire imperialiste
Proletari!
La guerra che Israele sta
conducendo in Libano ha diversi risvolti. Alcuni riguardano la politica di
Israele rispetto al proprio territorio, altri la politica imperialista
americana in Medio Oriente di cui Israele è strumento fondamentale, altri
ancora la costante instabilità di un paese come il Libano e di una popolazione
come la palestinese, indomabile da parte dei diversi Stati dell’area in cui
sopravvive separata e profuga, ma incapace storicamente di emamnciparsi
dall’oppressione nazionale cui è sottoposta da più di un secolo per mano del
colonialismo inglese prima, del sionismo poi.
Il Medio Oriente, sia per le
risorse petrolifere, sia per la posizione strategica di primissimo piano che
rappresenta, sia per l’influenza obiettiva che i movimenti politici e
religiosi, che là nascono e si sviluppano, hanno rispetto all’Europa,
costituisce nello stesso tempo un boccone succulento per ogni paese
imperialista – a partire dagli Stati Uniti – e motivo permanente di contrasto
per tutte le maggiori potenze imperialiste che dominano il mondo, oltre che per
gli appetiti delle borghesie locali.
L’irrisolta “questione
palestinese”, l’instablità del Libano, la debolezza intrinseca di Stati come la Giordania, il Kuwait, lo
Yemen, il collasso dell’Iraq sottoposto ad una guerra di spartizione interna ed
esterna; le mirei mperialiste di una potenza regionale come l’Iran che soffia
sul fuoco del terrorismo nazionalista attraverso partiti come Hamas e del
terrorismo confessionale attraverso partiti come Hezbollah; il difficile
equilibrio di Egitto, Siria, Arabia Saudita, nello scacchiere mediorientale in
cui agiscono direttamente e indirettamente approfittando della complicatezza
dei rapporti interstatali fra Stati che per la maggior parte sono stati
ritagliati dalle potenze imperialiste europee nel loro disegno di
“decolonizzazione” seguito alla 2° guerra mondiale; tutto questo, senza
dimenticare l’inserimento nell’area dello Stato di Israele con il compito
iniziale di contrastare l’influenza russa e, successivamente, di rappresentare
più direttamente gli interessi degli imperialisti occidentali, e in particolare
americani, nell’area, tutto questo forma un groviglio inestricabile di
interessi locali, regionali e mondiali dei diversi Paesi i cui capitalismi
hanno contemporaneamente bisogno di alleanze economiche e di contrasti
politici, e viceversa, per continuare a sviluppare i propri profitti.
Proletari!
I fiumi di sangue
che le popolazioni del Medio Oriente versano da più di un secolo sono sempre
più caratterizzati dal sangue di proletari e di masse diseredate e
proletarizzate che formano ormai la loro stragrande maggioranza.
In questa terra insanguinata
in cui l’oppressione salariale si mescola con l’oppressione nazionale,
con l’oppressione economica e di guerra, il capitalismo, rappresentato
dalle diverse bandiere, succhia in permanenza sudore sangue e profitti dai proletari
di ogni nazionalità. In questa terra, in cui la pace si dimostra sempre
più come un lasso di tempo più o meno breve tra una guerra e la guerra
successiva, e in cui i più spietati appetiti imperialistici – degli Stati Uniti
come della Francia, di Germania e della Gran Bretagna, dell’Italia e di ogni
altro paese che si allea nelle varie “missioni di pace” o “guerre al
terrorismo” – si combattono senza limiti; in questa terra i proletari libanesi,
palestinesi, giordani o siriani, iracheni iraniani o israeliani non hanno
alcuna garanzia di vita e di pace: il capitalismo, mascherato con i
vessilli della democrazia, della libertà, della viviltà, ed anche della
religione, continuerà in un crescendo continuo a portare sfruttamento e morte.
Proletari!
Il contingente di 15.000
soldati con i caschi blu dell’ONU che prenderà posizione in Libano nei 30 km di
“sicurezza” col confine di Israele, dopo che l’esercito, la marina e
l’aviazione di Telaviv hanno distrutto tutto ciò che poteva essere distrutto, e
al quale l’Italia del centro-sinistra partecipa con almeno 3.500 militari,
ufficialmente ha il compito di garantire il “cessato il fuoco” tra Hezbollah e
Tsahal, disarmare le milizie sciite di Hezbollah impedendo loro di agire
militarmente, e “aiutare” il governo di Beirut a ricostruire quel che
l’esercito israeliano ha distrutto, e qui il business è notevole.
La chiamano missione di
pace, ma è in realtà un’operazione di polizia imperialista al servizio
dell’imperialismo: vi partecipano italiani, francesi, turchi, spagnoli,
australiani e altri; gli americani sono invece “rappresentati” dagli
israeliani, come sempre. Per l’ennesima volta si assisterà alla farsa di
una pacificazione impossibile, tali e tanti sono gli interessi
contrastanti presenti. Mire territoriali di Israele verso il Libano e la Siria,
rivendicazioni territoriali di Libano e Siria nei confronti di Israele e
soprattutto territori palestinesi trasformati in campi di concentramento e in
aree di estrema disoccupazione e miseria dalle quali gli abitanti sono spinti
continuamente ad evadere; influenze politiche statunitensi su Israele in
particolare, ma anche su Arabia Saudita, Egitto e Giordania; influenze francesi
su Libano e Siria, influenze iraniane sugli sciiti in Iraq e in Libano; mire
espansionistiche della Turchia che guarda oltre il Kurdistan; influenze
francesi e russe sui sunniti in Iraq e sui cristiani libanesi; interessi
politici e diplomatici dell’Italia trasversali verso il Libano, Israele, Iraq e
Iran.
In questo groviglio di
interessi e di contrasti capitalistici, i proletari del Vicino e Medio Oriente
sono destinati a subire le conseguenze peggiori sia sul piano delle condizioni
di sopravvivenza quotidiana, sia in realzione al futuro dei figli e per
generazioni. Dalla 2° guerra mondiale in poi non c’è stato un giorno senza
guerra: ad un massacro in Palestina seguiva un massacro in Giordania, e in
Libano, in gitto, in Iraq e ancora in Palestina, in Israele, in Libano, in una
spirale senza fine.
Proletari!
La via d’uscita non sta
nelle missioni ONU, non sta nelle tregue provvisorie, nei ritiri “unilaterali”
o nelle “guerre lampo” perché finita una missione, una tregua, un ritiro,
ricomincia la guerra nello stesso paese o in quello accanto. Nessuna borghesia,
per quanto parli di pacificazione, è in grado di garantire un futuro di pace,
che sia a capo di un paese mediorientale o di una grande potenza imperialista.
E tantomeno i lamentosi appelli alla pace e al silenzio delle armi, che
regolarmente vengono lanciati dai pacifisti o dalla Chiesa, possono “scuotere
le coscienze” perché “decidano” di finirla coi bombardamenti e i massacri.
La via d’uscita sta
nella lotta che i proletari devono e dovranno fare contro le rispettive
borghesie, rompendo finalmente l’abbraccio soffocante di “unità nazionali” che
portano beneficio esclusivamente ai borghesi, come ormai decenni di
storia dimostrano.
Proletari italiani,
francesci, inglesi, tedeschi, spagnoli, russi, d’Europa e d’America: le nostre
borghesie imperialiste, a diverso titolo ma tutte, rappresentano interessi capitalistici
che vengono soddisfatti solo alla condizione di sfruttare sempre più
bestialmente il lavoro salariato, a partire da noi proletari occidentali per
finire ai proletari dei paesi più deboli e capitalisticamente arretrati. Le
nostre borghesie, spinte ad allearsi e a confliggere fra di loro a seconda
degli interessi nazionali in campo, usano i periodi di pace fra di loro per
dare – attraverso la guerra nei paesi più deboli – sfogo alle contraddizioni
che stanno acutizzandosi sempre più nelle viscere del modo di produzione
capitalistico, e ai contrasti interimperialisti che stanno maturando all’ombra
di crisi economiche sempre meno controllabili.
La guerra, il cinismo con
cui la borghesia israeliana affronta i massacri di civili provocati dai suoi bombardamenti
– e che nulla hanno da invidiare ai massacri provocati dai soldati americani e
inglesi in Iraq o a quelli delle truppe Nato ieri nei Balcani o in Somalia – è
ormai “strumento” e “soluzione” che la borghesia adotta per uscire dalle
situazioni di difficoltà economica e politica.
Alla guerra fra
Stati, alla guerra fra borghesie, il proletariato può opporre l’unica
alternativa valida e con una prospettiva futura: la guerra di classe, la lotta
della classe proletaria contro la classe borghese, sotto ogni cielo e qualsiasi
sia la bandiera che la borghsia levi in alto con motivazioni politiche,
economiche, razziali o religiose che siano.
La bandiera proletaria
ha un unico colore in tutto il mondo: è rossa del sangue versato in
centosessant’anni di sfruttamento e di guerre borghesi, una bandiera che
accomuna i proletari di qualsiasi nazionalità e razza in un’unica grande lotta
mondiale contro il vero nemico, il nemico di classe, la
borghesia, e prima di tutto la borghesia del proprio paese.
Proletari!
Opporsi alla spedizioni
militare in Libano è il minimo da fare, ma non basta!
Opporsi in parlamento o fare
qualche corteo non è che limitarsi alla superficie dei problemi, muoversi per
non cambiare nulla, come è già successo 24 anni sempre per il Libano, e poi per
l’Iraq, la Yugoslavia, l’Afghanistan.
L’opposizione alle avventure
militari della nostra borghesia, perché abbia effetto positivo, deve poggiare
su basi solide e queste basi sono date soltanto dalla lotta di
classe che i proletari fanno in difesa delle condizioni di vita e di
lavoro, in difesa esclusiva dei loro interessi immediati e generali.
Un proletariato che non sa
lottare efficacemente per i propri interessi economici e politici immediati è
un proletariato che non è in grado di affrontare una lotta con obiettivi più
ampi, con obiettivi politici più generali come è appunto quello di impedire la
partenza di soldati per la guerra.
I comunisti rivoluzionari
sono e saranno sempre contro le spedizioni militari della propria o altrui
classe dominante, ma sanno che soltanto la lotta di classe del proletariato può
fermare l’avventura militare della propria borghesia, che soltanto la lotta di
classe del proletariato può fermare la guerra borghese trasformandola in rivoluzione,
in guerra civile per abbattere il potere borghese e il suo Stato. Perciò i comunisti
rivoluzionari auspicano che il proletariato riprenda le sue tradizioni di lotta
anticapitalistica, a partire dalla lotta operaia in difesa delle proprie
condizioni di lavoro e di vita, rompendo i legami con il collaborazionismo
politico e sindacale che, con i ritornelli sulle “missioni di pace” e dulle
“spedizioni umanitarie”, in realtà giustificano oggi le mire imperialiste della
nostra borghesia dominante, e domani la partecipazione alla guerra mondiale.
Ø
NO ALLA GUERRA BORGHESE IN LIBANO E IN OGNI ALTRO
PAESE!
Ø
NO ALLE AVVENTURE MILITARI MASCHERATE DA MISIONI DI
PACE E SPEDIZIONI UMANITARIE!
Ø
CONTRO L’IMPERIALISMO IN OGNI SUA MANIFESTAZIONE!
Ø
PER LA SOLIDARIETA’ TRA PROLETARI DI TUTTI I PAESI E
LE NAZIONALITA’ COINVOLTI NELLA GUERRA!
Ø
PER LA RIPRESA DELLA LOTTA DI CLASSE A PARTIRE DALLA
LOTTA PER IL SALARIO E LA GIORNATA DI LAVORO!
Ø
CONTRO IL COLLABORAZIONISMO POLITICO E SINDACALE CHE
GIUSTIFICA LA POLITICA DEI SACRIFICI ALL’INTERNO E LA POLITICA IMPERIALISTA
AL’ESTERO!
Ø
PER LA LOTTA DI CLASSE PORTATA FINO IN FONDO, FINO
ALLA RIVOLUZIONE PROLETARIA E COMUNISTA!
Partito comunista internazionale
1 Maggio 2006
www.pcint.org