Back

Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                        


 

29 marzo 2012. Sciopero generale in Spagna

Contro i tagli e le misure antioperaie della borghesia!

Contro la politica collaborazionista dei sindacati gialli!

 

 

Lo sciopero generale proclamato con grande anticipo dai sindacati collaborazionisti, e coi metodi della conciliazione fra le classi indirizzati a provocare il minor danno possibile agli interessi del padronato e del capitale, ha in realtà lo scopo di sfogare la tensione sociale che si sta accumulando, dati i continui licenziamenti e la crecita continua della disoccupazione, facendo credere alle masse proletarie che la forza del capitale e della classe dominante borghese sia invincibile e che l’unica possibilità che le masse operaie hanno a disposizione sia quella di concertare con il padronato e il governo una “riforma del lavoro” che attenui un po’ i previsti e pesanti sacrifici che la classe dei lavoratori dovrà ulteriormente sopportare.

Ma questo sciopero, proprio perché improntato alla collaborazione interclassista, non avrà alcun effetto positivo; si dimostrerà un completo fallimento perché non farà fare nessun decisivo passo indietro alla borghesia.

La classe dominante borghese intende salvare i propri profitti, recuperando anche quelli persi nella crisi del suo sistema economico, a spese del proletariato e non avrà alcuno scrupolo nei confronti del proletariato, come è dimostrato ampiamente da tempo in Grecia e come sta già avvenendo in Portogallo, in Italia, in Gran Bretagna. La classe dominante borghese sa per esperienza che coi metodi democratici, della conciliazione sociale e della collaborazione interclasista, può ottenere risultati molto più duraturi rafforzando il proprio dominio sull’intera società, e per questo ha bisogno dei partiti operai opportunisti e dei sindacati operai collaborazionisti perché usino la loro influenza per controllare il proletariato mantenendolo nella più ferma sottomissione alle esigenze del profitto capitalistico. La classe dominante borghese, però, nel caso in cui i metodi della concertazione democratica non fossero sufficientemente veloci e affidabili per i suoi interessi, è in grado di usare anche i metodi della repressione più cruda e cieca, come ha dimostrato molte volte finora.

I proletari devono aprire gli occhi e prendere finalmente atto che per difendersi dalla gragnuola di misure antioperaie che si vuol far passare come “Riforma del Lavoro”, devono cambiare completamente mezzí e metodi di lotta: questi devono rispondere esclusivamente agli interessi immediati dei proletari; i proletari devono organizzare la propria lotta sul terreno aperto e inconciliabile della lotta di classe! La “Riforma del Lavoro” che vogliono il governo, il padronato, i partiti opportunisti e i sindacati collaborazionisti, anche se la loro concertazione produrrà qualche ritocco del tutto marginale, è una legge borghese che difende gli interessi borghesi contro gli interessi operai!

Negli ultimi anni, l’economia dei principali paesi capitalisti ha conosciuto un terribile colpo. Dal 2008, l’anno in cui iniziò la crisi, la caduta generale del tasso di profitto ha precipitato la borghesia del mondo intero in una crisi senza precedenti, gettando nella spazzatura tutti i proclami e tutte le promesse di aver trovato la soluzione per ottenere una crescita economica ininterrotta e che, inoltre, avrebbe fatto scomparire definitivamente l’antagonismo fra le classi sociali, preteso in via di dissoluzione. Allo stesso modo si affermava che gli scontri fra i grandi imperialismi sarebbero terminati in virtù di un reciproco avvicinamento sotto gli auspici dei poteri miracolosi del commercio.

Ma le leggi che fanno funzionare il modo di produzione capitalistico sono inesorabili. Dopo un lungo decennio di crescita economica, la crisi è riapparsa con forza e violenza moltiplicate a causa del fatto di essere stata compressa per lungo tempo con mezzi di contenimento che sono serviti solo ad aggravarla. E oggi se ne possono vedere dappertutto le conseguenze. In Portogallo, In Inghilterra, in Italia e ora in Spagna. Le borghesie di tutti i paesi colpiti mettono in azione una gragnuola di misure destinate a ristabilire il profitto capitalistico. Dato che questo dipende esclusivamente dal plusvalore estorto al proletariato, queste misure non possono consistere in nient’altro che nell’aumento dello sfruttamento del lavoro salariato. Aumento dei ritmi di lavoro, abbattimento dei salari, riduzione dei costi del lavoro e liberalizzazione assoluto dei licenziamenti... ma anche riduzione progressiva di tutti gli ammortizzatori sociali che lo Stato, sorto dallo sviluppo economico degli anni sessanta e settanta, concesse per tacitare le condizioni minime di esistenza del proletariato che permettevano di continuarne il brutale sfruttamento che il proletariato conosce sempre, in tempi di crisi e di prosperità.

La Riforma del Lavoro messa in piedi dal governo del Partito Popolare con la totale acquiescenza del nazionalismo catalano e basco, e nell’indifferenza delle altre formazioni parlamentari limitatesi unicamente a proteste formali contro questo o quell’aspetto di dettaglio, non è che una delle misure adottate dlala borghesia spagnola negli ultimi due anni. L’obiettivo di questa Riforma, come quello delle precedenti, è precisamente di adattare il quadro giuridico-legale che permetta alla classe dominante di gestire la mnodopera utilizzata per produrre nel modo più profittevole, annullando diritti che ancora resistono, degradando le condizioni di lavoro in tutte le categorie, aggiungendo nuove misure che permettano di accrescere lo sfruttamento di coloro che lavorano come di coloro che vengono getatti nella disoccupazione..., esigendo, in definitiva, dai proletari uno sforzo ancora maggiore per rimediare alla situazione di crisi, caricando in questo modo sulle spalle dei lavoratori tutto il peso della ripresa economica in nome dell’interesse generale.

Ma, come le leggi che reggono il capitalismo sono inflessibili per quanto concerne la sua incapacità di assicurare il benessere generale, le leggi che reggono lo sviluppo storico, cioè le leggi che determinano l’antagonismo fra le classi, non conoscono pause. Nella misura in cui si succedono le riforme destinate a far ricadere le conseguenze dellla crisi sul proletariato, colpendo anche le classi sociali intermedie, la tensione sociale non ha cessato di accrescersi. La serie di massicce mobilitazioni dopo il 15 maggio dello scorso anno fino alle ultime manifestazioni stidentesche di Valencia e Barcellona, passando per le frequenti manifestazioni sindacali degli ultimi mesi, sono state causate dal malessere sociale percepito anche da strati sociali non proletari (studenti, professionisti senza lavoro ecc.) e in seguuito dagli elementi più combattivi del proletariato. La situazione sociale è opggi molto più calda che un anno fa ed è la ragione per la quale le centrali sindacali hanno convocato lo sciopero generale per il 29 marzo.

Ciò non significa che queste organizzazioni hanno deciso di opporsi al continuo degrado delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia; ma la pressione naturale di quest’ultima di fronte alla situazione nella quale sta precipitando ha obbligato questi sindacati gialli a convocare lo sciopero col duplice obiettivo, di porsi alla testa di una mobilitazione che serva come valvola di sfogo della tensione sociale accumulata durante gli ultimi tempi e di recuperare l’influenza sulle masse proletarie allo scopo di mantenerle sottomesse alle più dure esigenze del capitalismo in crisi.

Per le direzioni interclassiste delle organizzazioni sindacali, si tratta di orientare il malessere generale verso una specie di invaso nel quale imprigionare i proletari che cominciano a sentire la necessità di lanciarsi nella lotta classista, e perciò hanno organizzato lo sciopero garantendo più del 30% dei servizi minimi, con un mese di preavviso, cercando soprattutto di non danneggiare la produzione. Si tratta, per loro, di fare uno sciopero per dimostrare che la forza operaia deve essere utilizzata soltanto nei confini delle compatibilità economiche del capitale e della conciliazione democratica. Naturalmente lo sciopero non servirà a niente fintantoché resterà imprigionato nei limiti democratici della difesa dell’economia nazionale, della difesa dei pretesi interessi comuni fra padroni e lavoratori, e fintantoché  lo sciopero non diventerà un’arma della lotta proletaria limitandosi invece ad essere una specie di referendum sull’accettazione o meno della Riforma del Lavoro.

La borghesia non rinuncerà mai alla sua intenzione di schiacciare i proletari sulle sue esigenze, e le organizzazioni sindacali gialle, che cercano unicamente la conciliazione coi padroni, non li difendono di sicuro. I proletari devono scegliere: continuare ad accettare di essere sottomessi sacrificandosi sempre più o difendere i propri interessi immediati di classe! In una parola, dovranno scegliere fra lottare per la propria classe o difendere il loro paese!

Per lottare i proletari dovranno rigettare tutte le vie che portano alla conciliazione fra le classi, tutti i richiami a prendersi in carico le necessità pretese comuni ai proletari e ai borghesi. Essi dovranno riprendere il cammino dello scontro fra le classi, cammino che richiede metodi e mezzi di classe nella lotta di difesa come nella lotta di offesa, attraverso organizzazioni proletarie classiste che nascano per estendere e approfondire i conflitti immediati in cui saranno inevitabilmente coinvolti differenti gruppi di lavoratori... Solo in questo modo, seguendo il cammino dell’antagonismo aperto, sui luoghi di lavoro e nei quartieri operai, in difesa incondizionata delle condizioni di esistenza della loro classe, i proletari potranno prepararsi ai futuri conflitti sociali, ai prossimi scontri fra le classi che bisognerà sostenere per resistere alla forza devastatrice del capitalismo.                     

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

24 marzo 2012

www.pcint.org

 

Top

Ritorno indice

Ritorno archivi