Back

Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                        


 

La bomba alla scuola di Brindisi.

Violenza che trasuda da ogni poro della società borghese!

 

 

Sabato 19 maggio, ore 7.45, Brindisi, davanti alla scuola professionale Morvillo Falcone, una bomba viene fatta esplodere con il chiaro intento di provocare una strage. E’ l’ora in cui arrivano i pulmann che portano le studentesse dalla provincia; in particolare vengono colpite le studentesse che giungono da Mesagne. Una ragazza muore, altre sono ferite seriamente, una è in pericolo di vita. Fosse stata fatta esplodere dieci minuti dopo, mentre la maggioranza degli studenti raggiungevano la scuola, sarebbe stata una strage di proporzioni enormi.

Da tempo, nel brindisino, secondo le cronache, le organizzazioni malavitose stanno operando non più nel silenzio, con intimidazioni e attentati. A Mesagne qualche settimana prima le forze dell’ordine hanno proceduto a 16 arresti di appartenenti a queste organizzazioni. Prima coincidenza: le studentesse colpite dall’attentato provenivano da Mesagne.

Quello stesso sabato, nella scuola Morvillo Falcone si sarebbe dovuta tenere una celebrazione del ventennale dalla strage di Capaci dove il giudice Falcone, la moglie Morvillo e gli uomini di scorta saltarono per aria per un attentato mafioso. Nella stessa scuola sarebbe dovuta giungere anche la “carovana antimafia” organizzata da “Libera” che voleva unirsi a quella celebrazione. Seconda coincidenza: la scuola Morvillo Falcone costituisce un simbolo della “lotta contro le mafie”, della “legalità contro l’illegalità” per la quale aveva anche vinto un concorso tra le scuole su questo tema.

 

Colpire i giovani, colpire i giovani studenti e le studentesse in particolare, sembrava non dovesse mai essere l’obiettivo delle organizzazioni mafiose. E con questa convinzione le “autorità”, dal ministro dell’Interno agli inquirenti locali, hanno teso ad escludere la mano della mafia e ad indirizzare, invece, i sospetti su “terroristi” o su qualche “squilibrato in guerra con il mondo”, anche se, a parole, continuavano a tenere aperte “tutte le piste”. Come sempre succede, i poteri borghesi affrontano fatti del genere cercando il o i colpevoli, come se la causa di questi fatti fosse sempre estranea alle condizioni sociali in cui si vive e si è costretti a vivere. Ma la realtà racconta una cosa ben diversa, soprattutto quando si tratta di azioni e di attentati della “criminalità organizzata” o del “terrorismo nero”. La stessa strage di Capaci, come l’attentato al giudice Borsellino, per citare i fatti più noti e oggetto delle celebrazioni istituzionali di questi giorni, dopo vent’anni sono ancora avvolti nel buio più completo: gli organi dello Stato preposti alla difesa della legalità non sono mai giunti a scoprire la tanto agognata “verità”, come d’altra parte è dimostrato anche per gli attentati di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, dell’attentato al treno Italicus e via elencando. Criminalità organizzata e terrorismo nero sono spesso accomunati da coperture istituzionali, da quelli che la stessa stampa borghese ha chiamato “servizi segreti deviati” che sono sempre riusciti non solo a deviare le indagini su false piste, ma a coprire a tal punto collusioni, infiltrazioni, manipolazioni, tanto che oggi la cosa che più si sente dire è: non si saprà mai la verità!

Talvolta qualche “colpevole” viene scoperto, o viene offerto dalle stesse organizzazioni malavitose, e qualche boss viene imprigionato, ma questo non ha mai debellato il malaffare, la malavita, la devianza, la sopraffazione, le estorsioni, le intimidazioni, gli attentati, le uccisioni. Ciò significa che le cause non sono estranee alle condizioni sociali in cui si vive in questa società, ma affondano le proprie radici proprio in questa società, nelle sue basi materiali, nelle sue basi economiche. Da queste ultime si rigenerano continuamente i fattori devianti, malavitosi, criminali che costituiscono la profonda natura della società capitalistica: la società che mette al centro di se stessa la proprietà privata, il profitto, il guadagno, l’accumulazione di ricchezze a scapito della stragrande maggioranza degli esseri umani che popolano la terra, non può che generare violenza, violenza sistematica poiché è solo con un rapporto di forza favorevole che la classe borghese dominante – che è minoritaria nella società – riesce a mantenere il proprio dominio, i propri privilegi, la propria supremazia su tutte le altre classi e, in particolare, sulla classe proletaria dal cui sfruttamento intensivo ed estensivo i capitalisti estraggono il loro benessere privato!

Al di là di chi sono stati gli attentatori di Brindisi, e al di là di chi sono i mandanti di quell’attentato, il vero mandante è la classe borghese dominante che, mentre si nasconde dietro le litanie sulla lotta alla mafia e alla violenza, mentre si dedica a ricordare i suoi difensori morti “nello svolgimento del proprio dovere”, mentre si appella dopo ogni attentato alla “coesione nazionale” e all’educazione alla legalità, si rivolge alle giovani generazioni perché esse si impegnino ad avere fiducia nella “verità” che viene sistematicamente negata dalle stesse istituzioni; quelle giovani generazioni alle quali la classe dominante borghese toglie, oggi, in concreto, ogni speranza nel futuro, ogni prospettiva di lavoro e di benessere economico e, domani, quando la crisi della società capitalistica batterà  a colpi di cannone, toglierà la stessa vita in una guerra che, dalla fine della seconda guerra imperialista, ha continuato a fare morti, invalidi, affamati ora in una o in un’altra parte del mondo, gettando nella disperazione e nella miseria più nera milioni di esseri umani. Non è forse questa la violenza più bestiale,  più cieca che anonimamente colpisce milioni di persone ogni giorno?

 

Le giovani vite colpite a Brindisi, come allo stesso modo sono state colpite, in mille altre situazioni apparentemente più “normali”, le vite di donne e di persone inermi, sono in realtà vittime sacrificali del capitalismo, di questo vorace divoratore di energie e forze umane al solo scopo di accumulare profitti e ricchezze. La società borghese in cui si sviluppa il capitalismo è un ambiente che degenera progressivamente: la violenza economica e sociale di cui è intriso il sistema economico capitalistico, organizzata in forme stabili nelle istituzioni statali, è in realtà incontenibile e diffonde le sue spore su ogni attività umana; la criminalità organizzata non è che l’altra faccia di una società votata alla sopraffazione delle classi e dei ceti sociali più deboli e disorganizzati. Il fatto poi che vi siano degli individui che agiscono contro altri individui usando la violenza più bestiale non dimostra affatto che essi sono preda di una “pazzia” isolabile, una volta presi e riconosciuti “colpevoli”, da una pacifica e armoniosa convivenza civile. Nella società borghese la convivenza civile, pacifica e armoniosa non esiste: questa società è costituita da classi opposte tra di loro da interessi immediati e storici antagonistici, e finchè la classe borghese domina, la violenza di classe con la quale essa esercita il suo potere e difende il suo dominio non cesserà di esistere. I rapporti di forza che regolano la vita sociale sotto il capitalismo si esprimono attraverso la violenza sia virtuale che cinetica, e la classe dominante usa contemporaneamente tutte le forme di entrambe le violenze.

 

Perché la società sia organizzata non sul dominio di una classe sulle altre, non sullo sfruttamento che la classe dominante borghese impone al proletariato, ma sulla convivenza civile, pacifica e armoniosa, bisogna sradicare le cause profonde delle contraddizioni sociali, dei contrasti e degli antagonismi fra le classi. Ma lo sradicamento delle cause profonde della violenza di classe della borghesia non può avvenire che opponendole altrettanta violenza di classe da parte dell’unica classe che ha la forza storica e la condizione sociale per rappresentare la prospettiva di una società non più basata sulla proprietà privata, sull’appropriazione privata della ricchezza sociale, sul denaro, sul mercato, sul profitto capitalistico, in una parola sul capitalismo, ma sulla soddisfazione dei bisogni dell’uomo e non del mercato.

La prospettiva storica della rivoluzione proletaria e comunista che il marxismo ha affermato da metà dell’Ottocento in poi è l’unica prospettiva nella quale le energie sociali del proletariato, e della gioventù, hanno interesse ad indirizzarsi. Si piangono i morti per infortuni sul lavoro, per malattie professionali, per le cosiddette calamità naturali o per le guerre di rapina o per attentati, ma tutto poi torna come prima! E si piangeranno altri morti ed altri ancora.

Perché questo interminabile tormento finisca bisogna affidarsi all’unica forza sociale in grado di opporsi al mostro capitalista: il proletariato e la sua lotta di classe, per la ripresa della quale i comunisti rivoluzionari lavorano al di fuori delle illusioni lottarmatiste e dell’avventurismo insurrezionalista.

La violenza della società borghese sarà fermata solo dalla violenza rivoluzionaria che il proletariato esprimerà nella sua ampia e duratura ripresa della lotta di classe!

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

23 maggio 2012

www.pcint.org

 

Top

Ritorno indice

Ritorno archivi