Dialogato coi Morti

(Sul XX Congresso del Partito Comunista Russo)

( «il programma comunista», nn. 5, 6, 7, 8, 9,10 e 13 del 1956 )

 

 

INDICE

 

--Premessa alla riedizione

--Dialogato coi Morti :

--Viatico per i lettori

--Giornata prima

--Giornata seconda

--Giornata terza :

Antimeriggio

Basso Pomeriggio

Vespro

Sera

--Complementi al "Dialogato coi Morti" :

La Russia nella grande rivoluzione e nella società contemporanea

A) Ripiegamento e tramonto della rivoluzione bolscevica

B) La mentita opposizione tra le forme sociali russe ed occidentali

C) Il sistema socialista alla FIAT?

--APPENDICE :

Plaidoyer pour Staline (1956) 

 

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Viatico per i lettori

 (Premessa alla pubblicazione del volumetto Dialogato coi Morti pubblicato dal partito nell'aprile 1956)

 

 

Una chiara comprensione del presente lavoro comporta (quasi necessariamente) la conoscenza del «Dialogato con Stalin», stampato nel 1953 a cura dello stesso movimento, da cui l’attuale pubblicazione deriva.

Nelle pagine con cui questo scritto si apre è detto abbastanza sul collegamento cronologico e sulla natura tutta speciale del «contraddittorio» che qui seguita a svolgersi.

Colla premessa del 1953 al «Dialogato con Stalin» davamo chiara ragione di tre tempi di quell’antico e profondo contrasto.

Nel primo tempo, che andò dal 1918 al 1926, può dirsi che trattavasi di una divergenza sulla tattica, nel seno di un movimento che tendeva allo stesso comune fine, della Terza Internazionale Comunista, fondata sulle rovine della Seconda caduta nell’opportunismo social-patriottico, e nella scia della Rivoluzione russa di Ottobre 1917. L’ala sinistra del socialismo italiano, da cui noi deriviamo, nella guerra e nel dopoguerra lottò, dal 1914, per rompere con ogni versione democratica e pacifista del socialismo, e coronò la sua lotta con la fondazione a Livorno nel gennaio 1921 del Partito Comunista d’Italia. Nel seno del movimento internazionale questa corrente sostenne tesi che divergevano da quelle dell’Internazionale Comunista e dello stesso Lenin, quanto alla tattica parlamentare e a quella tendente a debellare i partiti operai opportunisti, negando che a ciò fossero validi i metodi detti allora del fronte unico, e peggio del governo operaio.

Questo bagaglio di contributi, che contenevano una esplicita denunzia contro pericoli di degenerazione, ebbe per tappe i congressi di Mosca dal 1920 al 1926 e congressi del partito italiano a Roma nel 1922 e a Lione nel 1926

Nel secondo tempo, dopo il 1926, la dirigenza si svolse fino alla separazione organizzativa e politica, in cui la posizione di sinistra fu ovunque battuta fieramente, mentre le sue previsioni di rivoluzione della maggioranza dominante in Russia Europa ed Italia trovavano gravi conferme. In Russia vinceva la falsa teoria della costruzione della società socialista russa senza e al di fuori della rivoluzione proletaria internazionale, e l’opposizione che su questo e altri punti restava fedele alle tradizioni bolsceviche e di Lenin soccombeva, diffamata e sterminata. In Europa il rinvio dell’ondata rivoluzionaria e il consolidarsi insolente del capitalismo avevano come risposta disfattista e imbelle il passaggio dei comunisti nelle file di blocchi con partiti e classi non proletarie, col fine non del rovesciamento della borghesia, ma della salvezza della borghese democrazia liberale.

Nel terzo tempo, colla seconda guerra mondiale, fu chiaro che il dissenso si era allargato ad abisso incolmabile di dottrine e di principii, col totale rinnegamento da parte del Kremlino e delle sue aggregazioni estere del marxismo rivoluzionario, nei capisaldi difesi e rivendicati dopo la prima guerra da quelli che lottavano come Lenin e con Lenin. Furono gettati i partiti esteri nella collaborazione social-nazionale, nella prima fase in Germania, nella seconda in Francia, Inghilterra ed America. La consegna di Lenin per il disfattismo entro ogni paese imperialista belligerante e l’abbattimento del potere militare e civile dei capitalisti, si tradusse in una lega con gli Stati che erano bellicamente alleati di Mosca, mentre contro gli Stati a lei nemici si lottava non per distruggervi la borghesia, ma per ripristinare le sue forme liberati, uccise nella teoria da Marx e da Lenin, schiacciate per sempre materialmente nell’interno della Russia, sia rivoluzionaria, che imperiale.

Questo tempo segnò la liquidazione organizzativa e teoretica dell’Internazionale di Lenin e di Ottobre: si videro tratti i corollari del totale passaggio alla controrivoluzione. In poco numero, ma con un bagaglio possente di continuità storica e dottrinale, proclamammo, fuori dal clamore che circondava in una falsa ebbrezza di folle i seguaci di quello che allora si chiamò da tutti i lati lo stalinismo, che avevamo da molti anni di fronte non più uno smarrito dissidente da se stesso di ieri e da noi marxisti di sempre, ma un aperto giurato nemico mortale della classe operaia e del suo storico cammino al comunismo. E nello stesso tempo si levava palese la prova della natura capitalistica della società economica, in Russia instaurata, e l’infamia centrale di vantarla nel mondo come società socialista; nel che, di tanti e così clamorosi tradimenti ravvisiamo il vertice supremo, il capolavoro di controrivoluzionaria infamia.

 

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Nel «Dialogato con Stalin» ci eravamo proposti di tracciare i «tempi» futuri di questo dibattito storico - che chiamiamo tale, per quanto ad una delle parti in contesa manchino del tutto illustri credenziali - e prevedemmo la futura confessione (1) in cui due legami saranno dichiarati rotti: tra la struttura produttiva russa ed il socialismo; tra la politica dello Stato russo e quella della lotta di classe dei lavoratori di tutti gli Stati contro la forma capitalista mondiale.

Dopo tre anni, il XX congresso del Partito Comunista della Unione Sovietica, se non ci ha dato il termine di questa storica tappa futura, ha tuttavia rappresentato un balzo enorme, e forse più vicino di quanto attendevamo. Poiché tuttavia le scandalose ammissioni, che fanno chiasso mondiale per il distacco dal morto Stalin, sono ancora incastonate nella pretesa di parlare la lingua di Marx e di Lenin, il Dialogo col contraddittore-fantasma deve proseguire: la totale Confessione, che verrà un giorno, non sappiamo se in un altro solo triennio, dal Kremlino, lo ridurrà al loro monologo. Vanamente avevano tanto sperato essi con le Confessioni che strappavano torturando i rivoluzionari. I Confessori confesseranno.

La posizione che oggi prendiamo, dinanzi allo strazio esagerato fino all’oscenità dell’idolo di tre anni addietro, e che è tutt’altro che di plauso agli iconoclasti, è coerente a quanto allora stabilimmo, ben prevedendo che sul corso della terrificante inabissata si sarebbe levato il grido ghignante del mondo borghese contro le grandiose concezioni della nostra dottrina rivoluzionaria. Scrivemmo quanto segue:

«I metodi di repressione, di stritolamento, che lo stalinismo applica a chi da ogni parte gli resiste, trovando ampia spiegazione in tutta la critica ora ricordata del suo sviluppo, non devono dare appiglio alcuno ad ogni tipo di condanna, che menomamente arieggi il pentimento rispetto alle nostre classiche tesi sulla Violenza, la Dittatura ed il Terrore, come armi storiche di proclamato impiego: pentimento che lontanamente sia il primo passo verso l’ipocrita propaganda delle correnti del ‘mondo libero’ e la loro mentita rivendicazione di tolleranza e di sacro rispetto alla persona umana. I marxisti, non potendo oggi essere protagonisti della storia, nulla di meglio possono augurare che la catastrofe politica, sociale e bellica della signoria americana sul mondo capitalistico (2). Nulla quindi abbiamo a che fare colla richiesta di metodi più liberali o democratici, ostentata da gruppi politici ultra-equivoci, e proclamati da Stati che nella realtà ebbero le più feroci origini, come quello di Tito».

Già da queste chiare parole, come da tutta la nostra costruzione, tanto più compatta e non confondibile con altra, quanto meno recitata davanti a camere fono-televisive da figure da farsa, risultò allora quale accoglienza dovevano da parte nostra avere le pietose contorsioni del XX congresso, e la commedia della abiura da Stalin, mostrata come un ritorno ai classici della nostra grande Scuola; mentre è una tappa della marcia all’indietro verso le superstizioni più fallaci dell’ideologia borghese, una vile genuflessione alle super potenze del contemporaneo lupanare capitalistico.

 

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Abbiamo premesso in copertina la breve epigrafe che, insieme a questo scorcio della nostra origine storica, salva il nostro piccolo gruppo da indesiderate deplorevoli confusioni (3).

Aggiungiamo un’altra discriminante. È certo che ogni passo della inabissata, di cui sopra, degli uomini del Kremlino nelle sabbie mobili della controrivoluzione borghese, avvicina il duro, aspro traguardo della ricostituzione del partito rivoluzionario, cui tutto dedichiamo delle nostre possibilità, meno che una bolsa impazienza.

Quando l’ora sarà dalla storia segnata, la formazione dell’organo di classe non avverrà in una risibile costituente di gruppetti e di cenacoli che si dissero e dicono antistalinisti o che oggi si dicano bene o male «anti-ventesimo congresso».

Il Partito, ucciso goccia a goccia da trent’anni di avversa bufera, non si ricompone come i cocktails della drogatura borghese. Un tale risultato, un tale supremo evento, non può che essere posto alla fine di un’ininterrotta unica linea, non segnata dal pensiero di un uomo o di una schiera di uomini, presenti «sulla piazza», ma dalla storia coerente di una serie di generazioni.

Soprattutto non deve sorgere da nostalgiche illusioni di successo, non fondato sulla incrollabile dottrinale certezza del corso rivoluzionario, che da secoli possediamo, ma sul basso soggettivo sfruttamento dell’annaspare, del vacillare altrui; che è misera, stupida, illusoria strada per un risultato storico ed immenso.

 


 

(1) Riprendiamo, a proposito delle "confessione", la nota (6) dal Dialogato con Stalin [Reprint il comunista n.15]: La "confessione" in realtà non c'è mai stata, anche se, a volte, alcuni economisti sovietici, come in particolare Libermann, somo sembrati sul punto di farla. L'essenziale, comunque, è che i fatti dell'evoluzione interna dell'URSS, della sua struttura economica e sociale, hanno costretto e costringono sempre più i dirigenti sovietici a identificare il "socialismo" col capitalismo, al quale delr esto offrono internazionalmente un patto di coesistenza e di collaborazione "reciprocamente vantaggiosa".

D'altra parte, dal punto di vista formale, il fatto di mantenere viva la falsa tesi del socialismo "costruito" in Russia - e nei paesi cosiddetti "socialisti" - ha permesso alla propaganda opportunista di continuare ad influenzare pesantemente le masse proletarie del mondo e alla propaganda borghese di contrapporre al "totalitarismo" dovietico la "democrazia" occidentale.

Con il crollo dell'URSS nel 1991, i media di tutto il mondo hanno utilizzato quella stessa falsa tesi per decretare la "morte del comunismo", mentre quel che era crollato era un polo imperialistico di prima grandezza che, contrandosi con il polo imperialistico occidentale, incentrato sulla potenza economica e finanziaria degli Stati Uniti, si è schiantato, perdendo non in seguito ad una guerra guerreggiata, ma ad una serie di guerre di concorrenza economica e politica, gran parte dei suoi satelliti europei e asiatici e della sua influenza.

(2) Alla riunione di partito tenuta a Napoli nel settembre 1951, che per tema principale aveva la lotta contro l'indifferentismo,, Amadeo Bordiga terminava così il suo rapporto: "Già per la prima guerra imperialista la vittoria del settore capitalista più forte - l'Inghilterra che da 200 anni non conosce disfatte e mai ha conosciuto invasioni - doveva determinare le condizioni meno favorevoli all'irrompere dell'attacco rivoluzionario del proletariato internazionale.

Un corso sicuramente meno sfavorevole avrebbe potuto originarsi dalla disfatta militare di detto settore. Lo stesso dicasi per la seconda guerra imperialistia conclusasi con la vittoria dell'asse Londra-New York. E per la terza? Non si esita ad affermare che la vittoria degli USA rappresenterebbe la più sinistra delle eventualità.

E' vero che siamo sprovvisti di forze di classe per intervenire in questi formidabili avvenimenti, è anche vero che dobbiamo mantenerci autonomi dall'uno e dall'altro potere, ugualmente antirivoluzionari, e combattere a fondo i due "crociatismi". Ma è infine vero che non possiamo discostarci dalla unica valutazione che si innesta alla dottrina marxista: che la caduta del centro del capitalismo comporta la caduta di tutto il sistema, mengre la caduta del settore più debole può mantenere in vita il sistema borgehse mondioale, dato il metodo moderno di annientamento militare e statale del vinto e della sua riduzione a colonialismo passivo. Ed è precisamente su questa linea politica che si può impedire che il capitalismo assorba le reazioni che si manifestano alla politica dello stalinismo nel seno del proletariato, e che queste energie possano essere inquadrate nel nuovo organismo che si fonderà sui principi del marxismo rivoluzionario, ridivenendo forza attiva della storia" (Dal Bollettino Interno del Partito Comunista Internazionalista, n. 1, 10 settembre 1951).

(3) L'epigrafe qui richiamate è il Distingue il nostro partito, che all'epoca dichiarava:

La linea da Marx, a Lenin, a Livorno 1921, alla lotta della sinistra contro la degenerazione di Mosca, al rifiuto dei blocchi partigiani; la dura opera del restauro della dottrina e dell'organo rivoluzionario, a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

In seguito, sia per lo sviluppo del partito in altri paesi, sia per l'avvicinarsi al partito di più giovani generazioni ai quali non erano immediatamente chiari i riferimenti "Livorno 1921" e "degenerazione di Mosca", e per distinguerci più nettamente da altri gruppi dell'estrema "sinistra" e da altri gruppi formatisi dalle scissioni avvenute nel partito tra il 1965 e il 1974, il testo subì una serie di ulteriori precisazioni  a partire da "il programma comunista" n. 16, 28 agosto 1975:

La linea da Marx a Lenin, al programma di Livorno 1921, alla fondazio ne dell'Internazionale Comunista e alla sua difesa contro la degenerazione, alla lotta contro la teoria del socialismo in un paese solo e la controrivlluzione stalinista, al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell'organo rivoluzionario, a contatto con la classe operaia fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Dal n 1 del 1976, "il programma comunista" esce con un testo più esplicito quanto alla fondazione del PC d'Italia (Livorno 1921) e alla sinistra comunista:

La linea da Marx a Lenin, alla fondazione dell'Internazionale Comunista e del Partito Comunista d'Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell'Internazionale e contro la teoria del socialismo in un paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari  e dei blocchi partigiani e nazionale; la dura opera del restauro della dottrina e dell'organo rivoluzionario, a contatto con la classe operaia, fuori del politicantismo personale ed elettoralesco.

Questo testo sarà riprodotto in ogni numero del "programma comunista" fino al n. 11 del 31 gennaio 1984, quando in seguito alla crisi esplosiva del partito scoppiata nell'ottobre 1982,  le ultime possibilità di una lotta politica interna che avesse un senso si esaurirono. Il gruppo di compagni organizzatisi intorno a "le prolétaire" e "il comunista", continueranno un'attività omogena e organica sulla base di un vitale bilancio delle crisi del partito, ricostituendosi come "partito comunista internazionale" in piena continuità teorico-programmatica, politico-tattica col "partito di ieri", identificandosi contro tutte le diverse tendenze che si scontrarono nel partito e fuori del partito attraverso un "Distingue il nostro partito" più corposo, come si legge in ogni nostra pubblicazione, e nella seconda di copertina di questo stesso Reprint.

 

 

Partito Comunista Internazionale

Il comunista - le prolétaire - el proletario - proletarian - programme communiste - el programa comunista - Communist Program

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